Politica Agricola Comune, il greening non piace a nessuno

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Ormai si è agli sgoccioli: dal 1 gennaio 2015 entrerà in vigore la nuova Politica Agricola Comune (PAC). Ed è già polemica: quasi tutti, dai Parlamentari europei al Commissario per l’Agricoltura e lo Sviluppo Rurale Phil Hogan, dagli Stati membri alle organizzazioni di settore, auspicano una revisione, se non di breve, almeno di medio termine. Tra le critiche vi è in particolare la questione della burocrazia: si ritiene infatti che la nuova politica sia estremamente complicata e ponga un enorme onere amministrativo sulle spalle degli agricoltori, causando non solo una perdita di tempo, ma di denaro, in quanto a domanda/azione sbagliata corrisponderebbe ovviamente la mancata ricezione del sostegno europeo.

Al momento, è particolarmente sotto attacco la misura del greening, o pagamento verde. Anche la nuova PAC è stata adattata all’impegno più generale dell’UE verso la tutela dell’ambiente e la lotta al cambiamento climatico, riconoscendo il ruolo fondamentale che l’agricoltura riveste nel perseguire questi obiettivi. Da qui l’introduzione del greening, ovvero di una componente rilevante nei pagamenti diretti (pari al 30% delle risorse nazionali per gli aiuti diretti – ved. Regolamento UE 1307/2013), che andrà a finanziare certe pratiche agricole obbligatorie benefiche per l’ambiente ed il clima.

Per poter beneficiare dell’importo per la componente di greening, l’agricoltore deve percepire il pagamento di base e attuare sull’intera superficie le seguenti tre pratiche agricole:

  1. diversificazione delle colture;
  2. mantenimento di pascoli e prati permanenti;
  3. presenza sulla superficie agricola di un’area di interesse ecologico

Sono esentati invece dall’attuazione di queste misure:

  • le aziende con superficie inferiore ai 10 ettari;
  • le aziende biologiche
  • le aziende che applicano pratiche equivalenti alle tre elencate;
  • inoltre, tali obblighi non si applicano alle colture permanenti ed alle colture arboree, ma solo alle superfici a seminativo.

Qualora un beneficiario non rispetti gli impegni del greening, è prevista una sanzione amministrativa (Regolamento UE n. 1306/2013) che consiste in una riduzione dell’importo dei pagamenti proporzionale alla gravità, alla portata, alla durata e alla ripetizione dell’inadempienza. Dopo un periodo di transizione (anni di domanda 2015 e 2016) in cui, relativamente al greeningl’importo delle sanzioni è zero, ai trasgressori recidivi si applicheranno riduzioni all’importo del pagamento per la componente greening non superiori al 20%, per l’anno di domanda 2017, e al 25%, a partire dall’anno di domanda 2018.

La quota che l’Italia dovrà riservare al greening è pari a circa 1,1 miliardi di euro all’anno, con un valore per ettaro calcolato attorno a 90 euro. Inoltre, l’Italia ha deciso di applicare il greening in modo proporzionale al valore dei diritti all’aiuto assegnati individualmente a ciascun agricoltore (premio base).

Come già evidente da questa breve panoramica, gli impegni per gli agricoltori non saranno da poco. Ecco perché i coordinatori dei maggiori gruppi politici della commissione AGRI del Parlamento Europeo – De Castro (S&D), Dess (PPE), Nicholson (ECR) e Rohde (ALDE) – hanno inviato una lettera al Commissario Hogan chiedendo di posticipare al 2016 l’entrata in vigore delgreening. Secondo gli europarlamentari, infatti, gli Stati membri, e di conseguenza gli stessi agricoltori, non hanno ancora chiare le modalità di applicazione. Tuttavia il Commissario ha per ora escluso un posticipo dell’applicazione del greening: sebbene al contempo abbia dichiarato di volersi impegnare per una semplificazione della PAC, che lui stesso giudica troppo burocratica, si è detto non ancora pronto a mettere le mani su una politica che non è ancora entrata in vigore e che – non dimentichiamo – è stata votata ed approvata tanto dal Consiglio, quanto dal Parlamento.

Non solo l’eccessivo carico burocratico: alle misure di greening della nuova PAC viene anche imputata una dubbia efficacia e una difficile applicazione. Già nel febbraio 2014 lo stesso Ministero per le Politiche Agricole italiano l’aveva giudicata come «la risultante di una serie di opzioni varate in modo frettoloso e provvisorio»: tra le critiche, ad esempio, la scelta della diversificazione della culture, anziché della rotazione, in quanto il primo metodo non garantisce che la stessa coltura non venga coltivata nuovamente sulla stessa particella di terreno.

Una PAC che non piace a nessuno, ma a cui volenti o nolenti da gennaio gli agricoltori dovranno adattarsi.

Valentina Ferrara da Rivistaeuropae.eu

Questa pubblicazione è stata riprodotta con il contributo dell'Unione Europea, nel quadro dei programmi di comunicazione del Parlamento Europeo. La responsabilità sui contenuti di questa pubblicazione è di Unimondo.org e non riflette in alcun modo l'opinione dell'Unione Europea. Vedi la pagina del progetto  BeEU - 8 Media outlets for 1 Parliament 

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