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Rwanda: riparte la mediazione di Sant'Egidio per il Kivu
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Il governo congolese ritenta la strada della Comunità di Sant'Egidio per portare un po' di pace nell'est del paese. Kinshasa ha infatti inviato il 25 febbraio scorso una lettera ai responsabili della Comunità affinché si facciano promotori di un incontro, da svolgersi a Roma, tra i responsabili congolesi e i leader delle Forze democratiche di liberazione del Rwanda (Fdlr), principale gruppo ribelle hutu presente nell'area orientale del paese.
Un incontro che, nelle intenzioni di Kinshasa, sarebbe preparatorio ad un altro appuntamento, questa volta da svolgersi a Kisangani, nel nord est del Congo, tra le due parti in campo. Si tratta di convincere il gruppo ribelle ad aderire al processo di disarmo e a un progressivo rimpatrio dei suoi militanti in Rwanda. Fino a oggi, infatti, non ci sono state le condizioni perché il ritorno fosse effettivo: è mancato sia un possibile accompagnamento internazionale sia l'apertura del governo rwandese a un dialogo politico. La linea preferenziale richiesta dagli hutu rwandesi non è stata accolta da Kigali.
La notizia della lettera è confermata da don Matteo Zuppi, assistente ecclesiastico di San'Egidio e tra le figure di spicco impegnate per conto della Comunità nei processi di pace africani. "Si tratta di dare seguito anche agli accordi di Nairobi", afferma, quelli firmati il 9 novembre scorso tra i governi di Kinshasa e Kigali, per porre fine all'insicurezza nell'est del paese.
La richiesta formulata del governo congolese a Sant'Egidio ha lo scopo di riprendere quel filo interrotto tre anni fa, quando proprio grazie alla mediazione della realtà trasteverina i leader delle Fdlr firmarono a Roma, il 31 marzo 2005, una dichiarazione con cui il gruppo si impegnava a "trasformare la lotta armata in una lotta politica". Un impegno ad abbandonare la via della forza. Nel testo ufficiale, le Fdlr condannarono "il genocidio commesso in Rwanda e i loro autori" e si impegnarono "a lottare contro qualsiasi ideologia di odio etnico, oltre a rinnovare il loro impegno a cooperare con la giustizia internazionale".
Le Fdlr erano balzate agli onori delle cronache internazionali dopo che Kigali aveva cominciato ad affiancare il nome di questa formazione a quelli degli Interhamwe o delle ex-Far, giudicati per anni dal Rwanda i principali responsabili del genocidio del 1994. Alla fine, il presidente Paul Kagame identificò nelle Fdlr la minaccia maggiore al suo governo, ventilando (e attuando anche durante le due guerre interafricane 1996-97, 1998-2003) più volte la possibilità di interventi militari nell'est della confinante Repubblica democratica del Congo, dove dal 1994 molti rwandesi trovarono rifugio.
Il Rwanda ha accusato Kinshasa di non fare abbastanza per neutralizzare e disarmare i gruppi di ribelli rwandesi, altri invece accusano Kigali di agitare lo spauracchio di queste formazioni armate come pretesto per continuare a gestire i redditizi interessi economici (prevalentemente minerari) avviati negli anni del conflitto e per sostenere gruppi ribelli armati tutsi, guidati dall'ex generale Laurent Kunda. Il cessate il fuoco, sottoscritto a Goma dai gruppi ribelli lo scorso gennaio, ha acceso nuove speranze. Anche se restano solo promesse.
Gianni Ballarini
Fonte: Nigrizia