Sudan: CPI chiede l'arresto per 'genocidio' del presidente al Bashir

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Il procuratore della Corte penale internazionale (Cpi), Luis Moreno Ocampo, ha richiesto alla Camera della Corte il mandato d'arresto per il presidente del Sudan, Omar Hassan al Bashir, per "genocidio", "crimini contro l'umanità" e "crimini di guerra". La richiesta verrà valutata dai giudici del tribunale dell'Aja, che non forniranno una risposta prima di alcune settimane.

Il Darfur è teatro dal 2003 di un sanguinoso conflitto che ha causato 300mila morti e oltre 2,5 milioni di sfollati colpiti dalle milizie arabe Janjaweed sostenute dal governo di Khartoum. "Per cinque anni le forze armate e la milizia Janjaweed, sotto gli ordini di Al Bashir, hanno attaccato e distrutto villaggi. Poi attaccavano i sopravvissuti nel deserto. Quelli che raggiungevano i campi erano soggetti a condizioni messe in atto in modo calcolato allo scopo di distruggerli" - afferma il procuratore della Cpi, Luis Moreno-Ocampo presentando le prove che dimostrano i crimini in cui è conivolto il presidente del Sudan, Omar Hassan Al Bashir che "ha diretto e applicato un piano per distruggere in modo sostanziale i gruppi Fur, Masalit e Zaghawa, sulla base della loro etnia".

Perplessità sono state espresse dal Segretario generale dell'Onu, Ban Ki-Moon, e dal Consiglio per la pace e la sicurezza dell'Unione Africana (UA). In un comunicato il Segretario generale dell'Onu afferma che "la Cpi è un'istituzione indipendente e che le Nazioni Unite devono rispettare l'indipendenza del processo giudiziario", mentre lo stesso Ban Ki-Moon in un'intervista concessa al quotidiano francese "Le Figaro" si è detto preoccupato per l'incriminazione di Al Bashir perché potrebbe "portare a serie conseguenze nelle operazioni di mantenimento di pace nella regione e nel processo politico". "Sono molto preoccupato, ma nessuno può sottrarsi alla giustizia" - ha affermato Ban Ki-Moon. Il Segretario generale si aspetta che il governo sudanese continui a cooperare con le Nazioni Unite in Sudan, rispettando il suo obbligo di garantire la sicurezza di tutto il personale e di tutte le proprietà delle Nazioni Unite - si legge in un comunicato riportato dall'agenzia Asca.

Anche il Consiglio per la pace e la sicurezza dell'UA ha "espresso la forte convinzione che la ricerca della giustizia non dovrebbe essere perseguita in un modo che rischia di mettere in pericolo o annullare gli sforzi in corso per promuovere una pace duratura" - riporta l'agenzia Misna che inoltre smentisce le informazioni diffuse da alcune fonti di stampa internazionale che parlavano di una sospensione a tempo indeterminato delle attività della missione di pace ibrida in Darfur (Unamid) e in Sudan (Unmis). "Per il momento nessuna azione di questo genere è stata annunciata e non è in corso alcuna evacuazione dal paese" - ha detto alla Misna Shirine Zorba, portavoce della missione congiunta Onu-UA in Darfur. "Le operazioni della missione di pace in Sudan rimangono inalterate, e i nostri operatori continueranno a cooperare con tutte le parti presenti sul territorio per garantire stabilità e sicurezza" - ha aggiunto Brian Kelly, contattato dalla Misna a Khartoum.

Il portavoce del governo sudanese ha respinto qualsiasi decisione della Corte penale internazionale (Cpi), che il regime Khartoum non ha mai riconosciuto, e ha seccamente liquidato le agenzie di stampa internazionali che lo hanno contattato per chiedere un commento alle accuse presentate oggi dal procuratore della Corte contro il presidente sudanese Beshir. Il ministro di Stato con delega agli Esteri, Samani al Wasila, ha detto che il mandato di arresto "fa parte dei tentativi di attaccare la sicurezza del Sudan ogni volta che sta per nascere una possibilità di risolvere il problema del Darfur" - riporta l'agenzia Misna.

"La situazione è carica di tensione e apprensione, poichè se da un lato la diplomazia e il mondo delle Ong salutano la decisione come 'una vittoria della giustizia contro l'impunità', dall'altro il Paese potrebbe precipitare in una situazione di violenza generalizzata, con ritorsioni e vendette mirate ai danni degli operatori internazionali, dei funzionari delle Nazioni Unite e dei 9mila peacekeepers di Onu e Unione Africana dispiegati in Darfur" - riporta Luca Galassi su Peacereporter.

Anche l'ex presidente della Cpi per i crimini nella ex Jugoslavia e inviato speciale di Kofi Annan Darfur, Antonio Cassese ha espresso vari rilievi sul valore effettivo del mandato di cattura contro Al-Bashir, "un capo di Stato potente, nel pieno esercizio della sua autorità ed oltretutto protetto dalla Cina". Il mandato - afferma Cassese - "può produrre un importante effetto meta-giudiziario, e cioè delegittimare politicamente, diplomaticamente e psicologicamente il Presidente del Sudan". "Un altro effetto attiene invece alla stessa Corte penale internazionale. Il passo del Procuratore contro il Presidente sudanese potrebbe in qualche misura rilanciare non solo il senso della sua azione penale ma anche l' immagine della Corte" - afferma Cassese.

Intanto la BBC ha documentato che la Cina sta vendendo armi al governo del Sudan, in violazione dell'embargo Onu, e alimentando così il conflitto in Darfur. Lo riporta il programma 'Panorama' che verrà trasmesso oggi 14 luglio nel quale la televisione britannica documenta di aver individuato alcuni autocarri di fabbricazione cinese 'Dong Feng' armati con mitragliatrici antiaeree, impiegati in almeno un attacco nella località di Sirba nella parte occidentale del Darfur. E che i piloti dei caccia cinesi 'Fantan A5' sono addestrati da Pechino per guidare i cacciabombardieri prodotti dalla cinese 'Nachang' utilizzati nei raid aerei che di solito precedono l'assalto dei Janjaweed, pastori arabi nomadi contro i residenti, agricoltori, neri e soprattutto animisti.

Inizialmente si pensava che si trattasse di jet di fabbricazione russa, ma la BBC ha ottenuto le fotografie satellitari di due Fantan A5 nell'aeroporto di Nyala, capoluogo del Darfur meridionale, il 18 giugno 2008. Il 19 febbraio del 2008 questi caccia, ha stabilito la BBC, sono stati usati per colpire la città di Beybey. I Fantan si ritiene siano stati inviati in Sudan nel 2003 prima dell'entrata in vigore dell'embargo Onu. La Cina è il principale partner politico ed economico del Sudan da cui acquista petrolio e materie prime. Già nel maggio del 2007 Amnesty International aveva mostrato le prove delle armi cinesi al Sudan usate per per compiere attacchi indiscriminati nel Darfur. [GB]

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