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Seafuture, la mostra bellica italiana mostra i muscoli
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Foto: Twitter.com
Prende il via oggi all’Arsenale militare della Spezia la fiera militare-navale italiana “SeaFuture 2021”. Il salone sarà inaugurato in pompa magna dal ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, davanti a 47 delegazioni di Marine Militari di paesi esteri e di 15 capi di Stato Maggiore con il taglio del nastro tricolore ed il lancio dei paracadutisti del Comando Subacquei e Incursori (Comsubin). Nel silenzio generale, la kermesse spezzina ha preso il posto della “Mostra navale italiana”, di fatto la “Mostra navale bellica” che si tenuta a Genova negli anni ottanta e che fu fatta chiudere grazie alla massiccia opposizione del movimento pacifista. Così, da alcuni anni, Seafuture si è tramutata nell'unica fiera militare in Italia.
Seafuture, evento del comparto militare-industriale
Organizzato da Italian Blue Growth S.r.l. in collaborazione con la Marina Militare, SeaFuture 2021 conferma il radicale mutamento del salone: da evento ideato nel 2009 come “la prima fiera internazionale dell’area mediterranea dedicata a innovazione, ricerca, sviluppo e tecnologie inerenti al mare” che si teneva a SpeziaExpò, a partire dalla quarta edizione del 2014 l'evento è stato trasferito all'Arsenale Militare ed ha assunto sempre più i connotati di un salone navale-militare per promuovere il “defence refitting” e gli affari delle aziende del settore “difesa e sicurezza”: il tutto ammantato di sostenibilità ambientale, “blu economy” e innovazione tecnologica.
Non a caso i principali sponsor di “SeaFuture 2021” sono proprio i colossi a controllo statale del comparto militare come Fincantieri (Strategic sponsor), Leonardo (Platinum sponsor) e MBDA (Gold sponsor) e gran parte dei “media partner” sono agenzie e riviste del settore militare.
SeaFuture, salone dell'usato militare
L’idea di trasformare il salone spezzino in un evento del comparto militare-navale è nata qualche anno fa in vista dell’approvazione della “legge navale”: quasi 5,5 miliardi di stanziamenti per ammodernare l’intera flotta militare e dotarla di una nuova portaerei. Da qui l’esigenza di vendere e riciclare le navi dismesse. Lo annunciava candidamente nel 2014 in conferenza stampa l’Ammiraglio Roberto Camerini: “Le navi dismesse dalla Marina Militare rappresentano un buon affare per le marine estere più piccole perché sono garanzia di affidabilità nel tempo”. E lo ha ribadito il comunicato stampa della scorsa edizione nel presentare la “grande rilevanza internazionale” dell'evento spezzino: “le Marine militari estere potrebbero essere interessate all’acquisizione delle unità navali della Marina Militare italiana non più funzionali alle esigenze della Squadra Navale, dopo un refitting effettuato da parte dell’industria di settore”. Un salone dell’usato militare, dunque, ben lontano dall’innovazione e dalla sostenibilità.
La protesta del Comitato “Riconvertiamo Seafuture”
Lo ha denunciato con forza già negli anni scorsi in occasione delle precedenti edizioni il Comitato “Riconvertiamo Seafuture” che oggi manifesterà la propria opposizione proprio davanti all’Arsenale militare: “Consideriamo insopportabile – scrive il Comitato nell’appello promosso da 25 realtà locali e sostenuto numerose associazioni nazionali in collaborazione con la Rete italiana pace e disarmo – che la Marina Militare che per più di 150 anni ha inquinato la città e il porto della Spezia usando il mare come discarica di rifiuti tossici, tuttora presenti, intenda dare lezioni sulla sostenibilità ambientale utilizzando gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite per il proprio green-washing: un’operazione di facciata per continuare a nascondere l’inquinamento prodotto da strutture come l’Arsenale Militare tuttora in buona parte ricoperto di eternit e amianto”.
Ma soprattutto il Comitato ritiene inaccettabile l’invito a partecipare ai rappresentanti delle Forze armate di paesi esteri repressivi e responsabili di gravi violazioni dei diritti umani, delle libertà democratiche e del diritto internazionale umanitario. Tra questi spiccano il Marocco, Repubblica democratica del Congo, Pakistan, Turchia, Thailandia e l’Etiopia sotto la lente delle Nazioni Unite per quelle che il Segretario generale dell’Onu, António Guterres, ha definito “violenze inenarrabili” nel conflitto del Tigray.
Il Comitato “Riconvertiamo Seafuture” ha avanzato anche diverse proposte e sabato scorso ha promosso un Convegno a cui hanno partecipato giornalisti, studiosi e rappresentanti delle associazioni promotrici dell'appello (i filmati del Convegno sono disponibili sul sito YouTube del Comitato).
Assenti illustri
A SeaFuture, tra i paesi del Medio Oriente non figurano quest’anno, almeno ufficialmente, i rappresentanti delle Marine militari di alcuni paesi arabi sempre presenti nelle scorse edizioni: tra questi Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti. La mancata partecipazione delle monarchie assolute islamiche non dipende certo da precauzioni assunte dagli organizzatori di Seafuture bensì, probabilmente, si tratta di una loro decisione a seguito della revoca stabilita lo scorso gennaio da parte del ministero degli Esteri delle forniture di migliaia di bombe aeree che le due monarchie hanno utilizzato per anni per bombardare indiscriminatamente lo Yemen.
Non risulta anche la partecipazione della delegazione militare egiziana: la Egyptian Navy Forces si è probabilmente risentita per la mancata presenza di esponenti del governo alle consegna delle due fregate Fremm nei mesi scorsi. Ma l'industria bellica italiana non si ferma certo davanti alle polemiche, men che meno a fronte dell'intollerabile comportamento, ai depistaggi e alle reiterate menzogne delle autorità egiziane riguardo all'assassinio del nostro connazionale Giulio Regeni e ancor meno per le migliaia di attivisti dei diritti umani, sindacalisti e oppositori politici incarcerati in Egitto: Fincantieri e MBDA hanno infatti già assicurato i loro affari militari con l’Egitto diventando i principali sponsor della fiera militare ideata da Al Sisi, “Egypt Defence Expo”, che si terrà a novembre al Cairo.
Nuovi scenari di guerra
Tutto questo avviene mentre le forze armate italiane stanno decidendo, all’insaputa del Parlamento, di armare i droni Reaper e di dotare di missili Cruise i sottomarini italiani e le fregate Fremm. Il tutto per ampliare il raggio d’azione dei sistemi d’attacco proiettando cosi la nostra capacità offensiva fino al “Mediterraneo allargato” A tutela, ovviamente, del nostro “interesse nazionale”. Di cui, ovviamente, gli apparati militari e industriali si sono fatti interpreti e garanti. Da quando?
Giorgio Beretta
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