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Summit dei G77: la Cina entra nei rapporti Sud-Sud
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Okoli e Muazu sono due tecnici agrari della provincia cinese di Sichuan. Stanno lavorando nella regione di Kano nel nord della Nigeria ad un progetto di cooperazione Sud-Sud nel quadro del Programma per la sicurezza alimentare della Fao. Migliaia di chilometri separano le due località, ma i problemi che riguardano l'agricoltura delle due comunità sono simili. Okoli e Muazu, insieme ad altri 20 esperti e 500 tecnici, passeranno tre anni in Nigeria dove condivideranno le loro conoscenze con colleghi nigeriani.
Qualcosa si sta muovendo nella cooperazione "Sud-Sud", quella che riguarda direttamente i Paesi del Sud del mondo. Il tema è stato al centro del secondo Summit del "Gruppo dei 77 + Cina" - di cui fanno parte 132 Paesi di Africa, Asia e America Latina - che si è tenuto nelle scorse settimane a Doha in Qatar. Tra le conclusioni del vertice spicca la creazione di un "Fondo Sud-Sud per lo sviluppo e l'assistenza umanitaria". Una proposta avanzata dal Qatar, il piccolo paese del Golfo Persico ricco di petrolio che ha deciso di destinare subito al Fondo i primi 20 milioni di dollari, ai quali si sono aggiunte le donazioni dei governi cinese ed indiano.
Un piccolo passo, utile tra l'altro per ricordare "la necessità che sia messa in atto con urgenza la decisione presa dai Paesi ricchi di destinare lo 0,7% del loro Prodotto interno lordo (Pil) all'aiuto pubblico allo sviluppo" di cui una parte specifica (circa lo 0,20%) si chiede che venga destinata ai Paesi meno avanzati. Il Summit ha inoltre riconosciuto l'importanza della cancellazione del debito multilaterale recentemente decisa dal G8 a beneficio di 18 stati, ma ha ribadito la necessità dell'annullamento - non condizionato - del debito delle nazioni fortemente indebitate.
Non è mancata l'autocritica: i partecipanti hanno infatti ammesso che il "Piano di azione" da loro approvato nel 2000 a L'Avana è stato in gran parte disatteso. "Il nostro livello di cooperazione è stato nettamente inferiore alle aspettative tracciate cinque anni fa" - ha detto Percival James Patterson, primo ministro della Giamaica e presidente di turno dell'Organizzazione. Il desiderio è perciò quello di rimboccarsi le maniche per rafforzare la cooperazione fra i vari Paesi. "La cooperazione Sud-Sud non deve essere considerata un'alternativa a quella Nord-Sud, ma un modo per valorizzare meglio le nostre complementarietà" - ha, però, subito specificato il presidente algerino Abdelaziz Bouteflika. Occorre infatti "trovare le vie più appropriate per affrontare le molteplici sfide che ci si presentano" - ha detto il primo ministro Sghair Ould M'bareck a nome del presidente mauritano Taya. E tra queste "la povertà, l'ignoranza e l'analfabetismo che costituiscono le principali cause d'insicurezza e d'instabilità del mondo". "Non dobbiamo nasconderci la necessità di contare in prima istanza sulle nostre risorse" - ha ribadito infine il re marocchino Mohammed VI.
Un'importanza particolare è riconosciuta alla cooperazione in ambito tecnico scientifico. I dati che emergono dall'ultimo rapporto Undp (il Programma Onu per lo sviluppo umano) confermano il trend di un Nord del mondo pigliatutto dove dominano gli interessi privati: di 1.223 nuove medicine messe sul mercato tra il 1975 e il 1996, solo 13 sono per curare malattie tropicali. Lo stesso vale per internet: tutta l'Africa ha meno accessi della sola città di San Paolo in Brasile. "Il benessere del Nord si costruisce su reti di cooperazione forti e interattive; se si vuole rimediare al profondo squilibrio tra paesi sviluppati e in via di sviluppo, il Sud globale deve fare lo stesso" - dice Yiping Zhou direttore dell'unità per la cooperazione Sud-Sud dell'Undp.
E c'è da scommettere che Pechino avrà un ruolo decisivo anche in questo. "La rapida crescita economica della Cina è un'opportunità per lo sviluppo dell'Africa e del mondo intero, non una minaccia" - ha riconosciuto nei giorni scorsi a Pechino Allelé Elhadji Habibou, Per approfondire la cooperazione economica tra i due blocchi, Aimable Bayingana, delegato del Fronte patriottico ruandese (al potere a Kigali) ha proposto al governo cinese di "sbloccare fondi speciali destinati a incoraggiare le imprese cinesi ad investire in Africa, ma anche di accrescere le esportazioni africane verso la Cina, e di creare un fondo per la promozione delle risorse umane in Africa". Marie-Louise Cècil Potter, del Fronte progressista del popolo delle Seychelles - ha espresso l'auspicio che la Cina esporti in Africa "non solo prodotti, ma anche tecnologia, affinché possiamo gradualmente ridurre la dipendenza dai Paesi occidentali". Insomma la frontiera Sud-Sud è già aperta.
di Roberta Bertoldi
La scheda
Costituito nel 1964 dai Paesi in via di sviluppo, il G77 ha sede nel palazzo dell'Onu a New York e rappresenta il più forte e compatto gruppo alle Nazioni Unite. Nell'Assemblea generale sono 132 le delegazioni dei paesi dei Sud del mondo membri del G77, su un totale di 191 Paesi. La sigla G77 sta per i primi 77 Paesi che hanno inizialmente creato il gruppo. Un particolare orientamento che il G77 sta perseguendo da alcuni anni è mirato a frenare la crescita del già enorme divario socioeconomico e culturale che divide i Paesi poveri del Sud del pianeta da quelli ricchi del Nord industrializzato.
Il concetto di cooperazione Sud-Sud ha fatto il suo primo ingresso durante una conferenza delle Nazioni Unite sulla collaborazione tecnica tra Paesi in via di sviluppo tenutasi a Buenos Aires nel 1976. I Paesi di riferimento per la cooperazione Sud-Sud sono 22: Brasile, Cile, Cina, Colombia, Costa Rica, Cuba, Egitto, Ghana, India, Indonesia, Malta, Malaysia, Mauritius, Messico, Nigeria, Perù, Repubblica di Corea, Senegal, Thailandia, Trindad e Tobago, Tunisia e Turchia. Secondo l'Undp fra il 1997 e il 2003 circa 33.05 milioni di dollari sono stati destinati alla cooperazione Sud-Sud.
I dati Ocse-Dac relativi all'aiuto Pubblico allo sviluppo, collocano l'Italia all'ultimo posto dopo gli Stati Uniti, con uno 0,15% contro lo 0,17% del 2003. L'Italia insieme a Spagna, Austria, Germania e Grecia - non raggiungeranno entro il prossimo l'anno l'obiettivo, fissato dall'Ue, di destinare alla cooperazione internazionale lo 0,39% del Pil. L'Italia, in particolare, ha mantenuto dal 2000 al 2003 una percentuale dello 0,17%. [R.B.]