Save the Children: abusi sui minori dai peacekeeper Onu

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Cosa può essere peggio dell'abuso sessuale nei confronti di un bambino? Negli ultimi tempi ci siamo tristemente abituati a sentire orribili notizie che riguardano lo sfruttamento sessuale di minori. Semplici pedofili, magari nascosti tra gli stessi familiari o tra le persone vicine, considerate affidabili che semmai dovrebbero svolgere un compito educativo, come insegnanti e sacerdoti. Ma c'è un'altra categoria che si macchia di questo gravissimo crimine, una categoria che ha il privilegio di lavorare per un fine nobile, come la ricostruzione della pace nelle zone flagellate dalla guerra e che anziché fare il proprio mestiere - per altro strapagato e che comprende non pochi privilegi - si permette invece di sfruttare la posizione di potere ma anche la stima, la buona fede e l'immagine quasi di "salvatore" agli occhi della gente che dovrebbe aiutare, per compiere atti gravissimi e vergognosi nei confronti della categoria più debole dell'umanità per eccellenza: i bambini. Con l'aggravante eccezionale che questi bambini si trovano in una condizione fisica e psicologica che li rende ancora più deboli, vulnerabili e dipendenti dagli adulti.

L'ultimo rapporto di Save the Children denuncia una situazione vergognosa e alla quale si deve porre rimedio e subito. L'organizzazione internazionale, impegnata fin dal 1919 in difesa dei bambini ha presentato ieri il dossier ''Nessuno a cui dirlo''. Il titolo racchiude il motivo per cui i casi di abusi e sfruttamento sessuale di minori da parte della forze Onu di peacekeeping e operatori umanitari continuano a verificarsi in paesi in emergenza. Cifre sottostimate e casi ancora poco documentati: è la paura giocare un ruolo fondamentale nella reticenza a parlare e denunciare i soprusi da parte delle vittime.

Secondo Valerio Neri, direttore generale di Save the Children Italia "tutto questo ci lascia intendere che per ogni abuso identificato ce ne sono probabilmente molti che rimangono nascosti e sconosciuti". Ma anche la paura che queste organizzazioni non aiutino più la popolazione "le persone non parlano perché hanno paura che poi le agenzie non lavoreranno più qui e noi abbiamo bisogno di loro" - dichiara un ragazzo del Sud Sudan.

Dalla ricerca traspare che sono numerose le forme di abuso che vengono descritte dagli intervistati: le più frequenti sono commenti, frasi dal pesante e volgare contenuto sessuale, i cosidetti "abusi verbali", testimoniati dal 65% degli intervistati. Segue il sesso "coatto", denunciato dal 55% degli intervistati, a cui i minori sono indotti in cambio di cibo, soldi, sapone, in rari casi di beni "di lusso" come per esempio un cellulare. Frequenti anche le molestie, attestate dal 55% degli intervistati. Il 30% invece denuncia la forma più grave di violenze sessuale, da parte di singoli ma anche di gruppi: sicuramente la forma più deplorevole e la più temuta dai minori.

Dati formulati dopo una serie di interviste, gruppi di discussione e incontri che hanno coinvolto bambini, bambine, operatori umanitari, personale delle missioni Onu di peacekeeping, addetti alla sicurezza, in nazioni in situazioni di emergenza o post conflitto. Sono 341 le persone coinvolte nello studio - tra cui 250 bambine e bambini - coinvolte in 38 gruppi di lavoro o intervistate; 30 gli operatori umanitari o impiegati in missioni di peacekeeping che hanno partecipato agli incontri; Sud Sudan, Costa D'Avorio e Haiti, in particolare quelle aree in cui erano già stati rilevati episodi di abusi e sfruttamento, i paesi interessati dalla ricerca.

"Nonostante le recenti dichiarazioni di impegno a risolvere il problema da parte dei governi e delle organizzazioni internazionali - commenta ancora Valerio Neri - il nostro rapporto documenta come abusi nei confronti di minori permangano e continuino in paesi e aree in emergenza e come queste situazioni restino per lo più sommerse. E' necessario fare molto di più affinché i bambini non continuino a soffrire in silenzio e siano invece incoraggiati e aiutatati a denunciare quanto hanno subito". La paura di parlare è ancora molto forte, i bambini temono che, se parlano, l'abusante possa cercarli e fare loro del male, che le agenzie umanitarie smettano di dare loro gli aiuti, temono di essere stigmatizzati ed emarginati dalle famiglie e comunità o addirittura puniti.

Le piccole vittime sono prevalentemente orfani, o separati dai genitori, o con famiglie che dipendono dagli aiuti umanitari. Ancora sempre secondo il dossier di Save the Children - i minori vittime degli abusi da parte di adulti che lavorano per la comunità internazionale sono più bambine che bambini, con un'età media delle vittime che varia tra i 14-15 anni anche se il rapporto attesta di abusi anche ai danni di bambini di 6 anni. Per quanto riguarda il profilo o la provenienza degli abusanti, il rapporto rileva che possono appartenere a qualsiasi organizzazione, sia essa umanitaria, o di peacekeeping o di sicurezza; avere qualsiasi livello o grado, dai più bassi - guardie e autisti - ai più alti, manageriali; fare parte dello staff locale o internazionale.

Ma è comunque il personale delle missioni di pace a risultare quello numericamente più coinvolto: dei 38 gruppi di lavoro in cui si è svolta la ricerca di Save the Children, 20 hanno indicato nei peacekeepers gli autori più frequenti degli abusi. Un dato confermato anche dalle Nazioni Unite: sul totale delle denunce di sesso con minori a carico di operatori Onu nel 2005, 60 su 67 riguardano le truppe del Dipartimento Onu delle Operazioni di Peacekeeping.

"Il comportamento di chi abusa sessualmente di bambini particolarmente vulnerabili, proprio di quei bambini che dovrebbe proteggere, è inqualificabile. E' difficile immaginare un più grave abuso di potere o flagrante violazione dei diritti dei minori", commenta ancora Valerio Neri. "Queste persone sono per fortuna una piccola minoranza. La gran parte degli operatori umanitari non commette alcuna forma di abuso e fa bene e con la massima serietà il proprio lavoro. Tuttavia tutte le agenzie umanitarie e di peacekeeping che operano in contesti di emergenza, compresa Save the Children, debbono essere consapevoli di poter essere interessate da questo problema e che quindi vanno messe in campo importanti misure sia per prevenirlo che per contrastarlo. Finora - conclude il Direttore di Save the Children Italia - sia le Nazioni Unite sia le agenzie umanitarie hanno preso alcuni importanti impegni di principio che però ancora non si sono tradotti in fatti concreti".

Per questo il rapporto non si limita a denunciare i gravissimi fatti, ma formula anche tre raccomandazioni che ora sono all'attenzione della task force Onu sulla Protezione dallo sfruttamento e abuso sessuale (organismo istituito nel 2002 e che vede insieme agenzie Onu ed Ong). Innanzitutto la realizzazione da parte delle Nazioni Unite di un efficace meccanismo di denuncia su base locale, in quei paesi dove c'è una significativa presenza di personale internazionale, in modo che bambini o i loro genitori sappiano come denunciare gli abusi subiti e siano prese misure immediate e risolutive nei confronti di chi li commette; l'istituzione di una figura di controllo, a livello globale, un "global watchdog", che monitori gli sforzi delle agenzie internazionali nel contrasto agli abusi e promuova le risposte più efficaci su questo fronte. Infine l'incremento degli investimenti destinati a risolvere alle radici il problema, attraverso per esempio riforme legislative, campagne di sensibilizzazione dell'opinione pubblica, lo sviluppo di sistemi nazionali di protezione dell'infanzia.

Nel sessantesimo anniversario della Dichiarazione dei diritti dell'uomo e alla vigilia del ventesimo anniversario della Convenzione per i diritti dell'infanzia ( in .pdf) fatti del genere commessi da chi dovrebbe favorire il più ampio rispetto e la promozione di questi principi non possono essere tollerati.

Elvira Corona

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