Se la scuola è un pachiderma

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Foto: Unsplash.com

Insistere sulla ripartenza vorrebbe dire riprendere le vecchie abitudini, per questo sarebbe meglio parlare di nuovo inizio. Due sociologi, Chiara Giaccardi e Mauro Magatti, durante la pandemia hanno scritto un libro dal titolo Nella fine è l’inizio. Dobbiamo far morire qualcosa del vecchio per rinascere. Negli ultimi 40 - 50 anni nella gran parte dei 193 paesi del mondo è stata raggiunta un’alfabetizzazione di base. Certo un formidabile traguardo, ma al tempo stesso c’è stata una grande spinta a modificare quelle strutture di insegnamento ormai obsolete. Per questo si sono battuti illustri educatori del calibro di Maria Montessori, John Dewey, Don Lorenzo Milani, Ken Robinson, Howard Gardner indicando in qualche modo un’operazione di alleggerimento. In effetti i sistemi scolastici oggi assomigliano troppo a un pachiderma paradossalmente definibile liquido - Bauman docet - con risultati spesso scarsi.

Pachidermici i sistemi scolastici lo sono per la consistenza del personale: in Italia nel 2018 si contavano circa 930.000 unità di personale a fronte del comparto statale immediatamente più vicino, quello sanitario, con circa 644.000. Sono, d’altra parte, proporzioni registrate in molti altri paesi. La sfida è come cambiare un settore di così enorme impatto quantitativo?

Ma la nostra scuola è pachidermica anche perché appesantita anagraficamente. Sempre in Italia nel 2018 l’età media era di 52 anni, mentre nei paesi OCSE di 44 anni. Gli over 50 erano il 59% quando la media UE era del 36%. Lo storico Harari scrive riferendosi proprio alla scuola: “... la maggior parte degli individui all’età di 50 anni non è pronta a ripensare le strutture profonde della sua identità […] Se cercate di aggrapparvi ad una qualche identità, lavoro o concezione del mondo duraturi, rischiate di essere lasciati indietro mentre il mondo vola via lontano da voi con un rombo potente”.

C’è poi un aspetto trascurato costituito dal carattere avvolgente: ovvero la circostanza per cui i docenti stanno una vita a scuola. A 3 anni si è alunni nella scuola dell’infanzia, poi via via nella primaria e nella secondaria per approdare, a conclusione, all’università. Infine un semplice passaggio dal banco alla cattedra e, voilà, si diventa insegnanti. Se si va in pensione a 65 anni, lì dentro, a scuola, si passano ben 60 anni: un'enormità! Un medico lavora in ospedale circa 35 anni. Dunque se i docenti e i dirigenti devono preparare gli alunni al mondo là fuori, come possono farlo se essi stessi di quel mondo non fanno esperienza?...

L'articolo di Marco Orsi ideatore del modello di scuola “Senza Zaino” segue su Vita.it

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