Sud Sudan, come si prepara una guerra

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Il 15 maggio è stata festa nazionale in Sud Sudan. La gente mi ha spiegato che si trattava del “John Garang Day“, cioè del ricordo dell’inizio della guerra di secessione dal Nord; qualcun altro mi ha detto che no, era la festa dell’indipendenza, ma la festa dell’indipendenza a me risulta essere il 9 luglio… Insomma, l’importante è che quel giorno gli operai hanno chiesto la prima parte dello stipendio, così per un paio di giorni hanno avuto i soldi per comprarsi l’alcol e ubriacarsi, poi si vedrà… Le donne no, l’anticipo lo chiedono meno e, generalmente, solo per pagare la quota a scuola o per vera necessità: insomma ho dovuto dare un anticipo di 5.000 scellini (1,8 euro). A vedere queste cose mi viene da piangere: noi sperperiamo il denaro (anche da disoccupati), qui c’è gente che lavora e fa fatica a sopravvivere.

Lo stipendio medio di un operaio è di circa 8.000 scellini ugandesi al giorno, pari a poco più di 2,30 euro al giorno; quello di una donna, nel laboratorio è di circa 6.000 scellini al giorno, circa 1,75 euro. Nella riunione con gli operai ho dovuto e voluto spiegare che in Europa si lavora di più e in condizioni peggiori, ma dentro di me sapevo che sto incitando alla preparazione di un movimento sindacale, che spero sempre non finisca come il nostro, ad affiancarsi e a sostituirsi troppe volte ai politici fino a mescolare gli interessi proprio e quelli del capitale.

La guerra fa piccoli passi avanti, lentamente, sottobanco, ma non troppo. Dopo il ritorno di Salva Kiir dalla Cina, quest’ultima ha dichiarato di fornire armi al Nord, ma si sa benissimo che sta facendo il doppio gioco del petrolio. Il dittatore democratico dell’Uganda, Yoweri Museveni, ha catturato, con il proprio esercito, in un’area al confine con il Nord, uno dei bracci destri del mercenario Joseph Kony. Ma che ci facciano le truppe ugandesi in territorio sud-sudanese, nessuno o pochi lo sanno… I giornali ugandesi riferiscono invece che l’arresto è avvenuto a Kampala… Intanto pare che Kony lavori anche lui per Omar Bashir, ammesso che sia vivo.

SudSudanTV sabato scorso ha trasmesso il discorso del portavoce dell’esercito: “I soldati sudanesi (del Nord, ndr) hanno occupato 13 cittadine del Sud Sudan, tra cui Raja. Se l’ONU e l’Unione Africana non intervengono, manderemo le nostre truppe…“. Telefono a Raja domenica sera, dopo aver avuto la conferma del comunicato militare anche dai giornali locali, e mi dicono che i soldati del Nord sono oltre il loro confine e lì non ci sono movimenti che diano sospetti, né bombardamenti aerei, come denunciato continuamente dal Sud per forzare l’arrivo degli aerei “omaggio” degli USA.

Staremo a vedere. Certo la propaganda di tutte le parti sembra mostrare la ferma intenzione di procedere per vie militari. Rimango dell’idea che il Sud Sudan abbia molte altre cose da risolvere prima di precipitarsi in un’avventura a fine già scontato (e perso!): domenica mattina alle 8, a Juba, c’erano 3 km di coda davanti all’unico distributore che aveva ancora carburante da vendere; i prezzi stanno salendo alle stelle per ogni genere (e qui quelli voluttuari non esistono); moltissime autocisterne cariche di carburante stanno arrivando dal Congo, che ha pure problemi non da poco, e vanno al nord, verso il confine, per portare il carburante ai carri armati.

Io spero sempre che prevalga la ragione, anche in Occidente.

Paolo Merlo da Vociglobali.it

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