Unione europea e Marocco: la pesca sostenibile, ma nel mare dei Saharawi

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Presentando nelle scorse settimane il programma della presidenza di turno lituana dell’Unione europea per la pesca e l’agricoltura, il ministro Virgilijus Jukna ha sottolineato l’impegno europeo “per lo sviluppo innovativo e sostenibile dei settori dell’agricoltura e della pesca”. In linea con queste importanti premesse, il 24 luglio la Commissaria europea per gli Affari marittimi, Maria Damanaki, ha così firmato un protocollo quadriennale per la pesca con il ministro marocchino Aziz Akhannouch. Il protocollo, che rinnova e implementa gli accordi che dal 2007 legano Ue e Marocco in materia di pesca, “è in linea con la riforma della politica comune della pesca dell’Unione in quanto pone l’accento su consulenza scientifica, redditività economica, rispetto del diritto internazionale e sostenibilità, che viene garantita limitando l’attività di pesca alle risorse eccedentarie in tutti i tipi di pesca, al fine di non danneggiare gli stock ittici a disposizione” ha dichiarato la Damanaki. Per la commissaria europea, che forse della storia (anche recente) del popolo saharaui non conosce i dettagli, “il protocollo è un momento importante per le attività di pesca dell’Ue e del Marocco che garantirà un futuro al settore a livello locale e risulterà vantaggioso per tutti, proprio grazie ad una governance responsabile della pesca a livello internazionale”.

In base all’accordo e al relativo protocollo, i pescherecci di 11 Stati membri dell’Ue potranno così rinnovare e ottenere nuovi permessi di pesca in un tratto di mare, quello al largo dell’Sahara Occidentale illegalmente occupato dal Marocco dal 1975, e considerato tra i più pescosi al mondo. Si tratta quindi di una “sostenibilità nel mare altrui” che non convince affatto Mohamed Sidati, il ministro delegato presso l’Unione europea del governo in esilio della Repubblica Araba Saharaui Democratica. L’esponente del Frente popular de liberación de Saguía el Hamra y Rio de Oro (Polisario) che rappresenta il popolo Saharaui, ha condannato il nuovo protocollo sostenendo che “Con una procedura offensiva e segreta, che ha escluso sia gli Stati membri dell’Ue che il Fronte Polisario, la Commissione europea tenta così di spingere l’Ue verso l’ennesimo accordo illecito ed illegale con il Marocco, che riprenderà la pratica inaccettabile delle autorità marocchine che approfittano delle acque del Sahara occidentale, occupato illegalmente, per pescarci”. Sidati ha ricordato che “Nel dicembre 2011 il Parlamento europeo aveva già votato per revocare il protocollo provvisorio e ritirare le navi da pesca dell’Ue, dopo la constatazione che il protocollo non era conforme al diritto internazionale per quel che riguarda il Sahara occidentale. Ora noi ci aspettiamo che gli Stati membri dell’Ue ed il Parlamento europeo agiscano nuovamente al fine di rispettare il diritto internazionale, rigettando al più presto questo nuovo protocollo”. “Il piccolo paragrafo sui diritti umani contenuto nel nuovo accordo - ha concluso Sidati - non aiuterà a migliorare la situazione del popolo saharaui, che continua ad essere oppresso quotidianamente dalle forze di occupazione marocchine”

Anche per questo la campagna Fish Elsewhere ha rilanciato un appello internazionale per fermare la pesca dell’Unione Europea nel Sahara Occidentale occupato. “Nonostante nessun Paese al mondo abbia mai riconosciuto la sovranità del Marocco sul Sahara occidentale - ha spiegato la Campagna - l’Unione europea ha appena perfezionato un accordo di pesca con il Marocco, pretendendo, ancora una volta, di pescare nelle acque territoriali del Sahara occidentale occupato violando la legalità internazionale. L’Unione Europea sta pensando così di pagare al Governo marocchino, con i soldi dei contribuenti europei, milioni di euro all’anno per permettere ai battelli europei di pescare nelle acque del Sahara occidentale”. Si parla di cifre che, sugli accampamenti di tende algerine dei saharaui dove si vive di solidarietà internazionale e di nostalgia per la patria occupata, non avranno alcuna ricaduta. “La dotazione finanziaria complessiva per il Marocco è stimata in 40 milioni di euro - ha spiegato in una nota Bruxelles - Più precisamente, il costo totale del nuovo protocollo per l’Ue ammonterà a 30 milioni di euro all’anno, di cui 16 milioni come compensazione al Marocco per l’accesso alla risorsa. Gli altri 14 milioni di euro serviranno a sostenere il settore della pesca nel Paese, mentre il contributo degli armatori è stimato a 10 milioni di euro”.

Eppure in base al diritto internazionale lo sfruttamento delle risorse naturali del Sahara occidentale può avvenire solo in accordo e nell’interesse dei sahraui e in questo contesto la firma di accordi di sfruttamento delle risorse naturali del Sahara occidentale con il Marocco rischia di compromettere gli sforzi di pace dell’Onu, visto che il rappresentante speciale delle Nazioni Unite per il Sahara occidentale ha specificatamente inserito il tema dello sfruttamento delle risorse naturali nei negoziati tra Marocco e Fronte Polisario, finalizzati a trovare una soluzione pacifica del conflitto. Fish Elsewhere chiede adesso con questa raccolta di firme alla Commissione Europea di sospendere immediatamente le operazioni legate all’accordo di pesca dell’Unione Europea con il Marocco, che include le acque del Sahara occidentale e di agire nel rispetto della legalità internazionale appoggiando gli sforzi dell’Onu per trovare una soluzione giusta al conflitto. Il popolo sahrawi ha diritto di essere ascoltato”.

Ma l’accorata denuncia delle associazioni della società civile legate alla causa saharaui deve fare i conti con gli enormi interessi economici mobilitati dal protocollo. Come ricorda la stessa Commissione europea, numerosi Stati membri, a cominciare dall’ex potenza coloniale, la Spagna, e proseguendo con Italia, Portogallo, Francia, Germania, Lituania, Lettonia, Olanda, Irlanda, Polonia e Gran Bretagna (tutti Stati che a parole appoggiano le richieste della Repubblica saharaui) “Sono interessati all’accordo di partenariato nel settore della pesca con il Marocco, che comprende 6 categorie di pesca gestite da segmenti di flotta industriali e artigianali”. Così mentre l’intransigenza del Marocco da anni continua ad osteggiare il processo di decolonizzazione del Sahara occidentale, sconfessando più di cento risoluzioni dell’Onu, che ribadiscono il diritto del popolo sahrawi all’autodeterminazione, nel mare di questo Paese gli occupanti marocchini e europei si dividono le risorse ittiche. Un'alleanza tra vecchi e nuovi colonialisti, nella quale trova posto la “sostenibilità ambientale”, ma non i diritti del popolo Saharaui.

Alessandro Graziadei

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