Palestina: Gaza, svuotati gli ultimi insediamenti

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"E la fine delle colonie del Gush Kati" titola in prima pagina il Jerusalem Post. Ormai è chiaro che per i coloni della Striscia di Gaza non c'è più alcuna speranza di fermare lo storico ritiro voluto dal premier Ariel Sharon. Al terzo giorno delle operazioni di evacuazione forzata, 17 delle 21 colonie della Striscia - fra cui i principali bastioni degli oltranzisti - sono deserte. Oggi è caduta anche Gadid, la colonia satellite della capitale Nevè Dekalim, in cui hanno cercato di resistere oltre 200 giovani estremisti barricandosi, secondo lo stesso copione di quasi tutte le altre colonie, nella sinagoga da dove sono stati espulsi dai soldati e poliziotti. I veri coloni, nonostante la disperazione, sono andati via, come avevano promesso, e come è avvenuto in tutti gli altri insediamenti, senza alcuna violenza. La loro è stata essenzialmente una lotta di immagine. Hanno cercato di convincere gli israeliani di essere elementi più che positivi della società israeliana, pionieri capaci ed estrosi, dedito allo studio e alla educazione, colpevoli solo di aver tenuto alta la bandiera israeliana e di aver stretto i denti anche sotto al fuoco costante dei mortai palestinesi. Seimila colpi, in cinque anni. Eppure la auspicata ondata di indignazione per il loro sgombero nella popolazione israeliana non c'è stata.

La lotta violenta è stata ingaggiata da un altro gruppo: quello dei giovani militanti di estrema destra che operano in una zona politicamente amorfa di cui fanno parte il movimento di estrema destra (ufficialmente disciolto) del Kach, i nazionalisti messianici di Chabbad e di Breslav, i "Giovani delle colline" protagonisti di assalti ai contadini palestinesi in Cisgiordania. A differenza del movimento dei coloni che trova alcuni consensi negli uffici governativi, questi giovani esasperati vivono ai margini della stessa società dei coloni. In questi giorni sono stati loro i protagonisti degli episodi più violenti. In questi ambienti rischia adesso di maturare un fenomeno ancora più grave: quello del terrorismo anti-arabo. In due settimane, due terroristi ebrei (ancora senza bandiera, senza un gruppo di sostegno) hanno estratto le armi e ucciso complessivamente otto arabi: quattro in Galilea e quattro in Cisgiordania. Sharon intuisce la gravità del pericolo. Ho dato ordine a Yuval Diskin (il capo dello Shin Bet, il servizio di sicurezza interna) di non lesinare sforzi per combattere questi elementi".

Sharon ha duramente condannato gli episodi di violenza registrati a Kfar Darom, dove giovani estremisti esterni alle colonie di Gaza, si sono scontrati sul tetto della sinagoga con le forze di sicurezza, gettando loro anche dell' acido. Sharon ha parlato di atti "criminali" perpetrati da una "banda di selvaggi", e ha detto anche di provare "un profondo dolore" davanti alle sofferenze dei coloni costretti a lasciare le loro case. "È stata una delle giornate più dure della mia vita pubblica" ha confessato. "Eppure - ha aggiunto - (il ritiro da Gaza) è importante per Israele". Tutto Israele è vicino alle forze di sicurezza. Un senso generale di orgoglio si è diffuso nello Stato ebraico in seguito alla grande prova di autocontrollo ostentata in questi giorni nella striscia di Gaza da decine di migliaia di soldati e di agenti di polizia impegnati in un confronto senza precedenti con migliaia di coloni che hanno lottato per impedire il loro sgombero in massa. I soldati e gli agenti di Israele sono rimasti impassibili anche quando i coloni hanno lanciato loro il vituperio più orrendo: quello di "nazisti". Hanno manifestato pazienza e comprensione quando le famiglie dei coloni, nella incombenza della evacuazione, hanno implorato "ancora qualche ora di grazia". Hanno aspettato tranquillamente che nelle sinagoghe assediate i fedeli recitassero tutte le preghiere del mattino, poi consumassero la colazione, poi recitassero le preghiere dei defunti, quindi consumassero il pasto e quindi si immergessero anche nelle preghiere del primo pomeriggio. Gli ordini erano chiari: in questa operazione il rispetto dei tempi, non contava. Contava invece, e molto, che lo sgombero avvenisse senza inutili spargimenti di sangue.

Adesso si organizza il doloroso insediamento dei coloni in Israele. Il governo ha previsto per molti coloni sfollati una sistemazione provvisoria in albergo a Gerusalemme e in diverse altre città del paese. Un sondaggio condotto fra i coloni del Gush Katif in corso di evacuazione negli ultimi giorni, pubblicato oggi dal Jerusalem Post, rileva che il 54% confessa di avere incubi ricorrenti, a causa dell'evacuazione e della paura del domani. Il 70% afferma di ritenere di avere perso il controllo della propria vita. Ma la cosa che più sorregge gli espulsi dal Gush Katif è la speranza di riuscire a ricostituire da qualche parte in Israele la comunità che si era formata nella loro colonia.

di Maurizio Debanne

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