Vicenza: trappola ed opportunità

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Il 17 febbraio non solo il movimento pacifista ma molte persone, comunità, genti di destra e di sinistra, anti TAV e casalinghe si sono date appuntamento nella palladiana città d'oro per esprimere il proprio dissenso contro il governo nazionale e locale per l'ampliamento e lo sviluppo aeroportuale della base militare USAF Dal Molin.

Molte organizzazioni italiane si stringeranno attorno agli abitanti di Vicenza per protestare nei confronti di politiche che stravolgono i territori dal punto di vista paesaggistico e li mettono in serio pericolo. Politiche decise a prescindere dalle comunità che abitano questi e contigui territori. Come il nostro Trentino che riserba un brutto ricordo dell'arroganza americana del Cermis in cui perdettero la vita venti persone ed ove i responsabili vennero processati negli Stati Uniti con pene simboliche.

Il 17 la protesta non riguarderà solo la base militare ma, speriamo, anche la politica unilaterale degli Stati Uniti che possiedono nel pianeta una fitta rete di installazioni militari che godono quasi ovunque di extraterritorialità. Una politica che si sta allontanando sia dalla NATO che dalla carta dell'ONU.

Sin qui, dunque, ad una prima lettura superficiale è tutto chiaro. I nemici sono gli USA ed il governo Prodi. Gli amici le comunità locali e l'ONU. In verità, a ben vedere, il quadro non è semplice ma ambivalente. A leggere le dichiarazioni del leader e fondatore dei Beati i Costruttori di Pace, don Albino Bizzotto, riportate dal loro sito internet, c'è di che approfondire. Egli afferma: "..i padroni della politica si ergono a padroni della storia e prendono decisioni che non tengono minimamente conto della volontà della gente, delle comunità locali".

In verità le comunità locali si sono espresse. Eccome. Nelle amministrative la "Sacrestia d'Italia" ha votato per il centro-destra che ha dato il via libera all'ampliamento della base militare su input del governo Berlusconi. A loro avviso, un'opportunità economica per il territorio: discoteche, nights e alberghi. Cosa pensavano? Biblioteche, teatri ed asili? Forse, a parere del sindaco di Vicenza, vi sarà qualche inconveniente di traffico in tarda serata quando migliaia di auto si riverseranno sulle attuali arterie. Ma, non preoccupatevi; verranno ampliate. Per cui non rischierei di certo il referendum nel profondo nord-est ove ci si muove in auto anche per acquistare il giornale.

Ora Prodi non ha scelta! È al pacta sunt servanda. O lo rispetta o rischia di andarsene a casa. È la talvolta riprovevole trappola della democrazia o, meglio, per dirla con Sergio Romano, è la prova d'amore alla quale il governo alleato ti sottopone saltuariamente. Più o meno come il recente accordo USA - Italia da un miliardo di dollari per la realizzazione di caccia F35 ipotecando futuro e risorse dal 2007 al 2046.

Il Presidente del Consiglio, scivolato sull'infelice battuta: "- non sono io il sindaco di Vicenza", sta forse tentando l'estrema mediazione al pari della Maddalena in Sardegna ove, su input del presidente Renato Soru (centro-sinistra), verrà chiusa la base americana. Cercherà di rilanciare l'improrogabile Conferenza sulle "servitù militari" in quanto la guerra fredda appartiene al novecento ed il territorio a chi lo abita. Al pari dell'immigrazione clandestina forse solleverà il problema a livello europeo perché maggiore sarà l'ingerenza americana in ambito UE e minore saranno le probabilità di un nuovo decollo politico del sistema delle Nazioni Unite. L'avete mai visto un soldato USA con il casco blu? No. Esatto!

Dobbiamo quindi essere consapevoli, compresi i no o i new global, che a casa non andrà solo il primo Ministro contro il quale sta montando la campagna su Vicenza in stile anti Vietnam. Ci andrà anche il timido tentativo di una politica estera fatta di conferenze di pace anziché fronti di guerra, dialoghi aperti e trattative anziché fronti contrapposti, ritiro anziché invio di soldati, unanimità per il posto al Consiglio di Sicurezza, moratoria per la pena di morte, adesione a convenzioni internazionali ed altro. Abbiamo una responsabilità transnazionale, ora!

Siamo certi che è proprio quello che vogliono i libanesi, chi abita e non governa l'Iran contro il quale sta puntando la megamacchina, i nostri partner europei e la stessa maggioranza degli americani in disaccordo con la politica di Bush figlio, in palese scontro generazionale con Bush padre ed il piano Baker e che si rifiuta testardamente anche di aderire alla Convenzione contro l'abolizione dei bambini soldato?

Tra le due politiche estere dimostrate in questi anni; l'una dogmatica, talvolta fanatica, impervia al dubbio e chiusa al dialogo in quanto fondata sull'indiscussa certezza di partnernariato con gli USA e l'altra ambigua, critica, dialogante, ambivalente, conflittuale all'interno e all'esterno, non escludente l'errore preferisco la seconda. Di certezze il novecento ne ha conosciute sin troppe.

La vera rivoluzione culturale potrebbe passare per Vicenza per tentare di andare oltre. Vuole cooperare con tutte le posizioni più avanzate della società civile transnazionale che abbiamo conosciuto nei due Forum internazionali: Nairobi e Davos. Per non cadere anche noi nella trappola della contrapposizione amico - nemico del '900; brodo culturale sul quale si sprecano ingenti risorse per armamenti da parte occidentale. Prima l'URSS poi l'Islam. L'importante è non frenare la saga degli affari militari. La contrapposizione o la si ha o la si inventa.

Urge ridisegnare assieme nuove relazioni internazionali immaginando un futuro che si liberi sia delle basi USA che degli "yankee go home"; sia della violenza dei bombardieri che di quella dei black bloc o delle rinate Brigate Rosse che si alimentano dello stesso odio e della stessa ideologia. Un processo che ristorni progressivamente le risorse dalle armi alla cooperazione tra i popoli rafforzando a tal proposito le Istituzioni transnazionali di mediazione: da Bruxelles a New York con l'applicazione appieno delle Magne Carte. Una politica nonviolenta che si avvalga di un linguaggio costruttivo e che sappia cooperare con coloro che sembrano essere più lontani dalle nostre posizioni; siano essi Stati Uniti od Iran. Una polis che faccia carta straccia degli elenchi di stati canaglia, assi del male, territori sotto embargo, civiltà nemiche, liste nere. Insomma, un'amministrazione alla La Pira. Che inviti, medi, stia in mezzo, non precluda.

Prendiamoci la nostra parte di responsabilità. Prima e dopo il 17 febbraio. Gino Pagliarani ci ricorda che è più difficile abitare la contraddizione e la complessità della pace che fare la guerra. Compresa quella nostra personale di pacifisti più inclini alla protesta che alla proposta. Sarò il 17 a Vicenza. Nonviolentemente.

Fabio Pipinato
(Direttore di Unimondo)

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