Unione Africana: verso l’integrazione

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È stato prolungato di un giorno il 12° vertice dell’Unione africana, nella capitale etiopica Addis Abeba: la chiusura dell’incontro è stata posticipata perché i capi di stato africani non riuscivano a trovare un accordo sulla riforma degli organi dell’Unione, primo passo per rendere l’unione una confederazione di stati, gli "Stati Uniti d'Africa", con una comune politica estera ed economica.

Il primo risultato di questo percorso è la trasformazione della Commissione dell'Unione Africana nell'Autorità dell'Unione: l'organo esecutivo dell'Ua ora dispone di un mandato più ampio per far progredire il processo di unificazione del continente. Almeno a parole: nei prossimi mesi si lavorerà per stendere un primo rapporto sulla riforma e al prossimo vertice dell’Unione Africana, che si terrà in giugno in Madagascar, i presidenti saranno chiamati a prendere decisioni più precise.

Le altre proposte di riforma riguardano l’emendamento della Costituzione dell’Ua, e la creazione di 14 segretariati, al posto degli attuali commissariati, che comporranno l’Autorità dell’Unione e avranno competenza su questioni decisive, dalla lotta alla povertà alla creazione di un mercato comune, fino alla politica estera.

Questo almeno sembra essere il progetto del nuovo presidente di turno dell’Ua, il leader libico Muammar Gheddafi, fresco di nomina, che è da sempre il più fervente sostenitore dell’integrazione continentale. Ma il suo ambizioso progetto ha già incontrato degli ostacoli: se ha ottenuto la presidenza di turno, che pur toccava per rotazione ad un paese del nord Africa, grazie all’appoggio di molti capi di stato riconoscenti per gli aiuti economici libici, sono comunque tanti i presidenti che non condividono il sogno degli Stati Uniti d’Africa.

La spaccatura è evidente: da un lato Libia e paesi dell’Africa occidentale e centrale (ad eccezione della Nigeria) che premono per una rapida nascita della confederazione, dall’altra Nigeria, Sudafrica, Etiopia, Kenya e Uganda, che chiedono invece un'integrazione graduale, sottolineando che la priorità va ad altri i problemi del continente.

Secondo alcuni analisti le diverse posizioni non riflettono solo diversi livelli di sviluppo dei paesi: rinforzare l’autorità continentale rappresenta infatti un limite per molti capi di stato abituati ad una gestione autoritaria della politica interna: gli appelli dell’Unione al ripristino della democrazia dopo i recenti colpi di stato in Guinea e Mauritania rischiano di diventare vere e proprie direttive. Nonostante le difficoltà e le contraddizioni, questa è comunque la linea che i paesi africani hanno scelto di darsi: il vertice era infatti dedicato proprio allo sviluppo delle infrastrutture in Africa, e nel documento conclusivo l’esigenza di nuovi strumenti per l’integrazione continentale emerge come prioritaria.

Conflitti e crisi economica

 

La nomina di Gheddafi e la nascita dell’Autorità dell’Unione non sono stati gli unici obiettivi del vertice: la crisi economica ed i conflitti ancora aperti sono stati altri due temi chiave discussi ad Addis Abeba. Concordi nella preoccupazione, i capi di stato africani hanno deciso di promuovere un comitato composto da ministri, banchieri e rappresentanti di cinque macro-regioni, con l’obiettivo di contenere gli effetti e le conseguenze della crisi sulle economie dei paesi africani.

In linea con la volontà di implementare le infrastrutture continentali, i presidenti hanno sottolineato l’importanza dell’istituzione di una Banca africana per gli investimenti, anche per potersi presentare con voce più autorevole al prossimo vertice G20, di cui fanno parte le 8 potenze economiche mondiali e quelle emergenti (tra le quali anche il Sudafrica, unico rappresentante africano).

Consapevoli che l’integrazione continentale non passa solo attraverso le scelte e le aperture politiche, il documento conclusivo del vertice sottolinea come sia necessario implementare la rete di comunicazioni a livello continentale: reti stradali e telecomunicazioni soprattutto.

Di fronte alla comunità internazionale le scelte dell’Unione africana continuano ad essere protettive: i presidenti fanno quadrato attorno al presidente sudanese Omar Hassan El Bashir, accusato dal procuratore della corte penale internazionale dell’Aja di genocidio in Darfur, e continuano a difendere anche Robert Mugabe, presidente- dittatore dello Zimbabwe, chiedendo la revoca delle sanzioni imposte da Ue e Usa.

Fonte: Nigrizia

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