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Quelli che amano Lampedusa
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“Quelli che amano Lampedusa” è lo slogan scritto nelle magliette vendute per finanziare l’Archivio Storico Lampedusa che non ha accesso a fondi pubblici ma trova le sue risorse soltanto nell’autotassazione privata e in qualche spicciolo da fund raising.
Si, perché quelli che amano Lampedusa non narrano solo l’isola come terra di migranti disperati, ong, aiuti umanitari con un papa che, finalmente, giusto un anno fa getta la corona di fiori a mare. Nulla di tutto ciò. I migranti che arrivano, solo con il mare calmo, vengono trasbordati in altri “Centri di accoglienza”. Nessuno li vede e nessuno li può avvicinare. Accade anche on line; i migranti sono scomparsi anche da bing e google immagini. I lampedusani, poi, ci convivono con gli sbarchi e rimangono calmi come il loro mare. Tutt’altro i cineoperatori che s’agitano a forza nove. Le TV sparano in prima serata barconi stracarichi e gommoni che affondano affiancando il nome dell’isola di Lampedusa accanto ad ogni disgrazia. Anche se la tragedia accade a poche miglia dalla Libia si tira in ballo l’isola. Ormai un cliché.
Quelli che amano Lampedusa cercano di narrare le spiagge più belle e le acque più cristalline al mondo; questo si, alla faccia dei paradisi caraibici e delle spiagge australiane. Non perché il dramma non esista; anzi. Perché non si vive di tragedie ma di bellezze naturali ed i giovani chiedono uno stop al reality show e gli albergatori son stanchi di ospitare soldati dell’esercito e personale di ong.
Il parroco, la sindaca sono infatti bombardati da tutti gli attori del “circo umanitario” che vogliono aiutare, dare una mano, salvare. Ma l’emergenza, quando c’è, è gestita da organizzazioni internazionali come l’Acnur o Save the Children e non certo da inesperte associazioni italiane che arrivano cariche di idee e oggetti per un’isola che si trova più vicina all’Africa che all’Europa. Non sono le cose materiali che i lampedusani chiedono ma vorrebbero persone, turisti, flussi che provino ad abitare l’isola fuori dal periodo estivo: a settembre l’acqua è calda ed ad ottobre si fa comodamente il bagno ed il cibo non è surgelato. Ad aprile, maggio e inizio giugno sbarcano gli invisibili ma non i turisti; pochi. Quelli che amano Lampedusa dovrebbero approfittare delle mezze stagioni per godersi l’isola oltre la folle corsa delle folle. Questo è l’obiettivo promosso da varie associazioni tra cui CTA – Centro Turistico Acli che è atterrato con il board nazionale all’insegna dell’ “I love Lampedusa“. Allungare la stagione. Creare flussi oltre le congestioni di luglio ed agosto che stipano le poche spiagge sabbiose.
Quelli che amano veramente Lampedusa sembrano essere i molti operatori del privato sociale che hanno a cuore il proprio territorio come Alternativa giovani, per esempio, che pulisce mare e spiagge e che ha fondato Radio Delta. Come Legambiente che ha una sede nel centro storico del paese e che, recentemente, assieme ad AITR (Associazione per il Turismo Responsabile) ha presentato una guida per un turismo umano e responsabile. Oppure l’Associazione Askavusa organizza, ormai da sei anni, il LampedusaInFestival e che ci aspetta dal 25 al 30 settembre prossimo, con un progetto per film makers al fine di rilanciare dialogo ed umanità in un mondo sempre più votato all’omologazione.
Un lavoro straordinario con le scuole locali lo sta facendo come detto all’inizio di questo pezzo dall’Archivio Storico Lampedusa. Narra di Ulisse che, nel tornare all’amata Itaca, si fermò a Lampedusa; ci parla di abitanti del Neolitico presenti nell’Isola; e ancora sono conservati su base religiosa che vedevano nell’Isola sorgere, nel rispetto reciproco, chiese e moschee. Ci narra di Ludovico Ariosto che nell’Orlando furioso ambienta sull’Isola battaglia di allora tra cristiani e saraceni. Oggi è candidata a “premio Nobel per la Pace”.
E poi, i lampedusani: 30% pesca e 70% turismo; nonostante il sacco archeologico e lo scempio ambientale di metri cubi fatiscenti che sorgono senza concessione edilizia i lampedusani sono solidali con i migranti da sempre, da secoli. Prima erano loro con il parroco ad occuparsene mentre oggi sono i professionisti laureati all’United Nations University. Convivono privi di regole e senza stress con una benzina a 2,35 euro al litro; la più cara d’Europa ed un parto a 20.000 euro comprensivo di viaggi aerei, visite, hotel, taxi, tickets ed esami. Nell’isola imperversa l’iniziativa privata a fianco dei fallimenti pubblici; ora la Giunta di Giusi Nicolini tenta di ricostruire credibilità alle istituzioni, risollevandole dalle macerie della precedente amministrazione ammanettata per concussione ma non necessariamente meno amata della presente.
In una delle porte del Comune sta scritto: “Quando ci fu l’alluvione a Firenze tutti presero badili e picconi. Da noi c’è la professione del terremotato ed in questo c’è tutta l’essenza del sicilianismo. Vedere lo Stato estraneo per precostituirsi un alibi, per scusare la propria inerzia, per fare i propri comodi”. Parole di Giovanni Falcone. Si inizia con l’acquistare un terreno; poi ci si mette sopra una casamatta con la scusa del ricovero attrezzi ed una tettoia per ripararsi dal sole cocente. Poi un tetto giusto per raccogliere l’acqua per il campo che si sta coltivando e così via sino ad avere una villetta vista mare. Il vicino non denuncia ed io non denuncio il vicino. A differenza di noi visitatori del “toccata e fuga” i lampedusani ci stanno nell’Isola anche quando i voli scarseggiano, l’acqua potabile tarda ad esser portata con la nave cisterna e l’aliscafo non si fa più vedere. E loro ci vivono con le chiavi sulla toppa di casa e sul cruscotto dell’auto; tanto, dove vuoi portarla.
Più sbarchi, più cattedrali nel deserto. Rai Cinema regala una sala tutta attrezzata ma nessuno la tiene aperta e, ad onor del vero, così almeno mi dicono, nessuno l’aveva nemmeno chiesta. Mancano fondi per il personale comunale ridotto all’osso e, quel poco che c’è, fugge dal Municipio in perfetto orario. In una piazzetta poco illuminata, a pochi metri dalla bellissima via Roma, tutte le sere vi sono dei giovani che rotolano spinelli e scolano birra incuranti del decoro. Le forze dell’ordine lo sanno ma, come per le concessioni edilizie, fanno finta di niente; non scendono dall’auto. Tu non disturbi e noi non disturbiamo.
Le telecamere rimangono accese sui migranti e non possono certo filmare le strade che attendono da decenni un nuovo asfalto, le case che nascono sui siti archeologici con il benestare della Sovrintendenza archeologica di Agrigento. Si; come accadde per la villa di Modugno affacciata sulla spiaggia dei conigli, la più bella al mondo, ove le tartarughe vengono a deporre le uova mentre l’Italia tutta cantava “O sole mio, sta in fronte a te”.