“Strada Trump per la pace e la prosperità internazionale”

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Immagine: Unsplash.com

Si chiamerà “Strada Trump per la pace e la prosperità internazionale”, che se non ci fosse il pericolo di offendere qualcuno, si potrebbe dire che suona quasi da “vecchia Unione Sovietica” o da Cina di Mao. Tant’è: sarà il risultato più tangibile della pace che la scorsa settimana  il presidente dell’Azerbaijan Ilham Aliyev e il primo ministro dell’Armenia Nikol Pashinyan hanno firmato alla Casa Bianca, davanti al presidente degli Stati Uniti Donald Trump. 

Una buona notizia? Certamente sì. L’accordo firmato mette fine ad una guerra - combattuta e latente  - che andava avanti dal 1988, in nome dell’indipendenza o autonomia del Nagorno Karabakh, enclave armena in pieno territorio dell'Azerbaijan.  Lo scontro fra i due Paesi del Caucaso ha generato, ad ora, due guerre sanguinose nel 1988 e nel 2020, infiniti scontri di frontiera, infine, la fuga di almeno 100mila armeni dall'Azerbaijan nel 2023. Insomma, il fatto che finalmente si siano messi d’accordo è una gran bella cosa. 

Per Trump è il miglior risultato raggiunto nelle vesti di “pacificatore mondiale” e la sua autocostruzione di “personaggio storico” di successo continua. Ma in concreto, cosa hanno firmato?  Da quanto è sinora trapelato, Trump ha convinto l’armeno Pashinyan della necessità di creare un corridoio di circa 40 chilometri sul suo territorio, in grado di collegare  l’Azerbaijan alla Repubblica autonoma di Nakhchivan. Questa è una exclave azera posizionata tra Turchia,  Armenia e Iran. In questo modo, l'Azerbaijan sarà collegato direttamente all’alleato turco. Le merci potranno arrivare in Turchia o essere importate senza la necessità di passare per l’Iran o la Russia. Ovviamente, il presidente statunitense ha promesso molto. All’Armenia ha assicurato che sosterranno militarmente ed economicamente il Paese nel caso di future aggressioni azere e ha promesso che svilupperanno il corridoio. Inoltre, ha dato ai due Paesi garanzie su futuri accordi commerciali bilaterali.

Il resto dell’accordo di pace, bisogna dire, al momento non è chiarissimo. I punti concordati dai due Paesi non sono noti. Le questioni di confine restano apparentemente sospese. Quello che si sa, è che gli Stati Uniti  affideranno a un consorzio di aziende private lo sviluppo infrastrutturale ed economico del corridoio. Dovrebbero essere realizzati un gasdotto - l'Azerbaijan è un grande estrattore di gas naturale -, una ferrovia e un oleodotto. Non mancherà una linea di comunicazione con fibra ottica.

Insomma, il business sarà garantito. Proprio come piace a Trump. 

Raffaele Crocco

Sono nato a Verona nel 1960. Sono l’ideatore e direttore del progetto “Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo” e sono presidente dell’Associazione 46mo Parallelo che lo amministra. Sono caposervizio e conduttore della Tgr Rai, a Trento e collaboro con la rubrica Est Ovest di RadioUno. Sono diventato giornalista a tempo pieno nel 1988. Ho lavorato per quotidiani, televisioni, settimanali, radio siti web. Sono stato inviato in zona di guerra per Trieste Oggi, Il Gazzettino, Il Corriere della Sera, Il Manifesto, Liberazione. Ho raccontato le guerre nella ex Jugoslavia, in America Centrale, nel Vicino Oriente. Ho investigato le trame nere che legavano il secessionismo padano al neonazismo negli anni’90. Ho narrato di Tangentopoli, di Social Forum Mondiali, di G7 e G8. Ho fondato riviste: il mensile Maiz nel 1997, il quotidiano on line Peacereporter con Gino Strada nel 2003, l’Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo, nel 2009. 

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