Roma/Tunisi, andata e ritorno

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Foto: Unsplash.com

Tunisi, 23 agosto. Non é il titolo di un film, ma la rotta che negli ultimi tempi i nostri governanti percorrono spesso e volentieri.

L’ultima missione il 17 agosto scorso: una delegazione formata dal Ministro degli affari esteri Luigi Di Maio e dalla Ministra degli interni Luciana Lamorgese, accompagnati da due commissari europei, Ilva Johansson per gli affari interni e Olivér Varhelyi per il vicinato e l'allargamento.

Hanno avuto sessioni di lavoro con il Presidente della Repubblica, Kaïs Saïed, il Ministro degli Interni del Governo uscente, nonché Primo ministro incaricato di formare un nuovo esecutivo, Hichem Méchichi, e il Segretario di Stato incaricato della gestione del Ministero degli Affari Esteri Selma Ennaifer.

Al di là delle dichiarazioni post incontri che hanno evidenziato, da diplomatica consuetudine, il sostegno e la solidarietà europea, e italiana, agli sforzi della Tunisia per consolidare la sua giovane democrazia e del tentativo di uscire dalla crisi politico/economico/sociale che la attanaglia, l’argomento principale degli incontri é stato quello della migrazione illegale con partenza dalla Tunisia.

Promessi dall’Italia 11 milioni di euro per rafforzare il dispositivo di prevenzione alle partenze dalle coste tunisine. Un déjà vu che non affronta il cuore del problema migrazione, che é soprattutto legato alla mancanza sempre più drammatica di opportunità di lavoro.

Il Presidente Kaïs Saïed durante la sua visita, domenica 2 agosto, alle due città costiere di Sfax e Mahdia ha sottolineato che “le partenze non si possono limitare solo con la Guardia Costiera o inseguendo le “barche della morte”, ma piuttosto fermando coloro che commerciano con la vita delle persone mettendole su queste barche”; continuando poi :”eliminiamo alla radice le cause che spingono le persone a gettarsi in mare". 

Secondo l'Istituto nazionale di statistica , il tasso di disoccupazione generale è aumentato notevolmente nel secondo trimestre 2020 raggiungendo il 18%.

Ma la percentuale dei diplomati disoccupati è passata dal 28% al 31,2%.

E Il tasso di disoccupazione giovanile globale è ora del 36,1%. 

Il Presidente della Repubblica, Kaïs Saied, ha sottolineato, durante gli incontri con la delegazione euro/italiana, “la necessità di concludere un accordo globale con l'Italia in materia di mobilità, gestione consensuale della migrazione e sviluppo inclusivo”.

Questo accordo dovrebbe consentire ai giovani tunisini di circolare in Europa in modo legale", ha aggiunto, definendo "indispensabile unire tutti gli sforzi per mettere in atto un approccio di sviluppo globale che incoraggi i migranti a non lasciare il loro paese di origine”.

Sottolinando anche che "la prevenzione non è sufficiente per combattere l'immigrazione illegale, dato che si tratta, essenzialmente, di un problema umanitario".

L’attenzione italiana al Paese maghrebino, dal contenuto monocorde, agli occhi dei media locali, sembra più dettata da reazioni umorali e di ricerca di consensi nell’italica patria, in vista delle vicine elezioni regionali, che da comportamenti razionali che cerchino di approfondire le cause del problema migratorio, che nei numeri non é certo da fenomeno epocale.

I dati, secondo la versione tunisina: il portavoce della Direzione della Guardia Nazionale, il colonnello Houssem Eddine Jebabli ha recentemente informato i media che il numero di persone che sono riuscite ad attraversare illegalmente i confini tunisini, nei primi sei mesi del corrente anno, è di 2.639.

Ha inoltre indicato che quest'anno la Guardia Nazionale è riuscita a prevenire 63 tentativi di migrazione illegale, sparsi su tutto il territorio terrestre e marittimo tunisino, seguiti dall'arresto di 748 persone.

E secondo la versione italiana: gli ultimi dati del Ministero degli interni indicano che, dal primo gennaio al 31 luglio, i migranti arrivati via mare in Italia sono stati 13.710, rispetto ai 3.867 registrati nello stesso periodo dello scorso anno e i 18.546 del 2018. Sono numeri molto lontani dal picco della crisi migratoria, avvenuto tra il 2014 e il 2017.

Di questi 13.710 migranti, 5.357 sono arrivati dalla Tunisia.

Missioni ministeriali ripetute che sono state spesso accompagnate da dichiarazioni ante e post visita, da parte dei Ministri italiani, non gradite, per utilizzare un eufemismo, dall’opininione pubblica tunisina, oltre che negli ambienti politici e giornalistici. Ne citiamo alcune:

apripista l’ex Ministro degli interni Matteo Salvini: “la Tunisia, paese libero e democratico, non manda in Italia gentiluomini, ma spesso e volentieri galeotti” (maggio 2018).

A seguire l’azzardo di Luciana Lamorgese, attuale responsabile del Viminale,: "la Tunisia è come l'Albania nel 1991: fuga di massa verso l'Italia” (luglio 2020).

Buon ultimo il Ministro degli esteri Di Maio: “chiedo di sospendere lo stanziamento di 6,5 mln di euro alla Tunisia in attesa di un piano integrato più ampio” (luglio 2020).

La visita di Luigi Di Maio e di Luciana Lamorgese del 17 agosto, per parlare esclusivamente di migrazione, é stata accolta da una Tunisia dall’atmosfera agostana dal “sapore di mare”, che tenta di salvare quel che si puo’ di una stagione turistica annientata dall’epidemia del Covid19, favorendo il turismo interno.

Cercando di dimenticare, almeno per poco tempo, i disagi quotidiani di un’epidemia che pare giocare a nascondino, ma che dà i primi segnali di una preoccupante ripresa a seguito della riapertura delle frontiere, una crisi economica galoppante e dagli esiti oscuri e una crisi politica che lascia tutti con il fiato sospeso. Nell’attesa che nei prossimi giorni il Primo ministro incaricato, Hichem Méchichi, trovi il bandolo della matassa e presenti una compagine governativa che possa ottenere la fiducia dall’Assemblea dei rappresentanti del popolo. Altrimenti non ci sarà alternativa che ricorrere a nuove elezioni, a meno di un anno delle precedenti, col rischio di cadere in un baratro dalla profondità incalcolabile.

Anche la narrativa mediatica italiana si concentra, in buona parte, solo sulla polarizzazione del dibattito politico che pone come uno degli elementi centrali la questione dei migranti dalla Tunisia, e poco sugli scenari geopolitici del Mediterraneo.

La tragedia di Beirut; le scaramucce navali tra Turchia e Grecia, con il Paese ottomano che si allarga come una piovra nel Mediterraneo; la visita di Ministri turchi e russi in Libia, oramai loro terra di conquista; il ritorno sul dossier libico degli americani con il loro appoggio agli Emirati arabi uniti, che ha portato, fra l’altro, anche all’accordo diplomatico fra questi utimi e Israele; il cessate il fuoco e la reale possibiltà di elezioni in Libia annunciate per la primavera del 2021; la ricostruzione dell’ISIS nell’Africa subsahariana; il colpo di stato militare in Mali; senza dimenticare l’Algeria dove il Covid19 é diventato inaspettato alleato di un regime che, rafforzando oltre misura confinamento e restrizioni alla libera circolazione, impedisce di fatto le manifestazioni di protesta giovanile che covano sotto la cenere e che si diffondono sui social.

E’ un virus da provincialismo tipicamente italiano che fa navigare spesso a vista tralasciando di focalizzarsi su elementi essenziali di natura geopolitica che incideranno sul nostro Paese più di qualche migliaia di disperati attratti da un sogno.

Abdessatar Ben Moussa, avvocato, presidente della Lega per i diritti umani, uno dei membri del Quartetto per il dialogo nazionale tunisino, insignito, nel 2015, del Premio Nobel per la Pace, in un’intervista rilasciata a Il Riformista il 4 agosto scorso, ha, fra l’altro, affermato:

«Quante volte ho sentito ripetere: ‘aiutiamoli a casa loro’. Ebbene, se si vuole farlo seriamente, è venuto il momento di far seguire i fatti alle parole. Prima che quella ‘casa’ bruci. Per questo è fondamentale che l’Europa investa nella cooperazione con la Tunisia e più in generale con i Paesi della sponda Sud del Mediterraneo. Non sarebbe un atto di generosità ma un investimento a rendere sul piano della stabilità e della sicurezza. Un investimento sul futuro”.

Intanto sono ripresi anche i rimpatri dei tunisini, 80 ogni settimana, secondo accordi del 2017 che erano stati sospesi causa Covid 19. Quest’ultimo problema é sempre presente ma su insistenza dell’Italia si é ripreso questo ritorno, altro elemento di irritazione locale, in quanto applicato in un momento giudicato inopportuno, non essendoci le condizioni logistiche per la sua gestione in sicurezza.

Pochi ricordano che la Tunisia é stato il primo Paese della sponda sud del Mediterraneo a firmare un accordo di libero scambio con l’Unione europea (1995). Accordo che é in fase di ulteriore negoziazione affinché il Paese nord africano possa diventare un partner previlegiato, con diritti e doveri come se fosse parte integrante dell’Europa.

Libero scambio che si limita ad oggi alle merci e non alle persone. Probabilmente qui é il nocciolo del problema che inasprisce la situazione. 

Il Mediterraneo continua ad essere considerato un muro, una frontiera, e non il ponte liquido che unisce i due continenti. 

Come scrisse il Manzoni: “ll buon senso c'era; ma se ne stava nascosto per paura del senso comune”.

Ferruccio Bellicini

Pensionato, da una quarantina d’anni vivo nei Paesi della sponda sud del Mediterraneo: Algeria, prima, Tunisia, ora. Dirigente di una multinazionale del settore farmaceutico, ho avuto la responsabilità rappresentativa/commerciale dei Paesi dell’area sud del Mediterraneo, dal Libano al Marocco e dell’Africa subsahariana francofona. Sono stato per oltre 15 anni, alternativamente, Vice-Presidente e Segretario Generale della Camera di commercio e industria tuniso-italiana (CTICI). Inoltre ho co-fondato, ricoprendo la funzione di Segretario Generale, la Camera di commercio per lo sviluppo delle relazioni euro-magrebine (CDREM). Attivo nel sociale ho fatto parte del Comitato degli Italiani all’estero (COMITES) di Algeri e Tunisi. Padre di Omar, giornalista, co-autore con Luigi Zoja del saggio “Nella mente di un terrorista (Einaudi 2017).

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