Referendum: Noi voteremo No

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Alla vigilia del Referendum Costituzionale del 25 e 26 giugno, con il quale i cittadini italiani saranno chiamati a votare la modifica della parte II della Costituzione, Flavio Lotti e Grazia Bellini, coordinatori nazionali della Tavola della pace hanno rilasciato una dichiarazione nella quale notano che "il referendum permette ai cittadini di annullare una riforma che intacca profondamente la Costituzione italiana. La vera questione in gioco non è tanto la cosiddetta devolution o il numero di deputati e senatori come demagogicamente viene detto. La vera questione è la concentrazione dei poteri nelle mani del Primo ministro. E' una riforma in senso autoritario che in pratica toglie alla Camera dei deputati ogni potere decisionale autonomo".

"E' una riforma che attacca l'unità nazionale e l'uguaglianza dei cittadini perché delega alle Regioni la competenza in ambiti fondamentali come la salute e l'istruzione" - sottolinea il comunicato. "E' una riforma costosa e dai tempi incerti che però chiede una conferma ai cittadini che renderebbe difficile ogni altra modifica in tempi brevi. E' una riforma che in realtà attacca la Costituzione e l'ordinamento democratico che il nostro paese si è dato, una riforma costruita per concentrare i poteri nelle mani del Primo ministro, esautorando Parlamento e Presidente della Repubblica con modalità del tutto estranee ai modelli delle democrazie europee.

E' una riforma che mira a trasformare radicalmente le radici del nostro Stato". "Siamo convinti che una tale trasformazione non possa essere frutto della elaborazione di una sola parte politica, ma debba essere generata da un processo condiviso che coinvolga le forze politiche di maggioranza e di opposizione, le autonomie locali, la società civile e tutto il popolo italiano" - concludono i coordinatori della Tavola della Pace.

E un lungo editoriale di Peacelink spiega che "solo il Parlamento rappresenta il popolo, non il Governo che è solo espressione della maggioranza parlamentare: Il sì al referendum stravolgerebbe questo sacro e fondamentale principio". "Si dice che la 'riforma' non toccherebbe la prima parte della Costituzione e non sarebbero perciò in questione i diritti dei cittadini. Si evidenzia, al contrario, un preciso rischio al riguardo. Per chiarirlo prendiamo un esempio, l'art. 13 (libertà personale) - spiega Andrea un giovane che frequenta giurisprudenza.

"Ora, il legislatore del 2005 ha proceduto alle sue 'riforme' in modo unilaterale, a maggioranza: per poter farlo ha creato una prassi basata sulla questione di fiducia. Si pone la fiducia (che, come noto, è un 'ricatto' del governo: o si approva la legge o si va in crisi, e magari si sciolgono le Camere) e il parlamento nemmeno discute, ma approva senza fiatare. Una simile prassi, in sostanza, permette al governo di fare direttamente la legge. Il parlamento si limita a sottoscrivere, con buona pace di tutte le riserve contenute nella prima parte della Carta costituzionale, che non sono poche e che stanno lì a garantirci. Il singolare meccanismo di 'fiducia' delineato dalla 'riforma' non fa che rafforzare questa tendenza. Altri due concetti: quello di Costituzione formale e quello di Costituzione materiale. Una cosa è il documento scritto, altro la sua attuazione. Non è detto che la Carta risolva i problemi una volta per tutte, anzi spesso, inevitabilmente, delinea un 'progetto' che il legislatore deve poi perseguire, attuando i valori costituzionali. Prendiamo un altro esempio, l'art. 3 (principio di uguaglianza).

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