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Comunico, dunque esisto.
Nel terzo millennio si potrebbe trasformare così il celebre motto cartesiano.
Oggi più che mai, infatti, per esistere ed essere presi in considerazione, bisogna essere in qualche modo presenti sui mezzi di comunicazione di massa.

È diventato persino di moda farsi riprendere nei momenti più intimi da telecamere, più o meno nascoste, per trasformare così la propria grigia e comune esistenza in dorata aspirazione al successo.

Questo sistema informativo che ci avvolge ormai completamente, dal telefono celluare alla televisione satellitare, da Internet al quotidiano gratuito distribuito sui mezzi pubblici, ci vede allo stesso tempo potenziali protagonisti e illustri assenti.
Ma c'è qualcuno, nel mondo, che è, paradossalmente, ancora più assente di noi. Si tratta di milioni di persone, nel Sud del mondo, che non hanno diritto ad alcuna rappresentazione.
O meglio, ne hanno diritto, e non sempre, solo per mostrare il loro lato peggiore.
I media occidentali parlano di loro, infatti, solo in occasione di carestie, guerre, tragedie, catastrofi naturali.

L'Asia, ad esempio, rappresenta più della metà della popolazione mondiale, eppure quanto conosciamo noi della vita in questo continente?
Poco o niente, pur tuttavia ci riteniamo autorizzati a pretendere di sapere ciò che il Sud è realmente.
Il dato principale di questi anni è che l'informazione è cresciuta quantitativamente, basandosi però sempre più su modelli autoreferenziali.

Quando guardiamo al Sud, vogliamo in realtà solo specchiarci nei nostri valori di riferimento.
Inoltre, l'ignoranza e la mancanza di approfondimento e d'indagine da parte dei nostri comunicatori fa in modo che si costruisca un'immagine alterata, falsata, del resto del mondo.

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