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Ucraina, un copione già visto
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Foto: Nato.int
Notizia per chi si è perso qualche puntata sull’Ucraina dal 2013: la guerra c’è già. Notizia numero due: l’integrità territoriale dell’Ucraina è stata già violata. Due volte, in Crimea e in Donbass. Dobbiamo ricordarlo perché la minaccia che incombe in queste ore ai confini con la Russia e la Bielorussia – 140mila uomini, in aumento, artiglieria, rifornimenti, la flotta del Mar Nero che lascia le basi – è attuale e concreta. Per gli ucraini però non si tratta del rischio di una guerra, ma di un’altra guerra nel loro Paese. Una differenza non da poco nel modo in cui raccontiamo e la percepiamo fuori dall’Ucraina quello che sta succedendo. Perché se gli ucraini questo lo sanno bene, le diplomazie occidentali – e parte dei media – sembrano averlo dimenticato. Chi oggi si adopera, o dice di farlo, per scongiurare l’invasione; chi si schiera in difesa dell’integrità territoriale; chi minaccia la Russia di pesanti conseguenze in caso di azioni militari sul suolo ucraino sta mettendo in scena una commedia già vista, otto anni fa. Quali furono le conseguenze allora? Annessione manu militari della Crimea e guerra in Donbass. Guerra che, nonostante i ripetuti cessate il fuoco, si continua tuttora a combattere.
A Kiev, invece, la memoria è ancora fresca. E la consapevolezza che, in caso di invasione russa dovranno vedersela da soli, ha un nome: “Memorandum di Budapest”. Quando nel 1994, all’indomani del crollo dell’Unione sovietica, in Occidente aleggiava l’incubo che i brandelli di arsenale nucleare finiti nelle mani di nuovi stati e governi potessero diventare fuori controllo, Usa e Regno unito ottennero dall’Ucraina da poco indipendente lo smantellamento delle proprie testate. In cambio, insieme alla Russia, si fecero garanti dell’indipendenza e dell’integrità territoriale del Paese. Merita ripetere: Russia, Stati Uniti e Gran Bretagna si sono fatti insieme garanti dell’integrità territoriale dell’Ucraina. Meno di vent’anni dopo, quegli accordi si sono rivelati carta straccia. Per qualcuno oggi il solo ricordo è fonte d’imbarazzo. A Kiev invece sono un memento, la prova che neanche questa volta la diplomazia salverà l’Ucraina dall’aggressione russa.
Gli ucraini se la dovranno vedere da soli sul terreno, come del resto fanno già da otto anni in Donbass. Oltre le dichiarazioni di solidarietà, il chiacchiericcio scomposto delle diplomazie, le minacce di sanzioni alla Russia, nessuno muoverà un dito. In fondo, lo ha detto anche Putin ai media francesi durante l’ultima visita di Macron a Mosca: “Volete che la Francia vada in guerra contro la Russia?”. Possiamo mettere qualunque Paese, compresa la Nato, al posto della parola “Francia”. Questo però non vuol dire che i Paesi occidentali non possano fare nulla in termini militari. Possono dare agli ucraini i mezzi per difendersi da soli. Ed è quello che in parte stanno facendo, con la fornitura di missili anticarro di ultima generazione Javelin e NLAW. Non si tratta di una corsa agli armamenti per procura, ma di elevare l’effetto di deterrenza che un costo elevato della guerra, anche in termini di vite umane, può avere per Putin...