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Sviluppo e pace, il senso di un progetto transfrontaliero
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I territori posti tra Uganda, Repubblica Democratica del Congo, Sud Sudan hanno vissuto, per motivi diversi, gravi conflitti negli ultimi decenni. Negli ultimi tempi però la zona è riuscita a trovare una via di pacificazione, con la possibilità di programmare e costruire il proprio futuro.
L’organizzazione non governativa ACAV era presente da più di 20 anni nel Distretto di Arua quando nel 2005 si è costituito il nuovo distretto di Koboko dove ha sperimentato un progetto integrato, finanziato dal Ministero degli Affari Esteri, con l’obiettivo di realizzare una cooperazione sostenibile, responsabilizzante e produttiva e che coinvolgesse il maggior numero possibile di persone e di comunità.
Si è lavorato nel settore idrico e sanitario, costruendo pozzi e latrine, ma si è investito soprattutto in agricoltura e per la sicurezza alimentare. Il centro agricolo dimostrativo di Jabara ha dato formazione ed assistenza tecnica a migliaia di contadini e sostegno alle piccole cooperative agricole anche attraverso il credito cooperativo. Altri interventi hanno interessato la formazione tecnica e professionale e il supporto alle amministrazioni locali. Si è così adottato il neonato distretto, accompagnandone la crescita con interventi condivisi e coerenti e dopo sei anni di intenso lavoro è riuscita a essere una presenza visibile e apprezzata.
La popolazione che abita nel distretto di Koboko è in maggioranza Kakwa e ha mantenuto lingua e tradizioni comuni con le popolazioni della stessa etnia che abitano nei territori limitrofi, benché separate da confini di stato. Cessati i conflitti armati, gli scambi si sono intensificati ed è cresciuta nelle comunità l’aspirazione ad uscire dall’emergenza e tentare di disegnare un futuro di pace e sviluppo. Koboko per certi aspetti si è posto come modello: in pochi anni è uscito dall’emergenza, con una costante diminuzione della mortalità infantile e delle malattie legate all’acqua non sicura, un miglioramento della produzione agricola destinata al consumo famigliare e ai mercati locali e la nascita di piccole cooperative di contadini.
L’intervento è stato poi allargato anche ai territori oltre il confine ugandese e si è date vita ad un progetto transfrontaliero, che ha reso possibile diversi incontri istituzionali fra le autorità, i funzionari e gli esponenti della società civile delle amministrazioni locali.
Tutte le persone coinvolte in questo percorso si sono impegnate a capire le potenzialità che derivano da forme di cooperazione tra regioni di stati diversi abitate da popolazioni di culture simili e si sono impegnate a cercare il sostegno dei rispettivi governi centrali. Gli obiettivi che sono stati condivisi vanno nella direzione di uno sviluppo pacifico delle relazioni, attraverso il mantenimento delle identità culturali, l’abbassamento progressivo delle barriere di confine tra gli stati, l’ampliamento dell’area di scambio dei prodotti locali, il confronto e l’armonizzazione delle regole dell’economia tra stati confinanti, l’ autonomia amministrativa da governi centrali troppo lontani.
Mentre è in corso questa importante riflessione che per la prima volta vede un confronto tra queste comunità di confine, in attesa che arrivino a compimento accordi e programmi, ACAV ha risposto alle richieste di aiuto più immediato, avviando un programma di cooperazione integrata anche nella Chefferie des Kakwa, RDC e nella contea di Morobo, Sud Sudan. Portare acqua sicura e sostenere i contadini nella produzione del cibo sono i primi obiettivi degli interventi. Una cooperazione allo sviluppo, patrocinata anche dalla Provincia autonoma di Trento, che risponde alle sfide ed ai bisogni dei territori, abita la complessità, fatta dalle storie dei paesi e delle comunità che si intrecciano in un contesto internazionale instabile.
La convinzione che crescite diseguali tra territori vicini, considerati “fratelli”, fortemente interrelati, potrebbero alimentare quei conflitti sociali ed economici che nel recente passato hanno provocato violenze, ha fatto scaturire l’idea di proporre una progettualità innovativa. Essa mira non solo ad alleviare le situazioni di povertà, ma cerca di incidere nelle realtà locali con il coinvolgimento, la mediazione ed il supporto della popolazione, delle autorità amministrative, con progetti simile e con uguale forza operativa nei tre stati confinanti, così da dare loro un’occasione di crescita, conoscenza e soprattutto collaborazione.
Nel contesto africano, dove i nervi scoperti del “tribalismo” e dell’ “etnicità” sono costantemente fonte di problemi e i confini fra gli stati sono spesso artificiosi, c’è grande bisogno di sperimentare forme di autonomia amministrativa in aree transfrontaliere omogenee, che siano fattibili, funzionanti e replicabili.
L’arretratezza di molte comunità, dove ancora si lotta per la sopravvivenza, convive con la velocità dei cambiamenti economici, l’aumento della scolarizzazione, l’entrata nel mondo della comunicazione globale. Accompagnare il cambiamento nel senso della crescita e della partecipazione dovrebbe essere sentito come una responsabilità forte del mondo occidentale, che invece per svariati motivi fa fatica a intraprendere una cooperazione responsabile e adeguata ai nuovi bisogni.
Elisabetta Bozzarelli
Direttrice ACAV