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Più argilla, meno plastica!
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Artigianato, oculatezza nei consumi, lotta all’obsolescenza: tre modi diversi, o forse tre letture dello stesso intento, cioè quello di raccontare un progetto nato per sensibilizzare all’utilizzo di materiali che durano nel tempo e valorizzano tradizioni, rispetto per il lavoro e tutela dell’ambiente. “More clay less plastic”, “Più argilla, meno plastica” è un movimento nato qualche anno fa dall’idea di Lauren Moreira, brasiliana che vive in Italia dal 1990. Obiettivi? Invitare le persone a ripensare i loro utensili quotidiani, a sostituire la plastica con materiali più sostenibili e riciclabili e a trovare sui propri territori artigiani il cui lavoro vada in questa direzione. Lauren è una di loro: un piccolo studio in Friuli come ceramista, una delle quasi 4500 imprese italiane, con più di 53 mila addetti: qui Lauren si dedica più che altro all’insegnamento, organizzando laboratori e incontri nelle scuole, nei centri di salute mentale e nelle realtà del mondo dell’associazionismo. Un lavoro nato da una laurea in archittettura conseguita in Brasile ma non riconosciuta in Italia e da una passione per la ceramica che è diventata l’occupazione principale.
Modernità, progresso, costi ridotti: la plastica non ha soppiantato solo lo scolapasta diventato simbolo del progetto, ma ha sostituito moltissimi oggetti di uso quotidiano (ciotole, zuppiere, tazze per esempio) che un tempo venivano prodotti in materiali decisamente più sostenibili. Dagli anni Sessanta in poi la plastica ha rivestito un’importanza crescente nelle nostre economie: una diffusione in vertiginoso aumento (20 volte ad oggi, trend in crescita), tanto che la Commissione europea ha elaborato, a inizio 2018, un documento che ripensa proprio il ruolo della plastica in un’economia circolare. E l’Europa genera quasi 26 milioni di tonnellate di rifiuti in plastica ogni anno, di cui se ne ricicla meno del 30%. Dove finisce il resto? Per la maggior parte nell’oceano, con le conseguenze tragiche di cui spesso anche Unimondo vi ha parlato: inquinamento dei litorali, correnti che creano vere e proprie isole di plastica in mezzo al mare, decesso della fauna marina et similia.
“More clay, less plastic” è un tentativo – ben riuscito, vista la rete internazionale che si è costituita, anche grazie ai social network, intorno a questo progetto – di riunire ceramisti professionisti, appassionati e persone comuni intorno a buone pratiche di (ri)conversione di oggetti funzionali dalla plastica alla terracotta, promuovendone scambio, riuso, diffusione. Un gruppo che conta quasi 6000 membri in tutto il mondo che condividono un pensiero in particolare: l’artigianato riporta a una dimensione umana, non solo per la filiera corta che costruisce, ma anche perché recupera antiche tradizioni nell’originalità e nella creatività dell’arte e delle storie che racconta. Come quella del paese di Nove, in provincia di Vicenza, che su 5 mila abitanti conta ben 79 ditte ceramiche, metà delle quali sono aziende storiche del territorio.
Dal 1990 l’Italia ha una legge che tutela la tradizione artistica della ceramica (legge 188/90), a fondamento di quella che è l’Associazione italiana Città della Ceramica (AiCC), che riunisce città riconosciute (ad oggi 40) dal Ministero e nasce per valorizzare la produzione artigianale e per riconoscerla, solo qualche anno dopo, con la creazione del marchio ‘Ceramica artistica e tradizionale’. L’associazione si inserisce nella rete europea di AEuCC (Gruppo europeo di cooperazione territoriale delle Città della Ceramica) che riunisce 130 città di 8 diversi Paesi. Alleanze nazionali e transnazionali, che uniscono punti di vista diversi non solo artistici e artigianali, ma anche museologici e scientifici per rafforzare sul mercato internazionale la competitività di un prodotto green che valorizza cultura, expertise e sostenibilità... La sostenibilità dei cocci che, come scrive Luigi Meneghello, “preservano con tanta forza la memoria scheggiata di ciò che è stato, quasi i semi di una realtà che non c’è più, ma che partendo da essi si può ricostruire”.
Anna Molinari

Giornalista freelance e formatrice, laureata in Scienze filosofiche, collabora con diverse realtà sui temi della comunicazione ambientale. Gestisce il progetto indipendente www.ecoselvatica.it per la divulgazione filosofica in natura attraverso laboratori e approfondimenti. È istruttrice CSEN di Forest Bathing. Ha pubblicato i libri Ventodentro (2020) e Come perla in conchiglia (2024). Per la testata si occupa principalmente di tematiche legate a fauna selvatica, aree protette e tutela del territorio e delle comunità locali.