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Pachuca, Messico: il quartiere dei colori
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In un recente viaggio in Messico sono approdato in una cittá di nome Pachuca de Soto, che ai piu risulterá sconosciuta, comprensibilmente, ma che mi ha affascinato per una vicenda piuttosto singolare, e per molti versi radicalmente latina. Capitale dello stato di Hidalgo, a 2 ore a nord da Cittá del Messico, Pachuca é soprannominata la “Bella Airosa” o la Fidanzata del Vento, per la moltitudine di correnti d’aria che soffiano da nord-est durante tutto l’anno, regalando un clima mite e gradevole. La zona é anche famosa per le ricche miniere di metalli preziosi, che attirarono una nutrita folla di immigranti inglesi sul finire del ‘800 (e da cui si ereditarono passioni quali il calcio, il tennis o il golf), e la Barbacoa, specialitá culinaria a base di montone.
Una cosa, però, su tutte, mi ha letteralmente stregato lo sguardo: il murales di Las Palmitas. Attenzione, non una semplice pittura urbana, bensí il piú grande, maestoso, sfolgorante murales di cui sia stato testimone! Un autentico arcobaleno di colori che si sviluppa tridimensionalmente sulle pareti delle case di un intero quartiere, riqualificandolo come una sorta di parco di intrattenimento. Un tenero abbaglio, una carezza alle pupille dei visitatori che poco a poco hanno iniziato a mostrare interesse verso l’opera.
Ero su un taxi diretto verso il centro storico, al tramonto, quando alla mia destra vedo ergersi un ammasso di colori brillanti che ricoprono come un lenzuolo gigantesco le pendici della collina. “Eccolo!” ho subito pensato, trovando poi conferma nelle parole del tassista. L’impatto visivo del barrio é davvero surreale, tanto quanto la sua storia. Si, perché Palmitas era uno di quei quartieri a bollino rosso, giudicati pericolosi per gli innumerevoli casi di violenza e criminalitá incontrollata che quotidianamente si consumavano per i suoi vicoli stretti e traditori.
Ci sono voluti ben 7 mesi di lavoro, per dipingere i 20.000 metri quadrati delle 209 case che compongono il quartiere e convertirli in un’enorme tela d’arte unica nel suo genere: il macro murales piú grande di tutto il Messico. In collaborazione con una societá di vernici che ha fornito piú di 220 tinte di colori diversi, si é prima dipinto l’intera colonia di bianco, e successivamente si sono applicati dei disegni e accorgimenti estetici, apprezzabili solo addentrandosi nelle stradine e vicoli del quartiere. Infine si sono distribuiti i colori a seconda delle preferenze delle famiglie intervistate. I fautori materiali dell’opera sono un gruppo di artisti locali, riunitisi nel collettivo Germen Nuevo Muralismo Mexicano, riuscendo in alcuni casi a coinvolgere gli abitanti stessi. L’iniziativa parte dal Governo locale dello Stato di Hidalgo, che ancora nel 2013 sviluppó la fase embrionale del progetto, col sostegno del programma Nos Mueve La Paz della Segreteria di Governo Nazionale. In tutto il Messico dal 2013 si stanno promuovendo azioni pratiche di prevenzione della violenza sociale. Ció si traduce in concreto nella riappropiazione degli spazi pubblici da parte della cittadinanza, il recupero di quartieri e colonie facendo sinergia con le autorità a tutti i livelli, e, come in questo caso, nell’intervento artistico per arginare situazioni di conflitto. Il progetto de Las Palmitas mirava appunto a ridurre i fenomeni di delinquenza, aprendo le proprie porte, dapprima agli artisti, poi ai futuri visitatori, anche facendo leva sulla maggiore visibilitá del quartiere.
A distanza di qualche anno dalla fine dei lavori il bilancio è più che positivo. Il tasso di criminalità è diminuito del 69% durante la realizzazione del murales. Da 56 incidenti registrati nel 2012, si è scesi a 44 nel 2013, 34 nel 2014 e solo 12 nel 2015, una volta terminata l’opera. Anche i casi di furto o rapina si sono ridimensionati drasticamente, da 42 a 11 nello stesso periodo, mentre gli illeciti amministrativi sono passati da 48 nel 2012 a 7 nel 2015. Queste statistiche, raccolte dalla Segreteria di Governo Nazionale, mostrano un’evoluzione ben oltre le aspettative che, a suo tempo, trovò risonanza nei notiziari di tutto il mondo, dagli Stati Uniti all’Europa, e in foto diffuse sui social media. Di fronte all’impossibilità di disporre indicatori specifici sulla criminalitá, parlano chiaro le voci soddisfatte delle 452 famiglie che vivono nella colonia, che raccontano di miglioramenti visibili nel loro dìa dìa. Chi prima non si salutava adesso si ferma a scambiare due chiacchiere, i bambini sono il riflesso dell’allegria trasportata dai colori del murales e la gente si sente orgogliosa di vivere a Palmitas. Analogalmente la maggior sicurezza favorisce la riattivazione delle relazioni e degli scambi commerciali. Fattori che fanno, forse, passare inosservate le critiche su presunti fondi sommersi, dei 5,5 milioni di pesos destinati al progetto, utilizzati senza dare maggiori dettagli. Ma questo, in realtà, non sorprende più.
Nel frattempo Pachuca non smette di tingersi di nuovi colori. Ad oggi in città si contano più di 20 murales urbani, eseguiti, legalmente, da artisti di ogni angolo del Messico. Opere d’arte che trasformano colonie fatiscenti in mete turistiche, e con esse la percezione di un luogo negli occhi di chi osserva. Naturalmente il Messico è un paese estremamente complicato e non sono le sfumature di colore della Bella Airosa a sradicare la piaga della criminalità e della violenza feroce che colpisce tante, troppe zone del paese. E neppure, credo, sia l’obiettivo del progetto quello di mascherare la povertà. Ma proprio per questo, l’esempio di Pachuca serve a dare fiducia, a riassegnare un volto alle persone vittime di tanti abusi. Un monito contro chi l’integrazione di quelle persone non la vuole e non l’ha mai voluta.
Marco Grisenti

Laureato in Economia e Analisi Finanziaria, dal 2014 lavoro nel settore della finanza sostenibile con un occhio di riguardo per l'America Latina, che mi ha accolto per tanti anni. Ho collaborato con ONG attive nella microfinanza e nell’imprenditorialità sociale, ho spaziato in vari ruoli all'interno di società di consulenza e banche etiche, fino ad approdare a fondi d'investimento specializzati nell’impact investing. In una costante ricerca di risposte e soluzioni ai tanti problemi che affliggono il Sud del mondo, e non solo. Il viaggio - il partire senza sapere quando si torna, e verso quale nuova "casa" - è stato il fedele complice di anni tanto spensierati quanto impegnati, che mi hanno permesso di abbattere barriere fuori e dentro di me, assaporare panorami, odori e melodie di luoghi altrimenti ancora lontani, appagare una curiositá senza fine. Credo in un mondo più sano, equilibrato ed inclusivo, dove si possa valorizzare il diverso. Per Unimondo cerco di trasmettere, senza filtri, la veritá e la sensibilità che incontro e assimilo sul mio sentiero.