Scherno e violenza verbale sono il cuore del messaggio leghista

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«Se i poliziotti non possono usare le manette per fermare un violento, ditemi voi cosa dovrebbero fare, rispondere con cappuccio e brioche?». Cappuccio e brioche. La notarella ilare. Riferita al cittadino italiano di origine tunisina Arafet Arfaoui morto a Empoli in circostanze su cui indaga la magistratura, nel corso di un arresto a opera della polizia che lo aveva denudato e immobilizzato a terra con le manette e un laccio alle caviglie. I disperati che sfidano il mare per raggiungere le nostre coste? «È finita la pacchia, non decidono loro dove finisce la crociera, i porti italiani li vedranno in cartolina». Del resto, sono «belli, robusti, palestrati e vaccinati». Altra notarella ilare, dove le parole-chiave sono pacchia, crociera, cartolina, palestrati.

Non ho bisogno di dirvi chi è l’autore di questi simpatici motti di spirito, che si compiacciono di suscitare la nostra indignazione, riducendo eventi tragici a circostanze da sdrammatizzare, riscuotendo complicità attraverso il sarcasmo. È una tecnica sofisticata, questa del ricorso sistematico allo scherno: tipico meccanismo di degradazione riservato a coloro che si vuole umiliare e sottomettere. Temo che l’abbiamo sottovalutata questa tecnica sofisticata dello scherno, che si è insinuata nel nostro dibattito pubblico provocando al tempo stesso divertimento e assuefazione. Mascherata da ironia, è un tratto distintivo del leghismo fin dalle sue origini, e poco importa se nel corso degli anni sia stata rivolta contro bersagli diversi: i meridionali italiani, gli albanesi, i romeni, i rom, i musulmani, gli africani.

Ora che la Lega sembra essere diventata partito di maggioranza relativa nel nostro paese, è necessario indicare questo suo linguaggio come unico vero elemento di continuità su cui essa ha fondato la sua sfida vincente, fino all’imposizione oltraggiosa di un nuovo senso comune, a prescindere dalle giravolte di linea politica cui nel tempo ci ha abituati. Per troppo tempo le abbiamo derubricate a folklore, espedienti paradossali, tranelli retorici da aggirare perché dovevamo occuparci di temi più importanti, come la questione fiscale, il federalismo, la sicurezza.

Invece sta proprio lì, nella tecnica dello scherno e nella violenza verbale circonfusa d’ironia, il cuore del messaggio leghista. Da Bossi a Borghezio, da Calderoli a Salvini, il leader che osa dire a voce alta l’indicibile sapendo di poter contare sulla complicità divertita anche di chi quello scherno non oserebbe perpetrarlo, ha avvelenato l’opinione pubblica. Sei indotto a pensare che in fondo non c’è niente di male se ti piace sentirtele dire, quelle infamie, ti danno soddisfazione, puoi viverle come una rivalsa. Basta, ci voleva, se la sono cercata, finalmente uno che lo dice a voce alta!

È la legittimazione dall’alto della cattiveria, una malvagità pubblica necessaria. Nel giorno dell’Epifania un assessore leghista ha pubblicato una filastrocca che recita, fra l’altro: «Vien dall’Africa il barcone per rubarvi la pensione». A chi gli chiedeva conto di quella rima fra barcone e pensione, l’assessore leghista ha replicato: «Non c’è nulla di offensivo, è quello che tutti gli italiani pensano». Il nuovo senso comune, appunto. Povera Italia, se non saprà liberarsene.  

Gad Lerner da Nigrizia.it

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