Ospedali psichiatrici giudiziari: è cominciata la rivoluzione, anzi no…

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Il 31 marzo 2015 l’Italia ha ufficialmente detto basta agli OPG, sostituiti con strutture completamente differenti pensate per garantire ai detenuti-pazienti ambienti di vita più umani e dignitosi. Ma la realizzazione di questi doverosi cambiamenti per molti aspetti è rimasta sulla carta e a perderci in termini di salute e dignità sono sempre i soggetti detenuti nelle strutture che rischiano, come già Unimondo aveva documentato, di venire trattati come cifre, come pacchi postali, anziché come persone.

Il complesso rapporto di questi Ospedali non ospedali/carceri non carceri con la legislazione e la quotidianità del vivere una situazione doppiamente restrittiva, la malattia e la detenzione, risale alla famosa legge Basaglia del 1978 la quale, se da un lato ebbe il merito di sollevare la pietra tombale che di fatto veniva fatta cadere sulle vite di chi in un manicomio veniva rinchiuso senza spesso più uscirne e di parlare di dignità del malato di mente, dall’altro ancora oggi, a quasi trent`anni di distanza, viene ampiamente criticata per non aver valutato e pianificato in modo efficiente “il dopo”, ovvero le conseguenze della chiusura degli istituti psichiatrici.

La norma 180, questo il suo vero nome, affidava alle Regioni l`attuazione dei provvedimenti in materia di salute mentale, generando immediatamente difformità di trattamento, in quanto mentre alcune realtà regionali furono veloci ed esaustive nell`attuare la normativa altre si attardarono e sono ancora indietro, producendo di fatto carenze di assistenza e pessime conseguenze sulla qualità ed efficacia dell`assistenza stessa. Il passaggio da OPG a REMS – Residenze esecuzione misure di sicurezza, presenta oggi le stesse problematiche ed incognite. Ma quanti erano gli OPG ancora in funzione nel nostro paese alla fine di marzo? E in che condizioni?

Ne risultavano 6 in 5 regioni: Lombardia, Emilia Romagna, Toscana, Campania e Sicilia con circa 700 detenuti, 450 dei quali già in predicato di entrare nelle nuove strutture, tra le quali solo il complesso di Castiglione delle Stiviere era stato riconosciuto idoneo a venire riconvertito direttamente in REMS.

E per chi non aveva un posto già assegnato? Trasferimento verso altre strutture – e qui è lecito chiedersi di che tipo, dato che, ironia, i manicomi e gli OPG non esistono più - oppure sottoposizione a percorsi di recupero diversificati (!); ma se le OPG, come affermato recentemente anche dall’ ex Presidente Napolitano rappresentavano “un esempio di estremo orrore, indegno di un paese appena civile ”, non era forse il caso di predisporre prima, come avrebbe fatto un paese appena civile, consoni sostituti? Laddove questo è stato fatto, come ad esempio nella residenza Casa degli Svizzeri di Bologna, si respira davvero aria di speranza: sbarre e muri scrostati hanno lasciato il posto a finestre, stanze comuni e tavoli da ping-pong, ma non ovunque purtroppo è così.

In altre regioni la situazione è ancora critica e ingarbugliatissima e ben lontana dall’essere risolta, tanto che molti ex OPG in difficoltà hanno semplicemente deciso di shiftare i loro pazienti a Castiglione delle Stiviere, sovraffollandola subito e rendendo difficilmente garantibili gli standard minimi di legge per quanto riguarda sicurezza, cure e dignità. Un cane che si morde la coda, insomma, e si fa e fa parecchio male.

E allora bene fanno i rappresentanti di stopOPG, collettivo di associazioni nato nel 2011 in seguito al Forum di salute Mentale di Aversa, a monitorare l’operato delle amministrazioni regionali e a pungolare gli amministratori di qualsiasi livello e levatura politica affinché risolvano questa emergenza. 

“Gli OPG,” dichiarano nel loro appello ai cittadini e alle istituzioni, stilato quasi cinque anni fa ma ancora attualissimo “rappresentano un vero e proprio oltraggio alla coscienza civile del nostro Paese, per le condizioni aberranti in cui versano 1.500 nostri concittadini, 350 dei quali potrebbero uscirne fin da ora. L'Ospedale Psichiatrico Giudiziario è istituto inaccettabile per la sua natura, per il suo mandato, per la incongrua legislazione che lo sostiene, per le sue modalità di funzionamento, le sue regole organizzative, la sua gestione. La sua persistenza è frutto di obsolete concezioni della malattia mentale e del sapere psichiatrico, ma soprattutto di una catena di pratiche omissive, mancate assunzioni di responsabilità e inappropriati comportamenti a differenti livelli.”

“Al VI° Forum salute mentale tenutosi ad Aversa nel gennaio 2011” continua l’appello “abbiamo denunciato le omissioni e la mancata assunzione di responsabilità da parte dei decisori politici (Governo e Regioni), delle Aziende sanitarie locali e di molti Dipartimenti di Salute Mentale; ciò è ancor più grave a 3 anni dalla emanazione del DPCM 1.4.2008 - che dispone la presa in carico degli internati negli OPG da parte dei Dipartimenti - e dopo le sentenze della Corte Costituzionale, del 2003 e 2004, che hanno spalancato possibilità di trattamenti alternativi all’OPG in ogni fase.” E concludono “Riteniamo sia improcrastinabile porre fine allo scandalo degli OPG e che sia possibile farlo all’interno dell’attuale normativa, perché, come afferma la nostra Costituzione - la legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana –“.

Degrado, sovraffollamento e scarsa assistenza psichiatrica erano la norma nei manicomi chiusi nel 1978 e, parimenti, negli ospedali psichiatrici giudiziari chiusi nel 2015. Tutti si indignano, gridano allo scandalo e coniano nuove strategie e sigle, ma pochissimo in quasi trent’anni è cambiato, con pazienti e detenuti stritolati e isolati da una burocrazia elefantiaca e da un una politica sterile. C’è da impazzire, oppure da rinsavire e fare ciò che va fatto. Subito e fino in fondo, come un paese civile.

Fabio Pizzi

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