www.unimondo.org/Notizie/Salvare-vite-nel-Mediterraneo-262177
Salvare vite nel Mediterraneo
Notizie
Stampa

Foto: Raphael Schumacher di SOS Humanity
Abbiamo intervistato Sara, Protection officer a bordo della nave di ricerca e soccorso Humanity 1 dell’organizzazione non governativa SOS Humanity.
Come avviene una vostra operazione di ricerca e soccorso in mare?
SOS Humanity opera e soccorre le persone in acque internazionali, rispettando il diritto internazionale e marittimo. Ciò significa che le persone in pericolo in mare, indipendentemente dalla loro origine o dalla causa della loro fuga, devono essere soccorse e portate in un luogo sicuro. Riceviamo segnalazioni di imbarcazioni in pericolo attraverso vari canali e collaboriamo con le autorità competenti nelle diverse fasi operative, fino all’assegnazione di un porto in Italia per lo sbarco delle persone soccorse.
Tuttavia, l'ostruzione dei salvataggi in mare da parte degli Stati europei attraverso nuove normative restringenti, ha reso il nostro lavoro sempre più difficile. Abbiamo ormai diverse prove del continuo rimpatrio illegale (pullbacks) dei rifugiati da parte della cosiddetta Guardia costiera libica e tunisina, entrambe finanziate dall’UE, e questo ci porta spesso a vivere situazioni complesse e delicate quando siamo in mare.
Quando abbiamo sopravvissuti a bordo, forniamo assistenza medica professionale, informativa legale, due pasti caldi al giorno e sostegno psicologico. Sebbene il nostro obiettivo primario è quello di salvare vite, parte importante del nostro lavoro è assistere, proteggere, assicurarci che i diritti umani vengano rispettati e premere per un cambiamento nella società. Per fare ciò raccogliamo testimonianze, monitoriamo e documentiamo il pericoloso viaggio che migliaia di persone sono costrette a fare ogni anno.
Chi sono le persone che vengono salvate? Da dove vengono? In quali condizioni arrivano in nave?
Gli incontri che facciamo durante i salvataggi sono un vero e proprio mosaico di nazionalità e di storie, dal Mali alla Siria, al Bangladesh. Spesso anche in un solo salvataggio abbiamo 10 nazionalità. Ascoltiamo storie di conflitti armati, guerre, condizioni sociali non compatibili con la volontà di studiare, di crescere i propri figli in sicurezza ed avere un futuro dignitoso. Nell’ultima rotazione abbiamo incontrato molti giovani eritrei che hanno raccontato di essere fuggiti dal servizio militare obbligatorio in giovanissima età.
Moltissime persone, anche minori che viaggiano soli, raccontano di violenze, torture, stupri, fame e molte altre violazioni dei diritti umani in Libia e in Tunisia. Spesso le persone cercano ripetutamente di fuggire dalla Libia e dai campi di detenzione, tentando più volte di attraversare il Mediterraneo. Un ragazzo di vent’anni salvato nell’ultima rotazione [missione, ndr] ha raccontato di aver già tentato più volte di attraversare il mare e aveva informato famigliari e amici che questo sarebbe stato l’ultimo tentativo. Se avesse visto la cosiddetta Guardia costiera libica avvicinarsi si sarebbe buttato in mare.
L’idea di ritornare in Libia, un luogo descritto come un “caotico, terribile incubo” da una delle sopravvissute incontrate, è talmente insopportabile che le persone raccontano in modo sorprendentemente unanime, di preferire la morte.
Le persone soccorse spesso portano sul loro corpo tracce di tortura, ferite da arma da fuoco, dolore causato da percosse, e segni invisibili delle violenze che trapassano dai loro sguardi.
Queste esperienze raccolte confermano un’ennesima volta che la Libia non è un luogo sicuro per i migranti e i rifugiati.
Le persone soccorse in mare sono in condizioni di salute molto vulnerabili, sia fisicamente che mentalmente, spesso esauste e disidratate quando arrivano sulla nostra nave. Per questo devono essere portate in un luogo sicuro il prima possibile.
Come funziona il coordinamento con le varie Guardia costiere e i centri di coordinamento (Italia e Malta in particolare)?
Come già nominato, SOS Humanity coordina sempre le operazioni di soccorso con le autorità competenti nelle loro aree di ricerca e salvataggio. L'equipaggio è stato spesso testimone di come le autorità, in particolare i centri di coordinamento di Malta e Italia, ignorino le richieste di soccorso e si rifiutino di fornire assistenza, ostacolando attivamente le operazioni civili di ricerca e soccorso e sostenendo i respingimenti illegali verso la Libia e la Tunisia. Inoltre, i governi e l'RCC responsabile dovrebbero fare ogni sforzo per ridurre al minimo il tempo in cui le persone soccorse rimangono a bordo della nave che le assiste, cioè sbarcarle il prima possibile. Tuttavia, insieme alla pratica di inviare le navi di soccorso non governative in porti lontani, nella maggior parte dei casi nel nord Italia, per lo sbarco, questa nuova politica tiene le navi di soccorso lontane dalle aree di ricerca e soccorso, contribuendo molto probabilmente all'aumento del numero di morti nel Mediterraneo.
Ultimamente si è parlato molto della Libia e dei trattamenti inumani e degradanti, delle torture e delle violenze che i migranti subiscono nelle prigioni libiche. Quali sono le testimonianze che ricevete?
La maggior parte delle persone che incontriamo, come già sopra riportato, racconta di orribili abusi, violenze, maltrattamenti e torture che equivalgono a crimini contro l'umanità, come riportato dalla missione indipendente d'inchiesta delle Nazioni Unite in Libia.
Molto forte è la storia di Fridaa che è fuggita dalla Siria con 5 figli, di cui uno disabile, e ha raccontato al nostro equipaggio che nei centri di detenzione della Libia riceveva quattro pezzi di pane al giorno per tutta la famiglia, avevano accesso molto limitato ad acqua pulita e sono stati rinchiusi senza vedere la luce per diversi giorni.
In un primo tentativo di attraversare il Mediterraneo, tre persone si sono tuffate in acqua dopo aver visto la cosiddetta Guardia costiera libica avvicinarsi e sono annegate davanti agli occhi di tutti, compreso il figlio autistico, che è stato più volte picchiato dai libici. Dopo un secondo tentativo su un peschereccio con 400 persone che si è concluso con un naufragio, finalmente Fridaa è stata salvata da SOS Humanity nell’estate del 2024.
(Potete trovare la testimonianza intera di Fridaa qui: https://sos-humanity.org/en/testimonies/refugee-stories/escape-with-5-children/)
Che rapporto avete con la cosiddetta Guardia costiera libica?
La cosiddetta Guardia costiera libica effettua spesso manovre pericolose e violente in mare, interrompendo i soccorsi in corso o minacciando i migranti e i membri del nostro equipaggio durante i salvataggi nel Mediterraneo. Nel marzo 2024, hanno usato la violenza e sparato proiettili vivi in acqua durante un intervento vitale. Molti migranti, che si trovavano a bordo di tre imbarcazioni non idonee dirette in Europa, sono stati costretti a gettarsi in acqua. La Humanity 1 è riuscita a salvare 77 migranti, ma molti altri sono stati costretti a salire a bordo di un'imbarcazione della cosiddetta Guardia costiera libica, separando almeno sei membri di una famiglia l'uno dall'altro. In altre missioni, abbiamo assistito a diverse intercettazioni in mare e a violenti respingimenti verso la Libia.
Nel giugno 2024, il tribunale di Crotone ha dichiarato illegittima la nostra detenzione e ha stabilito che il Centro di coordinamento dei soccorsi libico e la cosiddetta Guardia costiera libica non possono essere considerati attori legittimi di ricerca e soccorso nel Mediterraneo.
In merito a questo, parliamo del rigetto del vostro ricorso contro il fermo del dicembre 2023. Come sono andati i fatti e cosa contestate di questo annullamento?
Ero presente durante la missione che si è conclusa con la detenzione illegittima della nostra nave di soccorso, Humanity1, nel dicembre 2023, durante la quale abbiamo salvato 200 persone in 4 operazioni di soccorso. Come organizzazione ribadiamo che le accuse contro di noi sono inventate e false e che quindi il fermo è stato illegittimo. Il 13 febbraio 2025 il giudice del tribunale di Crotone ha affermato che il ricorso contro la detenzione è inammissibile e quindi presuppone la legittimità dell'intercettazione da parte della cosiddetta Guardia costiera libica delle persone in fuga.
Questa decisione contraddice numerose sentenze già emesse in tutta Italia. Inoltre, il giudice non riconosce un dato significativo che diverse sentenze, anche dello stesso tribunale, e istituzioni internazionali hanno evidenziato: la cosiddetta Guardia costiera libica non può essere considerata un attore legittimo di ricerca e soccorso.
Per questo motivo impugneremo la decisione e abbiamo già depositato un intervento presso la Corte costituzionale italiana nell'ottobre 2024.
Il fermo delle navi di soccorso non governative da parte delle autorità italiane costituisce una grave violazione del diritto europeo e internazionale, evidenziata dal fatto che la base giuridica di questa pratica è attualmente contestata dalla Corte costituzionale italiana.
Che rapporto avete con la Guardia costiera tunisina?
Finora non li abbiamo incontrati in mare o dovuto comunicare direttamente con loro. Possiamo dire che, a causa della situazione dei diritti umani e della mancanza di un sistema di asilo formale e funzionante, la Tunisia non può essere considerata un luogo di sicurezza per le persone soccorse in mare. Lo sbarco di naufraghi e soccorsi in mare in Tunisia viola i diritti umani internazionali e il diritto marittimo.
Com'è cambiato il vostro lavoro dopo la cosiddetta "legge Piantedosi"? (Decreto legge 2 gennaio 2023 n.1, convertito in L 24 febbraio 2023 n. 15).
Le operazioni di soccorso in mare della flotta civile sono state ripetutamente criminalizzate e ostacolate fin dal 2016. La legge Piantedosi e la legge Flussi sono la prova di una nuova qualità nell'ostruzione sistematica della ricerca e del soccorso civile: permettono la detenzione amministrativa delle navi di soccorso e la pratica sistematica di assegnare porti lontani a nord, lasciando così scoperta l'area dove si verifica la maggior parte dei casi di soccorso.
In seguito alla legge Piantedosi, la nostra nave è stata detenuta 2 volte e le navi della flotta civile in totale sono state illegalmente trattenute 26 volte, invece di poter navigare e salvare vite umane.
Inoltre, la legge Flussi [L. 187/2024 ndr], emanata nel dicembre 2024, intensifica ulteriormente l'ostruzione delle navi di soccorso e degli aerei da ricognizione, con un elevato rischio di sequestro permanente.
Nel complesso, queste leggi esacerbano le sanzioni con il chiaro obiettivo di confiscare definitivamente le navi di soccorso. Molte navi della flotta civile corrono il serio rischio di essere completamente rimosse dal Mediterraneo centrale nel 2025, riducendo ulteriormente la già limitata capacità di soccorso. La legge Flussi prende inoltre di mira gli aerei civili che volano sul Mediterraneo e compiono un lavoro fondamentale di monitoraggio, segnalazioni di imbarcazioni in difficoltà e testimonianza di violazione del diritto internazionale. Questo porterà inevitabilmente a un aumento delle morti in mare, e a sempre meno monitoraggio, con il rischio che sempre più violazioni dei diritti umani cadano nell’oblio.
Dal vostro report 2024, sembra emergere un aggravarsi della crisi umanitaria nel Mediterraneo centrale. Quali sono le vostre richieste alle istituzioni nazionali ed europee?
Sì, purtroppo assistiamo all'aggravarsi di una catastrofe umanitaria causata politicamente nel Mediterraneo Centrale. Le nostre richieste all'UE e ai suoi Stati membri sono:
- il rispetto del diritto internazionale applicabile nel Mediterraneo centrale, tra cui il dovere di prestare assistenza;
- l’efficace coordinamento della ricerca e del salvataggio da parte degli Stati costieri dell’UE;
- l’assegnazione tempestiva di un luogo di sicurezza nell’UE per le persone soccorse in mare, che possa essere raggiunto rapidamente;
- un programma di ricerca e soccorso nel Mediterraneo centrale guidato dall’UE;
- la fine della criminalizzazione dei rifugiati e degli operatori umanitari;
- la fine dell'ostruzione e della criminalizzazione del lavoro delle ONG;
- la fine della cooperazione con la Libia e la Tunisia in materia di ricerca e soccorso, compresa l'interruzione dei finanziamenti per l'addestramento e l'equipaggiamento della cosiddetta Guardia costiera libica e della Guardia costiera tunisina;
- la Fine dell'esternalizzazione della gestione delle frontiere dell'UE a Paesi terzi che violano i diritti umani e i diritti dei rifugiati.
Per noi europei che attraversiamo i confini tutti i giorni con i nostri passaporti privilegiati, i confini sono spesso solo una linea invisibile. Per le persone che incontriamo in mare invece sono tutto: da una parte la morte, dall'altra la vita.
Maddalena D'Aquilio

Laureata in filosofia all'Università di Trento, sono un'avida lettrice e una ricercatrice di storie da ascoltare e da raccontare. Viaggiatrice indomita, sono sempre "sospesa fra voglie alternate di andare e restare" (come cantava Guccini), così appena posso metto insieme la mia piccola valigia e parto… finora ho viaggiato in Europa e in America Latina e ho vissuto a Malta, Albania e Australia, ma non vedo l'ora di scoprire nuove terre e nuove culture. Amo la diversità in tutte le sue forme. Scrivere è la mia passione e quando lo faccio vado a dormire soddisfatta. Così scrivo sempre e a proposito di tutto. Nel resto del tempo faccio workout e cerco di stare nella natura il più possibile. Odio le ingiustizie e sogno un futuro green.