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Tira lo sciacquone, tanto non serve!
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Foto: Colourblind Kevin da Unsplash.com
Le sostanze alchiliche perfluorate e polifluorate ci sono purtroppo molto familiari. No? E se le chiamassimo PFAS, andrebbe meglio? Siamo convinti di sì. Perché ne sentiamo parlare ormai molto spesso e soprattutto, pur non essendo presenti in natura, le troviamo pressoché ovunque: dagli imballaggi alimentari alle padelle antiaderenti, dal filo interdentale alla carta da forno, dai farmaci ai dispositivi medici e ai cosmetici, ma anche nei vestiti, nei tessili e nell’arredamento, senza contare tutto il mondo industriale della gomma e della plastica, della carta e delle vernici, senza dimenticare – ma di sicuro abbiamo dimenticato qualcosa – i prodotti per l’igiene e la pulizia. Insomma, ne siamo circondati, e questo non ci fa affatto bene. Sono utili sì, perché rendono i prodotti impermeabili a grassi e acqua, ma sono anche le stesse sostante che vengono definite “inquinanti eterni”, estremamente persistenti nell’organismo e nell’ambiente al punto che i tempi lunghissimi necessari alla loro degradazione li fa tendere al “per sempre”.
Uno studio riportato da Environmental Working Group, network di oltre 30 milioni di persone dedite a proteggere la salute dell’ambiente e dell’uomo attraverso azioni di ricerca, educazione e advocacy rivolte alla produzione industriale, aggiunge un altro tassello a questa mappa del campo minato degli inquinanti: la carta igienica. Metri e metri di inquinamento che, giorno dopo giorno, si incanalano negli scarichi dei gabinetti verso gli impianti di depurazione e poi nei fanghi e nel terreno (i prodotti lavorati derivanti dalle fognature vengono rivenduti come additivi in ambito agricolo).
La ricerca, pubblicata sulla rivista Environmental Science and Technology Letters (2023, 10, 3, 234-239) a cura di Jake T. Thompson, Boting Chen, John A. Bowden e Timothy G. Townsend (Università della Florida), ha coinvolto volontari e ricercatori per raccogliere diversi tipi di carta igienica venduta nelle Americhe, in Africa e in Europa e poter così testare campioni di varie tipologie, assieme ad altri campioni di fanghi fognari. Dei 34 tipi di PFAS ricercati, sia nella carta che nei liquami, il composto prevalente (91%) è stato il DiPAP, i cui frammenti sono incredibilmente persistenti e dannosi sia per l’ambiente che per la salute dell’uomo.
Nessuno dovrebbe preoccuparsi di essere esposto a sostanze chimiche tossiche che durano per sempre, meno che mai quando sta usando il bagno. Eppure le PFAS abbondano e sono una consistente fonte di contaminazione, in questo caso perché usate durante il processo di conversione da legno a “polpa” nella produzione della carta. E ad aggiungere elementi preoccupanti è il fatto che, in questo caso, non c’è differenza tra carta igienica “normale” e carta igienica riciclata/ecologica. Entrambe le tipologie contengono fibre contaminate e il fatto che una parte includa elementi di riciclo non influisce sulle concentrazioni di DiPAP rilevate.
Considerati i rischi connessi all’esposizione alle PFAS, desta non poche preoccupazioni il fatto che siano così presenti in un oggetto tanto comune – e tanto utilizzato – nelle nostre case. Si tratta di uno studio che non ha solo a che vedere con la carta igienica: purtroppo evidenzia ancora una volta l’ubiquità di queste sostanze chimiche tossiche nel nostro quotidiano e la necessità urgente di ridurne drasticamente l’impiego dove non essenziale, al fine di proteggere non solo la salute ambientale, ma anche quella pubblica. Perché, ne abbiamo già scritto anche qui, le PFAS sono tra i composti tossici più persistenti e contaminano qualunque cosa, dall’acqua potabile al cibo, dagli imballaggi ai prodotti per la cura della persona. Si trovano nel sangue di ciascuno di noi, inclusi i neonati e inficiano le performance del sistema immunitario, sono associati ad un aumento del rischio del cancro e a malattie epatiche e renali, danneggiano il sistema riproduttivo e dello sviluppo, oltre che contribuire all’aumento del colesterolo e alla probabilità di contrarre altre malattie.
E non è tutto: questo studio suona una decisa sirena di allarme se consideriamo la quantità di carta igienica utilizzata giornalmente nel mondo: il 72% dei materiali solidi nelle acque reflue è carta. Tirare lo sciacquone in questo caso non serve, perché il problema anzi si aggrava e rimane, per sempre.
Anna Molinari

Giornalista freelance e formatrice, laureata in Scienze filosofiche, collabora con diverse realtà sui temi della comunicazione ambientale. Gestisce il progetto indipendente www.ecoselvatica.it per la divulgazione filosofica in natura attraverso laboratori e approfondimenti. È istruttrice CSEN di Forest Bathing. Ha pubblicato i libri Ventodentro (2020) e Come perla in conchiglia (2024). Per la testata si occupa principalmente di tematiche legate a fauna selvatica, aree protette e tutela del territorio e delle comunità locali.