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Povertà in Italia: Caritas-Zancan denuncia la "logica perversa dell'assistenzialismo"
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La lotta alla povertà in Italia è stata in questi anni una "sconfitta" a causa di una "logica perversa di un assistenzialismo" che sta dando "risultati scarsi". E' la denuncia che emerge dal "Rapporto 2009 su povertà ed esclusione sociale in Italia" a cura di Caritas italiana e Fondazione Zancan, presentato ieri a Roma (qui le sintesi). Il IX Rapporto analizza i nuovi fenomeni di difficoltà economica che coinvolgono il nostro paese, a partire dai recenti sviluppi della crisi economico-finanziaria che interessa gran parte dei paesi a economia avanzata. In un anno sono aumentate del 20% le persone che a causa di difficoltà economiche chiedono aiuto ai centri di sostegno della Caritas, afferma il rapporto.
Tre fattori emergono con chiarezza. Innanzitutto risalta con particolare nitidezza lo squilibrio tra Nord e Sud Italia in termini di spesa e di interventi per l’assistenza sociale e, quindi, per la povertà. Il rapporto evidenzia infatti che nel Sud d’Italia la povertà è quattro-cinque volte maggiore rispetto al Nord, un divario che "non ha corrispondenti in Europa", neppure nei paesi caratterizzati da significative disparità territoriali.
Dall’analisi dei dati emerge un’altra anomalia tutta italiana: si spende di più per contrastare la povertà nelle regioni laddove ci sono meno poveri. Ad esempio il rapporto segnala che la regione che sostiene la spesa pro-capite più alta è il Trentino Alto Adige, proprio dove l’indice della povertà è inferiore alla media nazionale. Campania, Calabria e Basilicata invece presentano un indice di povertà elevato, ma la loro spesa pro-capite è al di sotto della media nazionale.
E, altra anomalia, è la scarsa efficacia degli interventi. "Anche quando s’investe per combattere la povertà, si tende a dare soldi piuttosto che fornire servizi durevoli nel tempo, piccoli benefici economici che sono solo un palliativo e non la soluzione al problema povertà". Il rapporto mette in evidenzia che "a fronte dei 192 milioni di euro spesi per la carta acquisti, l’abolizione dell’Ici e il bonus elettrico, solo 91 mila famiglie, su un milione, non sono più povere in senso assoluto". Dati che danno l’idea di "un’Italia che non sa affrontare la povertà come si dovrebbe, se si considera che altri paesi investono di più e con migliori risultati". In un confronto internazionale sugli effetti del sistema di tax benefit risulta che in Italia tale sistema riesce a ridurre la povertà delle famiglie con bambini solo dell’1,7% contro una media dei Paesi Ocse del 40% mentre in Francia tocca il 73% e in Danimarca si arriva all’80%.
In questa situazione chi ci rimette di più sono le famiglie povere o a rischio di impoverimento, "il cui numero è sensibilmente cresciuto a causa della crisi economica che attanaglia il Paese". Secondo le rilevazioni nei Centri di ascolto Caritas, ai quali nel 2007 si sono rivolte oltre 80mila persone (il 70,3% sono stranieri), il 7,7% del totale (5 mila famiglie) dichiara problemi di "reddito insufficiente rispetto alle normali esigenze della vita".
"Allo Stato va chiesto di attuare un Piano nazionale di contrasto alla povertà" - ha affermato il direttore della Caritas, mons. Vittorio Nozza nel suo intervento (in .pdf). "Tale importante azione legislativa non è stata mai implementata e nemmeno pianificata" - ha denunciato mons. Nozza. "Rispetto a tale attesa, l’attuale orientamento in senso federalistico delle politiche socio-assistenziali sta mutando il panorama legislativo di riferimento: sono le Regioni a rappresentare oggi il cuore di un possibile piano di lotta alla povertà".
Occorre, quindi, innanzitutto migliorare le attività di monitoraggio: "Esistono attività di monitoraggio, da cui si dovrebbe partire per analizzare i risultati raggiunti e per giudicarli, ma non sono sufficienti. Sperimentare nuove soluzioni di contrasto alla povertà significa anche verificare il loro impatto per dare di più e meglio, con la stessa quantità di risorse" - afferma il rapporto. Il Rapporto cita la vicenda degli assegni familiari: il valore complessivo di questa misura è considerevole se si conta che nel 2008 sono stati spesi 6.607 milioni di euro. Il beneficio finale è irrisorio: poco più di 10 euro al mese per ogni beneficiario. Un grande investimento per un piccolo risultato.
Caritas italiana e Fondazione Zancan presentano due proposte. Innanzitutto trasformare gli attuali trasferimenti monetari - o parte di essi - in servizi da erogare alle famiglie a basso reddito con figli, a titolo gratuito o con una significativa riduzione del costo di fruizione Oggi. ad esempio, la retta mensile per l’asilo nido può incidere dal 9% al 16% sul reddito di una famiglia composta da 4 persone. Una strada complementare è "negoziare e concertare politiche di diverso utilizzo del fondo per aumentarne il rendimento, riallocare le risorse ottenute, rafforzare la rete dei servizi per la famiglia, ridurre i loro costi, aumentando l’occupabilità nell’area dei servizi per la famiglia".
Un’ulteriore soluzione può essere quella di bonificare e semplificare i percorsi delle erogazioni monetarie. Un esempio è quello di fare della social card l’unico veicolo di immissione e utilizzo dei trasferimenti monetari, non solo pubblici (ai diversi livelli) ma derivanti anche dalla solidarietà privata. "Cosa impedirebbe che oltre allo Stato anche i comuni, i centri di ascolto delle Caritas, delle San Vincenzo... possano caricare soldi, veicolandoli in un unico contenitore?" - chiede il rapporto. È necessario aumentare la possibilità di controllo delle quantità monetarie immesse per meglio monitorare l’utilizzo di tali trasferimenti e verificare le condizioni di efficacia dell’aiuto prestato. "Mettere soldi nello stesso canale può significare meno perdite, meno sprechi, maggiore controllo e soprattutto maggiore aiuto" - afferma il rapporto.
"Dalla povertà non si esce da soli" - conclude il Rapporto. "Le proposte e le esperienze documentate nel Rapporto 2009 ci dicono che è possibile uscire dalla povertà e che oggi può essere un traguardo alla portata delle molte persone e famiglie che hanno interesse e necessità di uscirne". "Ai poveri - ha commentato mons. Nozza - va chiesto di non rassegnarsi a divenire oggetto di assistenzialismo ma anche, in alcuni casi, di uscire allo scoperto, di avere il coraggio di chiedere aiuto e sostegno". [GB]






