Ops, ho fatto un’altra cacca nel bosco!

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Foto: Unsplash.com

Che ai nostri amici cani si perdonino molte cose è assodato: mobili mordicchiati, graffietti sulle porte e sugli stipiti, rivestimenti di divani e cuscini non proprio in forma splendente. Sono i nostri compagni di vita e va bene così, perché in cambio ci regalano molto di più. C’è però una cosa che, secondo uno studio recente effettuato in Belgio, non dovremmo affatto sottovalutare – e cioè le loro deiezioni.

Feci e urina dei nostri compagni a quattro zampe vengono infatti rilasciate in ambiente naturale in quantità che, a lungo andare, danneggiano l’ambiente selvatico. Ma com’è possibile, se cacca e pipì sono tra i prodotti più naturali associati alla presenza di tutte le creature sulla terra?

Il danno è legato alla sovra-fertilizzazione del suolo. In particolare, accade a causa dell’elevata quantità di azoto e fosforo rilevata, con livelli che, se misurati per esempio all’interno degli allevamenti, sarebbero considerati illegali. Come segnalato dall’organizzazione britannica Plantlifel’inquinamento da azoto – problema condiviso anche dai pascoli intensivi e dall’elevata quantità di concimazione dovuta alla presenza dei bovini – è una delle maggiori minacce alle piante selvatiche, ai licheni e ai funghi, e ciò nonostante rimane un problema affrontato ancora con poche energie.

La ricerca, pubblicata sulla rivista Ecological Solutions and Evidence, ha preso a campione quattro riserve naturali nelle periferie appena fuori Ghent, in Belgio, e ha contato oltre 1600 cani in 500 visite alle riserve, ad ogni ora del giorno e in qualunque giorno della settimana: i dati raccolti sono stati combinati con i livelli noti di azoto e fosforo espulsi dai cani, per poter avere una stima reale del totale delle sostanze depositate. Ne è emerso uno studio che, basato sul conteggio dei cani durante 18 mesi di copertura, ha delineato una situazione che i ricercatori hanno ritenuto verosimilmente analoga al resto d’Europa, dove i cani sono circa 87 milioni. E il risultato è stato sorprendente: i cani, generalmente nutriti in casa, rilasciano nel terreno una media annuale di 11 kg di azoto e 5 kg di fosforo per ettaro. Si tratta di un livello di inquinamento simile a quello registrato nell’aria a causa dei fumi degli allevamenti, dell’industria e del traffico, che varia dai 5 ai 25 kg di azoto.

Insomma, la cacca dei nostri cani è rilevante anche per l’ambiente, non solo per il decoro di marciapiedi e strade cittadine. Molti padroni di animali pensano infatti che, se è buona cosa raccogliere gli escrementi in città, sia altrettanto buona cosa lasciarli in giro per il bosco: siamo in natura, cosa c’è di più naturale? La probabilità di pestarci sopra è drasticamente ridotta e in più si offre un servizio di concimazione. Purtroppo non è così: gli ecosistemi selvatici sono per lo più ambienti abituati naturalmente a un basso livello di sostanze nutritive. Ciò significa che incrementare dall’esterno il livello di fertilizzazione provoca una drastica riduzione della biodiversità, dando modo a poche piante più rigogliose di prosperare. Si tratta per esempio di casi come quello delle ortiche e delle panace, che aumentano a scapito della sopravvivenza di altre specie da cui però dipende molta della vita selvatica che popola quello specifico ambiente naturale.

Scoprire quanto alto possa essere l’impatto delle feci dei cani sul terreno è stato sorprendente”, ha dichiarato a The Guardian il prof. Pieter De Frenne della Ghent University, che ha condotto la ricerca. “Le immissioni di azoto in atmosfera dovute all’agricoltura, all’industria e al traffico ricevono giustamente molte attenzioni da parte della politica, ma i cani, da questo punto di vista, sono completamente ignorati.

Raccogliere le deiezioni è sicuramente un contributo importante per affrontare un problema che rimane nel terreno fino a 3 anni anche in zone dove i cani siano stati completamente banditi: rimuovendo le feci dei cani dal terreno si rimuove quasi tutto il fosforo, ma solo metà dell’azoto, contenuto in quantità importanti anche nell’urina degli animali (che invece è povera di fosforo) per la quale, va da sé, non possiamo fare altrimenti.

Nessuno vuole negare che anche la cacca faccia parte della natura. Le soluzioni in parte esistono, anche se il fatto che i cani siano oramai considerati parte integrante di molte famiglie non sempre le renderà ben accette o comprese. Ecco perché occorre rafforzare la sensibilizzazione dei proprietari: sulle conseguenze ambientali di feci e urina dei nostri amici a quattro zampe e soprattutto sull’importanza di raccoglierle anche in contesti non cittadini – gesto che, lo ricordiamo anche se sembra scontato (ma credeteci non lo è!), non si deve però tradurre in sacchettini neri nascosti in qualche cavità d’albero o ai piedi di qualche tronco. Le deiezioni vanno portate a valle come qualsiasi altro rifiuto generato dalla nostra presenza (cartacce, bottiglie e mascherine, tanto per stare al passo con i tempi!) e gettato negli appositi contenitori. In alcune riserve naturali è inoltre per esempio interdetto l’accesso ai cani, divieto spiacevole per i padroni, ma necessario a preservare la vita selvatica che le popola, come per esempio quella di alcuni uccelli: le riserve naturali sono infatti luoghi di una fragilità straordinaria, deputati alla conservazione della natura e di habitat vulnerabili che devono essere protetti, per garantire un futuro a noi e, in fin dei conti, anche ai nostri amici cani.

Anna Molinari

Giornalista freelance e formatrice, laureata in Scienze filosofiche, collabora con diverse realtà sui temi della comunicazione ambientale. Gestisce il progetto indipendente www.ecoselvatica.it per la divulgazione filosofica in natura attraverso laboratori e approfondimenti. È istruttrice CSEN di Forest Bathing. Ha pubblicato i libri Ventodentro (2020) e Come perla in conchiglia (2024). Per la testata si occupa principalmente di tematiche legate a fauna selvatica, aree protette e tutela del territorio e delle comunità locali.

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