Verso la nuova Pac: come rendere il sistema di produzione alimentare europeo più sostenibile

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Foto: Unsplash.com

Nel momento in cui l’Ue sta affrontando la riforma della Pac e a pochi mesi dalla pubblicazione della sua strategia “Farm to Fork” per un sistema alimentare sano e sostenibile, dobbiamo chiedere con forza che le politiche alimentari siano anche socialmente sostenibili.

La Commissione ha infatti manifestato le sue ambizioni ambientali, ma sono pochissime le misure annunciate per proteggere i lavoratori agricoli, spesso privi di documenti, che lavorano e vivono in condizioni terribili e da cui dipende fortemente la nostra produzione alimentare. Studi recenti dimostrano che i fattori che portano allo sfruttamento dei lavoratori agricoli sono complessi e differenti nei Paesi Ue, per questo abbiamo iniziato un dibattito che speriamo possa aiutare società civile e istituzioni a intervenire.

Slow Food, in collaborazione con l’Open Society European Policy Institute (Osepi), Oxfam Italia e il Migration Policy Centre dell’Istituto Universitario Europeo, ha avviato una discussione sulle opzioni politiche a disposizione dell’Ue per mettere mano e risolvere questo problema profondamente radicato nella nostra società. Ne abbiamo discusso in una conferenza on line l’otto settembre 2020. Ne riportiamo qui una sintesi.

Pac: da motore di sfruttamento della manodopera agricola, a importante strumento per il suo superamento

Nel suo intervento, Olivier de Schutter (Relatore speciale Onu sulla povertà estrema e i diritti umani) ha messo in evidenza la stretta connessione tra gli abusi subiti dai lavoratori agricoli e il modello di produzione che incoraggiamo da 60 anni. «Il budget della Pac ammonta a 68 miliardi di euro: una somma di denaro decisamente significativa. Ma non per questo dovrebbe essere utilizzata per distribuire sussidi a datori di lavoro che non rispettano i diritti della manodopera agricola. Eppure, i sussidi vanno alle aziende più grandi, che per definizione hanno maggiormente bisogno di reclutare lavoratori stagionali, spesso a costi molto bassi».

Che l’attuale Pac non sia pensata per sostenere e valorizzare l’agricoltura di piccola scala, né tantomeno chi con il suo lavoro valorizza la biodiversità e si preoccupa di preservare acqua e suolo, è ben chiaro agli agricoltori che hanno contribuito a questo dibattito on line con numerose testimonianze. Allo stesso tempo, non pochi tra loro vedono nella sua riforma una leva per il cambiamento. Infatti, le nuove misure di “condizionalità” della Pac prevedono che lo stanziamento del budget venga subordinato, ad esempio, al rispetto di alcuni standard ambientali ben precisi. Un sistema che andrebbe esteso a supportare chiare misure di tutela e rispetto dei diritti dei lavoratori, come richiesto con forza dalla deputata Maria Noichl appartenente al Gruppo dell’Alleanza Progressista dei Socialisti e dei Democratici al Parlamento Europeo).

Individuate le responsabilità

La conferenza ha affrontato la questione ricorrente di chi ha la responsabilità di agire. Giorgia Ceccarelli di Oxfam Italia, co-ricercatrice del rapporto Do we need an Eu Ethical Food Label? (L’Ue ha bisogno di una certificazione alimentare etica comune?) ha messo in evidenza come, se da un lato le etichette e le certificazioni alimentari possono contribuire a migliorare la tracciabilità delle filiere e a combattere le pratiche commerciali sleali (Utp), dall’altro non rappresentano certo una panacea per sconfiggere lo sfruttamento: «La responsabilità di salvaguardare le condizioni dei lavoratori agricoli non può basarsi solo su cittadini meglio informati» sottolinea Ceccarelli.

Secondo una ricerca dell’Open Society European Policy Institute (Osepi) una delle cause alla base dello sfruttamento dei lavoratori agricoli nell’Ue è legata alle dinamiche della filiera di approvvigionamento. In sostanza, la pressione che l’industria e la grande distribuzione organizzata esercitano sugli agricoltori porta a una compressione dei salari e dei diritti dei lavoratori. Per questo diverse organizzazioni chiedono all’Ue di imporre alle aziende l’obbligo e la garanzia di rispettare standard ambientali e i diritti dei lavoratori lungo tutta la filiera.

Una difficile applicazione della norma

Una difficoltà significativa in quest’ambito è la grande vulnerabilità e l’insicurezza che i lavoratori agricoli devono affrontare, soprattutto se sono privi di documenti. Una condizione aggravata, come ha ricordato l’eurodeputata Maria Noichl, dalle disuguaglianze di genere. Il fatto è che la natura informale del rapporto di lavoro rende molto difficile l’applicazione della legislazione, anche a causa della insufficienza, se non totale mancanza, di risorse per le necessarie ispezioni. Enrico Somaglia dell’European Federation of Trade Unions in the Food, Agriculture and Tourism (Effat) conclude:

«I lavoratori agricoli hanno dimostrato grande dedizione al loro lavoro durante il picco della crisi della Covid-19; è giunto il momento di garantire loro condizioni di lavoro sicure». Misure che chiediamo tutti a gran voce. E non solo. Da anni Slow Food ha attivato la rete di Slow Migrants per promuovere la collaborazione interculturale e attuare politiche di inserimento e lavoro attraverso il cibo. La Slow Food Youth Network in Italia ha quest’anno avviato la campagna per una #dietacaporalatofree volta a sensibilizzare e informare i consumatori sulle cause e responsabilità dello sfruttamento e caporalato. Con l’etichetta narrante invece lavoriamo insieme ai produttori per restituire ai consumatori una etichetta completa e democratica, che possa fornire tutte le informazioni necessarie a intraprendere una scelta ragionata e consapevole.

Da Slowfood.it

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