Siamo schierati come tifosi

Stampa

Foto. A. Graziadei ®

Il giorno dopo, poche righe: il Paese non si è fermato, non è stato fermato. La rabbia montante dei no green pass e no vax non ha bloccato le normali attività quotidiane, come la scuola, i trasporti, le fabbriche. Tutto bene allora? No, non va bene. La sensazione dalla spaccatura cattiva, della violenza nemmeno tanto sottotraccia resta. Il pericolo è reale, chiuso nelle parole sempre esagerate di chi non vuole il green pass e sempre accusatorie di chi lo difende. Siamo schierati come tifosi, come armate, come integralisti. E non capiamo che in un mondo collettivo, fatto di donne e uomini che devono e vogliono convivere, la soluzione è trovare soluzioni. Non è mai alimentare lo scontro.

Allora la domanda è: abbiamo fatto davvero tutto quello che potevamo fare per evitare tutto questo? Lo ammetto: mi vengono molti dubbi. Sia chiaro: io sono per le vaccinazioni, senza incertezze. Capisco anche l’idea del green pass, che non vivo come una limitazione. 

Mi fa un po’ sorridere chi lo pensa e dice che è un ostacolo alla libertà: dimentica che viviamo in un Paese dove, per legge, dobbiamo avere sempre in tasca la carta d’identità, per permettere alla polizia di identificarci. Se non accade, ci possono portare in questura o al comando. In altri Paesi – che ne so, il Messico – questo obbligo non c’è. Da noi, c’è da sempre, non solo da questi mesi di pandemia. E’ strano: non sento nessuno protestare per questo. 

Mi preoccupa, invece, chi grida che siamo in una dittatura: le dittature le ho conosciute e, banalmente, se lo fossimo chi grida per strada dovrebbe rendersi conto che se fossimo in una dittatura si troverebbe steso su quella stessa strada, con un buco in fronte.

Capisco, però, chi non vuole vaccinarsi, per paura, scelta o per altri motivi. E capisco che il costo del tampone è elevato, insostenibile per molti lavoratori. Mi chiedo poi se sia giusto colpire le persone – anche se esercitano una scelta non condivisibile – impedendo loro di lavorare. Il lavoro è davvero centrale nella vita degli individui e delle famiglie. Capisco che senza green pass si possa vietare di andare al cinema, o al ristorante o allo stadio. Il lavoro, però dovrebbe essere sempre garantito. Si dice: non possiamo certo farci carico, come collettività, del costo dei tamponi gratis per i lavoratori. Anche di questo, non sono così certo. Ci facciamo carico come collettività del costo di acquisto dei caccia bombardieri F35, circa 13miliardi di euro e chissà se è davvero sensato. Ci siamo fatti carico per 20 anni del costo di logistica dei militari italiani in Afghanistan, spendendo 500mila euro al giorno.

Insomma, basterebbe decidere dove è meglio spendere i soldi e magari questo aiuterebbe a trovare una soluzione che eviti le spaccature. Oppure tutti noi, richiamandoci alla solidarietà fra lavoratori, potremmo tassarci dieci euro al mese, creando una grande fondo di sussistenza, che consenta ai lavoratori di fare i tamponi senza pagare, se proprio non vogliono vaccinarsi.

Questo significa giustificare la scelta dei no green pass? No, per nulla. E’ una scelta che non mi trova d’accordo e che non condivido. Ma in democrazia le minoranze esistono. In democrazia i problemi si risolvono cercando soluzioni utili per tutti, anche per le minoranze. 

E’ anche vero, però, che in democrazia, le minoranze rispettano le regole del gioco e le scelte della maggioranza, senza cercare con la forza di imporre il loro pensiero. Ed è altrettanto vero che in democrazia le minoranze, se davvero amano come dicono la libertà, evitano di allearsi con i neo fascisti, evitano di minacciare chi non la pensa come loro, evitano di urlare assassini e venduti a chi è sul fronte opposto.

Lo ripeto: la soluzione è trovare soluzioni. Lo scontro fa vincere solo quelli che dei diritti, della democrazia, della libertà, delle scelte se ne fregano. Loro l’obiettivo ce l’hanno chiaro e manovrano per avere un green pass speciale: quello che consente di comandare senza rendere conto ad alcuno.

Raffaele Crocco

Sono nato a Verona nel 1960. Sono l’ideatore e direttore del progetto “Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo” e sono presidente dell’Associazione 46mo Parallelo che lo amministra. Sono caposervizio e conduttore della Tgr Rai, a Trento e collaboro con la rubrica Est Ovest di RadioUno. Sono diventato giornalista a tempo pieno nel 1988. Ho lavorato per quotidiani, televisioni, settimanali, radio siti web. Sono stato inviato in zona di guerra per Trieste Oggi, Il Gazzettino, Il Corriere della Sera, Il Manifesto, Liberazione. Ho raccontato le guerre nella ex Jugoslavia, in America Centrale, nel Vicino Oriente. Ho investigato le trame nere che legavano il secessionismo padano al neonazismo negli anni’90. Ho narrato di Tangentopoli, di Social Forum Mondiali, di G7 e G8. Ho fondato riviste: il mensile Maiz nel 1997, il quotidiano on line Peacereporter con Gino Strada nel 2003, l’Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo, nel 2009. 

Ultime notizie

La Sicilia ha sete

18 Settembre 2025
La Sicilia ha sete, e non da poco tempo. (Rita Cantalino)

L’inizio dell’offensiva terrestre israeliana e l’esodo di massa da Gaza City

17 Settembre 2025
Israele conferma che l’offensiva ha provocato un esodo senza precedenti. (Giacomo Cioni)

Dossier/ Materie prime critiche (4)

17 Settembre 2025
Oltre a quelli ambientali, l’estrazione di minerali critici comporta una serie di impatti diretti sulla vita di diversi gruppi vulnerabili. (Rita Cantalino)

Il blocco del porto di Trieste

16 Settembre 2025
Il blocco del porto di Trieste contro le armi per Israele e per l’applicazione del Trattato di pace. La mobilitazione di USB. (Laura Tussi)

L’E-Mobility in stallo?

15 Settembre 2025
La mobilità elettrica potrebbe scaricarsi: colpa di costi, filiere e infrastrutture. (Alessandro Graziadei)

Video

Serbia, arriva a Bruxelles la maratona di protesta di studenti per crollo alla stazione di Novi Sad