Solidarietà congelata? No, ma in frigo!

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Molti tra noi si saranno interrogati più di una volta sullo spreco di cibo, avranno dibattuto con se stessi e con altri l’incomprensibile assurdità o la comprensibile difficoltà della condivisione, in particolare di quegli alimenti che “avanzano” nei supermercati, nei ristoranti, nei bar. Alimenti di fresca produzione che a fine giornata non sono stati consumati interamente, in prossimità di scadenza o scaduti da poco ma ancora di ottima e sicura qualità; alimenti in confezioni magari un po’ rovinate e quindi non vendibili sugli scaffali dei negozi, ma in perfetto stato quanto al contenuto.

Tra il desiderio di donare quel cibo a chi non può permetterselo e l’impossibilità di farlo, spesso si interpongono gli ostacoli della burocrazia, la pigrizia, la paura di schierarsi per essere in qualche modo necessariamente sovversivi. Sono proprio situazioni come queste che offrono terreno fertile al germogliare di idee che permettono di scavalcare i dubbi a favore di gesti autenticamente etici, solidali, semplicemente giusti.

Per esempio, attraverso un frigorifero solidale. Di che si tratta? Di un’iniziativa virtuosa nata da volontari e cittadini spagnoli e ora approdata anche in Brasile. I frigoriferi, posizionati all’aperto agli angoli delle strade, in alcuni snodi cittadini significativi, vengono riforniti del cibo proveniente da supermercati e ristoranti: un progetto che, se da un lato significativamente contribuisce a ridurre non solo la fame e il bisogno di chi fa delle strade la propria casa, contemporaneamente sollevandoli dal disagio di dover ogni giorno chiedere ed elemosinare, dall’altro permette anche di ridimensionare con risvolti più che sensati lo spreco del cibo prodotto in sovrappiù all’interno di contesti “di benessere”, creando alleanze inaspettate e trasversali.

Accessibili 24 ore al giorno per 7 giorni alla settimana, sono luoghi di incontri senza volto e scambi senza nome, che pure lasciano nel cuore un calore insperato. Chiunque infatti, sia cittadini che gestori di rivendite alimentari, può depositare le eccedenze nei frigoriferi, in attesa che chi ne abbia necessità le possa ritirare gratuitamente. Ovviamente alcune regole di base esistono: nei frigoriferi non si possono lasciare carne o pesce crudi né uova o altri cibi a rapida deperibilità, ma si possono invece depositare pasti preparati in casa, purché recanti un’etichetta con la data di preparazione. In questa rete urbana di frigoriferi è necessario anche che la comunità si impegni a vigilare sul rispetto dei bisogni, per fare in modo che questi spazi diventino reale sostegno per chi ne abbia necessità e non pit stop per capricci di occasionali merende.

Il principio è quello della foto utilizzata per questo articolo, che riprende l’efficace invito del ristorante spagnolo Rochi di Santander: Si lo necesitas, coge. Se hai bisogno, prendilo. E l’accento va più che mai posto sul bisogno, nel momento in cui si sceglie di mettere a disposizione, su un tavolino appena fuori dalla propria porta d’entrata, alcuni contenitori per alimenti contenenti l’eccedenza prodotta durante la giornata e destinati alle persone affamate che altrimenti non potrebbero permettersi un pasto e finirebbero a rovistare nella spazzatura o, quando possibile, andrebbero a sedersi alle tavole delle mense dei poveri.

Gesti generosi e intelligenti, di quell’intelligenza emotiva che ci rende - e ci fa rimanere - umani di fronte alla povertà che ci passa accanto, che bussa alle nostre porte e che spesso l’intrico delle norme allontana dal nostro più semplice e genuino slancio solidale. Segnaliamo però che il Ministero dell’Ambiente si sta muovendo anche in Italia per semplificare in questo senso la normativa e che, come dimostrano le esperienze europee, esistono soluzioni che non infrangono la legge e raggiungono rapidamente il loro scopo. Un consiglio, un invito e un auspicio perché bar, ristoranti e osterie adottino questa - ed è proprio il caso di dirlo - buona abitudine.

Anna Molinari

Giornalista freelance e formatrice, laureata in Scienze filosofiche, collabora con diverse realtà sui temi della comunicazione ambientale. Gestisce il progetto indipendente www.ecoselvatica.it per la divulgazione filosofica in natura attraverso laboratori e approfondimenti. È istruttrice CSEN di Forest Bathing. Ha pubblicato i libri Ventodentro (2020) e Come perla in conchiglia (2024). Per la testata si occupa principalmente di tematiche legate a fauna selvatica, aree protette e tutela del territorio e delle comunità locali.

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