“Progetto Eleonora”? No, grazie!

Stampa

Belle le mie vacanze di quest’anno. Una scelta tra il consigliato, il casuale e il compatibile con le risorse e il tempo a disposizione, e con il bisogno totale di tranquillità e di staccare le comunicazioni con la mia vita regolare. Cellulare in borsa ma di fatto inesistente, internet chiuso nella sua rete. Destinazione la costa ovest della Sardegna, nella penisola del Sinis, a poche decine di Km da Oristano. Coste pressoché incontaminate e vuote (ma forse la fine dell’estate ha aiutato tal senso), mare per intenderci “caraibico” e numerose spiagge fatte di piccoli granelli di quarzo grandi come chicchi di riso, bianchi o colorati, lucidissimi o traslucidi. Un fenomeno unico nel suo genere che trae origine da un’erosione che va avanti da circa 600 milioni di anni di un vasto affioramento di roccia granitica della suggestiva Isola di Mal di Ventre, posta proprio dinanzi a quelle coste. Non a caso, quest’oasi ambientale di rara bellezza dal 1997 è protetta come Area marina Penisola del Sinis-Isola Mal di Ventre dal Comune di Cabras. Ma è l’intero ecosistema lagunare del Sinis a essere protetto, perché la caratteristica fondamentale di questo territorio è la ricchezza di stagni. Quello di Cabras innanzitutto, di ben 2200 ettari di estensione, ma anche gli stagni di Sa Màrdini, Mìstras, Sale ‘e Porcus, Is Benas che costituiscono il regno di fenicotteri e gabbiani, e accolgono tra le loro acque salmastre prelibate specie ittiche. Un esempio fra tutti, la famosa bottarga di muggine è prodotta interamente in queste terre, tanto da essere chiamata “l’oro di Cabras”, oltre all’altisonante definizione di “caviale del Mediterraneo”. Osservavo ciò che mi circondava e iniziavo a formulare nella mia testa l’elogio che avrei fatto a questo territorio nel mio prossimo articolo; nei primi giorni di vacanza non ho fatto caso a molto altro.

Certo passando a fianco allo stagno di Santa Giusta avevo notato un lenzuolo attaccato a un balcone che diceva “No al progetto Eleonora” ma che volete che pensassi se non a qualche simpatica forma di dialogo tra vicine di casa (di cui chiaramente una tal Eleonora) che magari discutevano circa il “progetto di irrigazione” delle proprie piantine sui rispettivi terrazzi. Sinceramente ho iniziato a pormi qualche domanda in più nel momento in cui ho costeggiato il Golfo di Oristano per un altro tratto verso Sud, incontrando la città di Arborèa. Una Latina sarda, mi son detta, e di certo il nome storico alla sua fondazione nel 1928 “Mussolinia di Sardegna”, quando è stata effettuata la bonifica del territorio, e il tipico impianto urbanistico ortogonale delle sue strada non lasciavano molto spazio all’immaginazione. Anche i sensi assopiti di una giornalista in vacanza si sono allora destati alla vista di decine di lenzuoli bianchi attaccati nel lungo vialone di accesso alla città e sui terrazzi delle case posti perfettamente a 90° lungo di esso: su tutti loro capeggiava la scritta in stampatello “NO AL PROGETTO ELEONORA”. Cos’è questo progetto di cui non ho mai sentito parlare: dovevo scoprirlo. L’assenza di uno smartphone sotto mano non ha aiutato in quel momento ma di certo le loquaci parole di alcuni locali sono subito venute in aiuto. Il Progetto Eleonora, presentato nel dicembre 2009 dalla Saras s.p.a. alla Regione Sardegna, prevede le ricerche di idrocarburi (gas e petrolio) sia per terra che per mare in un’area di circa 44.430 ettari all’interno della Provincia di Oristano, sostanzialmente nella parte centrale del suo Golfo a poche centinaia di metri dall’area protetta di S’Ena Arrubia (in base alla Convenzione Ramsar del 1971 a tutela delle zone umide).

Ovvia la mobilitazione di chi in quei territori ci abita e vive dei suoi frutti, perché parliamo di una zona che basa la propria economia sui prodotti ittici e, negli ultimi anni, su quell’apporto di turisti che le sue coste meravigliose (ma ancora “selvagge”) possono attrarre. Il Comitato civico “No al progetto Eleonora” si è mosso con un suo blog e con la sua pagina facebook, ma non è stato poi raro cogliere il fenicottero rosa con la maschera a gas, il loro logo, su diversi volantini di manifestazioni e incontri, appesi nei diversi minuscoli centri abitati della zona. Alle forti pressioni dell’opinione pubblica si è unita la pretesa di valutazione dell’impatto ambientale sul territorio, doverosamente richiesta dalla Regione Sardegna al corporate Saras. Una valutazione che è stata contestata a chiare lettere e norme di legge alla mano dall’associazione ecologista sarda Gruppo d’Intervento Giuridico. Calcando la mano sulle leggerezza con cui i tecnici del Saras valutano i danni ambientali del progetto nel loro documento, il Gruppo ad esempio riporta sul proprio sito. “Lo studio idrogeologico afferma che ‘con riferimento specifico al podere in cui verrà perforato il pozzo esplorativo, si è accertato che tutte le acque di corrivazione, che dovessero comunque interessare l’area, verrebbero drenate dai canali che circondano il podere, per essere poi disperse nella fascia dunare o scaricate nello stagno di S’Ena Arrubia attraverso il vicino impianto di sollevamento’. In estrema sintesi, qualsiasi certa fuoruscita di sostanze tossiche, come l’idrogeno solforato e il mercurio, qualsiasi eventuali perdite di idrocarburi che malauguratamente dovessero avvenire nel corso delle trivellazioni, dopo aver contaminato la falda idrica nel sottosuolo, saranno disperse nella fascia dunare o scaricate nello stagno di S’Ena Arrubia, con palese violazione degli obblighi di salvaguardia ambientale internazionalmente contratti”. Non solo della Convenzione Internazionale di Ramsar e della direttiva CEE per la tutela dei siti di importanza comunitaria (direttiva n. 92/43) ma anche delle norme italiane sul vincolo paesaggistico nonché quelle regionali di conservazione integrale del patrimonio demaniale e di destinazione della zona a riserva naturale.

L’attuazione del progetto di trivellazione è al momento sospesa; la raccolta di firme per dire no al progetto si intreccia con la consegna delle osservazioni presso il Servizio di Valutazione Impatto della Regione Sarda e mentre, tornata purtroppo a casa, continuo a lanciare uno sguardo alla pagina “luoghi comuni” del Comitato, mi pongo un’altra domanda. Quale bizzarro tentativo di omaggio al territorio avrà indotto i dirigenti del Saras a chiamare il progetto col nome della nota Eleonora d’Arborea, che governò il piccolo giudicato a cavallo del 1400?

Miriam Rossi

 

Ultime notizie

Cambiare fa bene!

23 Settembre 2025
La novità sarà grossa e importante: www.atlanteguerre.it si fonderà con www.unimondo.org. (Raffaele Crocco)

Blocchiamo tutto!

22 Settembre 2025
Con lo sciopero generale di oggi, al quale come testata aderiamo, l'Italia intera si ferma per Gaza.

Fumetti per la Pace, ecco il concorso Peace is Pop!

21 Settembre 2025
Atlante delle guerre e dei conflitti del Mondo, insieme al Piccolo Museo del Giocattolo, lanciano il contest "Peace is Pop! Fumetti per la Pace".

Mio fratello Ibrahim

20 Settembre 2025
Un pellegrinaggio sui campi da rugby italiani, con lo scopo di condividere e raccontare le capacità riabilitative, propedeutiche e inclusive della palla ovale. (Matthias Canapini) 

Il Punto - Si muore nel silenzio

19 Settembre 2025
I palestinesi sono soli, entriamo nel giorno 1.303 dall’invasione russa in Ucraina, e altrove, si muore nel silenzio dei media. (Raffaele Crocco)

Video

Serbia, arriva a Bruxelles la maratona di protesta di studenti per crollo alla stazione di Novi Sad