Più diritti alle donne per far fiorire il deserto

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Marzo 2006, Pechino. La superpotente Cina sfida il deserto. Per riconquistare un quinto della sua superficie ricostruisce una muraglia verde. Servirà a fermare l'avanzata dei deserti e ristabilire agricoltura e verdi pascoli. Secondo il governo cinese 500 mila chilometri quadrati possono tornare all'uomo entro il 2020. Sarà l'azione di riforestazione più grande della storia sostenuta con un finanziamento alla ricerca per diffondere fonti alternative d'energia. Il tutto basato su esperimenti scientifici decennali che rendono possibile la "nuova creazione".

Un'azione imperiale che però non convince né gli ambientalisti né le Nazioni Unite. Dopo mezzo secolo di megaprogetti e microrisultati, il Palazzo di Vetro è ormai consapevole della necessità di percorsi che passino dalla condivisione dei processi con le popolazioni locali all'assunzione di responsabilità comuni e soprattutto dalla formazione di base. In una parola da una nuova "alfabetizzazione ambientale", soprattutto delle ragazze. Inaugurando il 2006 come "Anno Internazionale dei Deserti e della Desertificazione", il Segretario Generale dell'Onu Kofi Annan ha infatti ricordato che nelle aree agricole caratterizzate da carenza d'acqua sono le donne che per tradizione dedicano le loro energie e il loro tempo alla terra. Formano quasi il 70 per cento della mano d'opera agricola che realizza tra il 60 e l'80 per cento della produzione alimentare totale. Lavorano con risorse naturali e commercializzano direttamente i loro prodotti.

Le donne che abitano le aree affette da siccità vivono in condizioni di estrema povertà e, nonostante la loro esperienza secolare, possono far poco di fronte al crescente degrado ambientale. La Convenzione delle Nazioni Unite sulla desertificazione e siccità sottolinea il ruolo chiave che queste donne assumono nell'esecuzione delle linee guida proposte dalla convenzione. Ma nota anche che, troppo spesso, le donne sono escluse dalla gestione dei progetti di conservazione e sviluppo della terra e da tutti i processi decisionali: la proprietà ed i poteri rimangono infatti, nella gran parte, in mano alla componente maschile della popolazione.

La desertificazione minaccia ciò che la donna protegge: la salute e la vita di oltre un miliardo di persone. Ogni anno, la desertificazione e la siccità causano una perdita di produzione alimentare del valore di 42 miliardi di dollari. Meno pane per i figli, meno legna per cucinare, meno prospettive di vita. Non è un caso, allora, che i segnali di maggior successo si siano manifestati soprattutto nei paesi dove le donne hanno potuto avere accesso alla proprietà terriera e ai processi decisionali che ne riguardano la gestione. Per il Palazzo di vetro i "diritti delle donne" sono in stretta relazione con il diritto ad un ambiente sano e all'acqua potabile.

Oggi è l'Asia il continente al mondo con meno disponibilità d'acqua potabile per persona. Segnata anch'essa dall'equazione meno alberi - meno piogge - meno acqua. Ma il problema ha ormai raggiunto dimensioni planetarie: "Attualmente un sesto della popolazione mondiale non ha l'acqua e se non si interviene presto rischiamo che in pochi decenni un terzo della popolazione del mondo ne soffra la cronica mancanza" - ha detto Klaus Topfer, responsabile del programmi per l'Ambiente delle Nazioni Unite. La quantità e la qualità dell'acqua disponibile si presentano quindi come due dei principali problemi mondiali del secolo da poco iniziato.

In Cina si trovano 16 delle 20 città più inquinate al mondo e le foto dal satellite ne sono prova. La crescita in pochi anni di 11 mila industrie chimiche sulle rive del fiume Giallo e dello Yangtze posizionano la "fabbrica del mondo" come lo stato che consuma più acqua e produce più liquami non trattati al mondo. Gli ambientalisti avvertono che l'Asia, un agglomerato di subcontinenti che crescono a ritmi vertiginosi, potrebbe pagare un prezzo davvero altissimo se continua a ripete l'errore già fatto dai Paesi occidentali: prima l'industrializzazione e poi l'ambiente.

Occorre cambiare registro. E per farlo serve una svolta epocale, rivoluzionaria e nonviolenta, quasi genetica. Che cominci con l'istruzione. Soprattutto in quei Paesi che sono stati privati del "privato" per decenni e che, per reazione, accolgono ora ogni proposta d'investimento senza regole quasi come una benedizione dal cielo. Una cultura, quest'ultima, alla quale si oppone Vandana Shiva che insiste invece sulla necessità di una nuova sovranità sui propri territori basata sui propri saperi. Che, guarda caso, sono già stati capaci di far fiorire il deserto. Anche di mimose.

Fabio Pipinato

LA SCHEDA

What/Cosa:
Nonostante sia spesso percepito come un fatto "naturale" che riguarda solo i Paesi del Sud del mondo, l'avanzare dei deserti, o desertificazione, è un processo di degradazione ambientale causato da fattori umani e dai cambiamenti climatici che comporta la perdita di produttività biologica della terra. Tocca l'esistenza di più di un miliardo di persone e, come afferma Kofi Annan "ha conseguenze devastanti in termini di costi sociali ed economici" e ha un impatto diretto sulla sicurezza e la stabilità di diversi Paesi. Di fatto desertificazione e siccità causano una perdita di produzione alimentare del valore di 42 miliardi di dollari all'anno e più di 250 milioni di persone ne sono direttamente colpite.

When/Quando:
Adottando nel 1994 la "Convenzione per combattere la desertificazione e siccità" le Nazioni Unite sottolineano che la desertificazione al pari dei cambiamenti climatici e della biodiversità pone una sfida globale ma, a differenza di questi, riceve ancora troppo poca attenzione perché le sue implicazioni non sono state ancora comprese dall'opinione pubblica internazionale. Per questo il 2006 è stato proclamato "Anno internazionale dei deserti e della desertificazione": va messa rilievo anche la relazione del fenomeno con diversi problemi tra cui la povertà nelle zone rurali del pianeta e particolarmente in Africa. Non va dimenticato, infine, se la desertificazione pone un problema, i deserti costituiscono invece un ecosistema con un habitat naturale dove per secoli sono vissute popolazioni tra le più antiche della terra.

Who/Chi:
Per raggiungere gli obiettivi definiti dalla Convenzione internazionale, l'Onu ha richiesto la collaborazione tra le diverse agenzie (UNEP, UNDP e IFAD) e incoraggia governi, enti e associazioni a promuovere quest'anno iniziative specifiche. Nei giorni scorsi 38 milioni di euro per tutelare 180 mila chilometri quadrati di patrimonio forestale nell'Africa Centrale sono stati stanziati dalla Commissione per incrementare i fondi del programma Ecofac (piano d'azione per la conservazione delle foreste tropicali umide del continente africano). La superficie coperta dal programma rappresenta circa la metà del patrimonio forestale della regione e costituisce il secondo polmone verde mondiale dopo la foresta amazzonica. La conservazione del patrimonio boschivo è cruciale per la sopravvivenza di una popolazione di oltre 65 milioni di individui. [GB]

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