Palestina: elezioni a suspence, Israele espelle testimoni

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I palestinesi di Gerusalemme Est potranno votare alle elezioni legislative palestinesi previste per il 25 gennaio. Secondo la decisione del governo israeliano, i palestinesi del settore arabo della città santa voteranno negli uffici postali oppure potranno recarsi in località vicine, come Abu Dis, che dista un paio di chilometri dal centro di Gerusalemme e che è esterna ai confini municipali. Secondo la stampa israeliana, a Gerusalemme est gli elettori non troveranno a loro disposizione le schede della lista di Hamas, ma potranno portarle da casa. Infatti i ministri hanno approvato una proposta del premier Olmert, in base alla quale i membri del movimento integralista Hamas "non avranno accesso in città, né potranno svolgervi propaganda elettorale". Il divieto imposto ha subito prodotto i suoi effetti: domenica mattina la polizia israeliana ha infatti arrestato proprio a Gerusalemme Est sei membri del gruppo radicale palestinese, tre dei quali candidati all'imminente consultazione, che stavano cercando di aggirare la proibizione di fare campagna elettorale. Gli arresti sono stati effettuati nella Città Vecchia. Tra i tre candidati finiti in manette c'è lo sceicco Mohammed Abu Tir, numero due della lista di Hamas per Gerusalemme.

Le cruciali elezioni politiche palestinesi si preannunciano a forte suspence. In gara ci sono il movimento Al Fatah del presidente Abu Mazen e gli integralisti di Hamas. Un sondaggio reso pubblico a 10 giorni dal voto, dall'università Bir Zeit conferma che il distacco nelle intenzioni di voto fra il partito per anni egemone nella politica palestinese e il movimento islamista si è fortemente ridotto. Il 35% dei palestinesi afferma di voler votare per il Fatah, il 30% per Hamas. Il precedente sondaggio pubblicato da Bir Zeit un mese fa attribuiva al Fatah il 36,7% delle intenzioni di voto, contro il 20,6% a Hamas. Restano ancora in molti gli indecisi: il 21% che sempre secondo il sondaggio sarebbero tentati al 30% da Hamas e al 24% dal Fatah.

Il distacco così si renderebbe ancora più esiguo. Sono dati certamente inquietanti per il partito di Abu Mazen. Sembra però improbabile che uno dei due grandi contendenti ottenga la maggioranza assoluta in parlamento. Il prossimo governo palestinese sarà dunque molto probabilmente di coalizione: forse fra Fatah e Hamas, forse fra il partito del presidente e il movimento Palestina Indipendente di Mustafa Barghuti, cui il sondaggio promette il 6-7% dei voti, con l'appoggio di uno o più piccoli raggruppamenti.

Tornando all'attività meno istituzionale si scopre che mercoledì 21 dicembre, il pacifista nonviolento Vittorio Arrigoni è stato espulso da Israele. Sapeva che avrebbe avuto problemi all'ingresso in Israele ed era determinato ad affrontarli. Era già stato in Palestina tre volte e l'ultimo tentativo - lo scorso aprile - era andato male. Aveva messo in conto, Vittorio, che poteva essere bloccato di nuovo ed arrestato con due "compagni di sventura". loro avevano già dichiarato che non intendevano lasciarsi espellere dal paese senza prima comparire davanti alla Corte. All'arrivo dei poliziotti, hanno opposto resistenza passiva e chiesto di contattare il loro avvocato. "A questo punto - racconta Vittorio - i poliziotti ci hanno urlato che erano autorizzato a portarlo via con la violenza. Nel momento in cui i poliziotti provavano ad afferrarlo, io mi sono interposto fra lui e loro, richiedendo a gran voce il mio diritto di contattare il consolato italiano. La risposta è stata una ginocchiata ai testicoli. Hanno cercato, ammanettandomi un polso, di trascinarmi via e io ho cercato di impedirglielo con tutte le mie forze, in modo nonviolento". La risposta degli agenti (sette) sono stati calci e pugni. Spiega Vittorio: "Prima, durante e dopo l'"incidente" ho continuamente richiesto di contattare il mio avvocato e il consolato italiano, ma senza esito".

Non è stata l'unica violazione dei suoi diritti: gli sono stati requisiti i medicinali per la cardiopatia, per due giorni ha subito privazioni di cibo, nella cella è stato spento il riscaldamento. Non ha potuto lavarsi né cambiarsi. "Dopo il pestaggio è stata dura: sono rimasto due giorni sulla branda, sotto le coperte, coi vestiti incrostati di sangue. Non mi facevano contattare nessuno. Eppure, non ero incriminato di nulla!". Dopo i duri giorni in isolamento, martedì 27 Vittorio e i suoi compagni di viaggio sono comparsi davanti alla Corte israeliana: "Ma la sentenza era già scritta". Nella sentenza, il giudice dice che "sono giunte informazioni da due paesi", in base alle quali Vittorio e gli altri vengono identificati come membri attivi di una rete internazionale radicale vicina agli anarchici. "Non ho mia avuto a che fare nella mia vita con movimenti anarchici - spiega sorpreso il giovane - e comunque abbracciare un ideologia anarchica non mi risulta essere un crimine. Io vivo un vita tranquilla, non svolgo alcuna attività politica qui in Italia, se si esclude la gestione di un blog. "È evidente che dietro a tutto ciò c'è il tentativo di eliminare la presenza di internazionali e il loro ruolo di testimoni e garanti dei diritti umani" commenta Vittorio che non si dà per vinto visto che "tra un anno le informazioni utilizzate dal giudice per rifiutare il nostro ricorso non varranno più". [AT]

Fonte: Carta, Pace in Medio Oriente

Approfondimento: Campagna Europea per una risoluzione nonviolenta del conflitto israelo-palestinese

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