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Schiavitù e lavoro nelle fazendas: una piaga ancora aperta
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Il terzo Forum sociale di Porto Alegre si confronta con il tema dello sfruttamento di manodopera ridotta in condizioni di schiavitù e con la piaga del lavoro minorile, attraverso un'analisi spietata del fenomeno in Brasile e degli strumenti per metter fine a questa barbarie.
In Brasile, ottava potenza economica mondiale, la pratica della schiavitù riguarda ancora oggi più di 25.000 braccianti, privati di ogni diritto, libertá e dignitá umana. A questi si aggiungono altri 60.000 che sopportano condizioni di lavoro definite dalla legge 'degradanti' e inumane. Il problema risiede proprio nella legge, cos㭀 come nella legge risiede la soluzione. Perché se da un lato la legge esiste, e pu㳀 essere ulteriormente migliorata, dall'altro sono scarsi gli strumenti a disposizione degli ispettori del lavoro per farla rispettare rilevando le violazioni. Ed anche nei casi in cui lo schiavista é colto in flagranza di reato, la lentezza del procedimento penale, la corruzione, il meccanismo del patteggiamento e delle pene alternative, ed in alcuni casi la contumacia dell'imputato fanno s㭀 che l''impunitá sia pressoché garantita. Ricciotti Piana Filho, ispettore del lavoro, con il piglio da Indiana Jones, percorre ogni anno decine di migliaia di chilometri per addentrarsi nelle regioni più recondite di questo immenso paese per fotografare le condizioni di lavoro nelle fazendas. Il risultato é spietato: lavoratori trasportati su carri di bestiame, alloggiati sulla nuda terra sotto precarie tettoie di paglia, alimentati con scarti e abbeverati con acqua piovana raccolta in alcune buche scavate nel terreno. Per non parlare poi delle condizioni di sicurezza: prodotti chimici ad elevata tossicitá maneggiati senza maschere né guanti, mentre i contenitori vengono abbandonati nell'ambiente vicino alle capanne; e ancora: assenza di precauzioni minime per gli incidenti sul lavoro, e assenza completa di assistenza medica. Le fazendas sono il teatro di questa barbarie. I lavoratori possono essere da 10 a 5000 in una stessa fazenda, e il fazendero schiavista pu㳀 essere poco più di un caporale avido e sinumano, o un ricco magnate latifondista con proprietá che arrivano ai 160.000 ettari. Padre Henri Burin de Roziers della Commisione Pastorale della Terra (CPT) non ha paura di fare nomi, né di mostrare foto di fazenderos pluricondannati dalla giustizia che godono dell'impunitá. La palla passa perci㳀 nelle mani della politica e della giustizia, che nel Seminario sono rappresentate tra gli altri da Loris Rocha Pereira Junior - funzionario del Ministero del lavoro, Maria Eliane Menezes - Procuratore Federale dei diritti del cittadino, Roberto Figueiredo Caldas - associazione brasiliana degli Avvocati del Lavoro, e Hugo Cavalcanti Melo - Presidente dell'Associazione nazionale dei Magistrati di Giustizia del Lavoro. Innanzitutto bisogna essere in grado di rilevare le violazioni utilizzando tecnologie nuove: per esempio il satellite ci pu㳀 indicare aree dove é in atto un disboscamento illegale massiccio, e dove c'é illegalitá c'é lavoro schiavista. Poi é necessario garantire la certezza della pena, mettendo in mano ai procuratori e ai giudici degli strumenti legislativi nuovi, quali per esempio il sequestro delle fazendas dove avvengono violazioni di questo tipo, infine é necessario investire sull'educazione, perché paradossalmente molti lavoratori che finiscono in queste condizioni sono indotti dalla convinzione di non potere fare altrimenti. Tutte cose che il Ministero del Lavoro del governo Lula terrá in considerazione, promette Pereira. La giustizia sta giá facendo grandi passi, l'importante é mantenere forte il discrimine tra legalitá e illegalitá: non c'é niente di più pericoloso infatti che introdurre nozioni come semischiavitù o lavoro parzialmente degradante. Il lavoro deve nobilitare l'essere umano, insomma, e la legge deve difendere il lavoratore in tutti gli aspetti che lo configurano in quanto tale.