Palestina: Pax Christi, finto il 'disimpegno' di Israele

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Mentre la stampa di tutto il mondo sembra applaudire allo sgombero delle colonie israeliane dalla Striscia di Gaza come a uno storico passo verso la pace e l'opinione pubblica nazionale e internazionale considera soltanto la necessità di rivalutare la figura di Sharon e l'operato del suo governo, il gruppo di giovani che su proposta e coordinamento di Pax Christi Italia sta percorrendo le strade di Israele e Palestina si è accorto che la realtà dice anche altro. "La realtà - nascosta dai media, ma drammaticamente presente nella vita quotidiana di ogni palestinese - e' quella che stiamo vedendo in questi giorni: la costruzione ingiusta e illegale di un muro che continua a ritmi vertiginosi, imprigionando interi villaggi. Un muro che in realtà imprigiona entrambi i popoli. E Gaza? Gli abitanti di Hebron, Bilimn, Al Tuwani (città e villaggi della West Bank) ci testimoniano che molti dei coloni sgomberati da Gaza si stanno reinsediando in Cisgiordania, occupando altri territori palestinesi".

I media israeliani riportano che 500 coloni saranno trasferiti ad Ariel (la più grande colonia in Cisgiordania), 51 famiglie a Ma'ale Adummim (alle porte di Gerusalemme) e altri ad Ofra (vicino a Ramallah). "Ci sembra di poter parlare, più che di un "disimpegno" da Gaza, di una semplice "ridistribuzione" dei coloni. Tutto questo in Cisgiordania, mentre la "Striscia liberata" rimane sotto il controllo militare di Israele. "Gaza rimane sotto occupazione - dice monsignor Michel Sabbah, patriarca latino di Gerusalemme e presidente internazionale di Pax Christi - come una grande prigione a cielo aperto. A meno che in futuro i confini non siano posti sotto un controllo internazionale" (Gerusalemme, 26 agosto 2005). La Striscia attualmente é circondata da ogni lato da soldati israeliani che controllano entrate e uscite: il controllo dei cieli è appannaggio di Israele, i porti sono in mano agli ex-occupanti, servizi come acqua, luce, posta, gas e telefono dipendono dalla incerta generosità delle autorità israeliane. Ora sta tornando un senso di liberazione ma rimangono i problemi economici di un territorio angusto dove vivono oltre un milione e 200mila persone, dove la disoccupazione è la norma.

Anche la proprietà della terra è un problema: sottratta negli scorsi decenni ai palestinesi, ora sarà difficile far ritornare ai legittimi proprietari. "C'è gente che ha perso la terra poco meno di 40 anni fa, molti sono morti e ci sono problemi di eredità", ha fatto notare padre Manuel Musallem, l'unico parroco cattolico di Gaza. A preoccupare di più, è il fatto che Gaza possa diventare una specie di isola, chiusa al mondo o meglio, una sorta di carcere a cielo aperto. Lo avevano denunciato, nella primavera scorsa, quelli di Btselem, un'associazione israeliana di difesa dei diritti umani e civili.

Nel rapporto 'One Big Prison' si denuncia che Gaza rimarrà non soltanto isolata da Israele, ma avrà serissime difficoltà a essere collegata con l'Egitto lungo il suo confine meridionale, unico possibile sbocco economico e commerciale. Soprattutto, la Striscia resterà staccata dalla Cisgiordania, in violazione di quello che prevedevano gli accordi di Oslo: che Gaza e Cisgiordania, cioè, fossero entrambe parti costitutive del futuro Stato palestinese. Dunque, necessariamente unite. "Di quello che Israele farà in futuro, però, si sa ancora poco o nulla". [AT]

Altre fonti: Btselem

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