Se il Pakistan strizza l'occhio a Israele

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Non è una novità indifferente l'incontro che a Istanbul mercoledi scorso ha visto stringersi la mano Silvan Shalom e il suo omologo pachistano Khursheed Kasuri. I due ministri degli Esteri si sono incontrati in campo "neutro" per dar senso ad un avvicinamento che, dicono gli ottimisti, potrebbe portare ad aprire ambasciate nei due paesi che non hanno relazioni diplomatiche. Non è comunque il caso di correre. Non ci sono dichiarazioni ufficiali in questo senso (anzi il Pakistan ha frenato) e la strada resta in salita, come dimostra il fatto che, prima dell'incontro, Kasuri si è affrettato a far sapere dell'appuntamento con Shalom all'Anp e che, con ogni probabilità, gli israeliani ne hanno informato gli americani. Non sono decisioni semplici. Ma il segnale c'è ed è forte. Anche perché ha un significativo precedente.

Nel maggio scorso Jack Rosen, leader del Council for World Jewry (un progetto dell'American Jewish Congress) si è recato a Islamabad per invitare Musharraf a tenere un discorso sulle aperture dei paesi islamici. Invito che il presidente pachistano ha accettato di buon grado. L'occasione sarà l'Assemblea generale dell'Onu che porterà Musharraf a New York a metà settembre. Ma la notizia vera, secondo quanto riportato del giornale online South Asia Tribune che aveva intervistato il capo del Cwj, è che è stato Musharraf ad invitare Rosen in Pakistan.

Chiunque abbia preso l'iniziativa, quel che è certo è che l'interesse del Pakistan viene da lontano. La decisione di creare un canale con Israele sarebbe un'idea, secondo l'analista di politica pachistana S. S. Shahzad, di un buon amico del presidente, il generale Jehangir Karamat, una volta capo dello stesso Musharraf nell'esercito. Un secondo giocatore nell'arena delle buone relazioni sarebbe poi l'attuale inviato dell'Onu a Bagdad, il pachistano Jehangir Ashraf Qazi. Musharraf si sarebbe convinto del passo verso Israele non soltanto perché in buone relazioni con gli americani (Roser avvertì dell'invito pachistano lo stesso Bush) ma per ragioni di politica internazionale pachistana.

Innanzi tutto Israele ha buone relazioni con l'India, cui ha venduto sofisticati sistemi d'arma e lo stesso Sharon ha visitato New Delhi nel 2003 all'epoca del governo Vajpayee. Com'è noto, tutto quello che fa l'India deve essere bilanciato dal Pakistan (e viceversa). Ma Musharraf pensa anche al ruolo di potenza regionale che il Pakistan può rivestire a patto di uscire dai panni di stato canaglia.

In questo momento ha buone relazioni con gli Usa ma anche con la Cina e la Russia che hanno bisogno del Pakistan per la loro lotta al terrore: secondo alcune fonti, la decisione di svuotare le madrase pachistane dagli studenti stranieri non è stata spinta solo dai governi occidentali ma in prima persona da Pechino, per i suoi timori rispetto all'indipendentismo uiguro. Quanto a Mosca, il problema è la Cecenia ma anche l'instabilità delle repubbliche centroasiatiche e Musharraf si è impegnato a chiudere i santuari che spesso ospitano gli islamisti in fuga. Islamabad sta in sostanza cercando di tenersi buoni amici molto diversi su uno scacchiere che va da Mosca fino a Washington. E Israele sarebbe un altro tassello in grado di valorizzare la presenza di Islamabad nel grande gioco internazionale. Israele per ora ha relazioni solo con pochi paesi arabi (Egitto, Giordana e Mauritania) ma è alla ricerca di alleanze in paesi a maggioranza o a forte presenza musulmana (Turchia ma anche Albania, Azerbaijan, Gambia, Kazakistan, Kyrgzistan, Tajikistan, Turkmenistan e Uzbekistan).

Per gli israeliani avere i pachistani, se non come alleati, come buoni vicini, significa molto per contrastare l'inimicizia araba anche se l'apertura può costare a Israele le ire della destra nazionalista e conservatrice che vede in ogni musulmano un nemico. Quanto a Musharraf, questa apertura dovrà fare i conti con le resistenze interne dei gruppi islamisti radicali e dei partiti al governo nelle province occidentali. Per ora le reazioni in Pakistan non si sono fatte troppo sentire, ma proprio in previsione di una forte opposizione, è facile immaginare che la ricerca di una sede adatta per aprire un'ambasciata richiederà ancora diverso tempo.

di Emanuele Giordana

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