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Pax Christi: sì ai cappellani militari, ma senza stellette
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"Sì ai cappellani militari, ma a condizione che essi siano senza stellette e dediti al servizio pastorale, come avviene nella polizia e nelle carceri": è la posizione che Pax Christi torna a proporre e difendere in una lettera che il suo coordinatore nazionale don Fabio Corazzina ha scritto a Famiglia Cristiana dopo che nelle scorse settimane lo stesso settimanale aveva dato ampio spazio ad un'intervista all'arcivescovo ordinario militare d'Italia, Mons. Bagnasco.
"Pax Christi - si legge nella lettera di don Corazzina pubblicata sul nuovo numero del settimanale dei Paolini - da tempo, ha sollevato la "questione" dei cappellani militari. A Barbiana il 26 giugno 1997, in occasione del 30mo anniversario della morte di don Lorenzo Milani, Pax Christi rilanciava questa scelta: "Senza far uso strumentale della storia, senza intenti di polemica fine a se stessa, Pax Christi chiede, nuovamente, che si ritorni a discutere sul ruolo dei cappellani militari, non per togliere valore alla presenza e all'annuncio cristiano tra quanti, soprattutto giovani, stanno vivendo la vita militare, ma per essere più liberi, senza privilegi e senza stellette". "Ci sembra che le stesse cose si possano e si debbano ripetere ancora oggi, anche alla luce dei cambiamenti avvenuti, come l'abolizione della leva obbligatoria, la professionalizzazione dell'esercito composto da volontari, il coinvolgimento dei soldati italiani in vari territori di guerra, i nuovi e sempre più micidiali sistemi d'arma utilizzati e in fase di studio".
Tra i punti sottolineati da Pax Christi c'è quello della credibilità dell'annucio: "Non c'è il rischio che anche il Vangelo venga "arruolato" come si è detto per i giornalisti? Arruolato per vedere e giustificare la storia dalla parte dei forti, non delle vittime, soprattutto civili. Arruolato per giustificare e benedire violenza e morte. Come si può - si chiede ancora don Corazzina - coniugare la "via militare alle Beatitudini" e "il militare cristiano che porta le armi e sa di poter essere costretto ad usarle" pur sapendo "che la sua vita è inserita nello spirito delle Beatitudini che gli conferisce il ruolo di "operatore di pace" con quanto è scritto nei 'Lineamenti di sviluppo delle Forze Armate negli anni '90, documento presentato in Parlamento nell'ottobre del 1991? Lì si parla di "concetti strategici di difesa degli interessi vitali ovunque minacciati o compromessi". Come tacere la condanna a questi lineamenti che hanno dato il via alla teoria della "guerra preventiva"? Guardando all'Iraq o all'Afghanistan, come è possibile coniugare ancora umanitario e militare?".
E poi la conclusione: "Perchè non scegliere anche per i Cappellani nell'esercito un ruolo di presenza sul modello della Polizia di Stato o degli Istituti Penitenziali, dove i Cappellani non sono inquadrati nella struttura? Insomma, un ministero di accompagnamento spirituale ma libero dalle stellette, libero anche dal lauto stipendio e dai privilegi dovuti al fatto che si è parte della gerarchia militare. Un ordinario militare "generale" forse è un po' troppo! Perchè allora non tornare ad essere preti come gli altri, inseriti in una Diocesi come le altre? Perchè non affidare la cura pastorale dei militari alla parrocchia nel cui territorio sorge la caserma?". [GB]