Onu: forte appello di Ban Ki-moon per la soluzione politica del conflitto in Libia

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Un rinnovato e forte appello ad impegnarsi in un processo politico per risolvere il conflitto in corso in Libia è stato rivolto ieri dal Segretario Generale dell’Onu, Ban Ki-moon, a tutte le parti attive nel conflitto. Nell’appello il Segretario Generale si dice “profondamente preoccupato” per le notizie del vasto numero di vittime civili nel conflitto in Libia ed ha invitato tutte le parti ad “esercitare la massima cautela nelle loro azioni, al fine di minimizzare eventuali ulteriori perdite di vite civili”.

Nella nota rilasciata dal portavoce di Ban Ki-moon, il Segretario Generale ancora una volta ribadisce la sua forte convinzione che “non ci può essere soluzione militare alla crisi libica”. “Un cessate il fuoco collegato a un processo politico che possa soddisfare le aspirazioni del popolo libico è l’unica via praticabile per raggiungere la pace e la sicurezza in Libia” – afferma Ban. Il Segretario Generale ha quindi esortato tutte le parti ad impegnarsi immediatamente con il suo inviato speciale, Abdel Elah-al-Khatib, e rispondere concretamente e positivamente alle proposte presentate a loro, al fine di porre fine allo spargimento di sangue nel paese.

Mercoledì scorso, Ban Ki-moon ha telefonato al primo ministro del Consiglio Nazionale di Transizione libico, Baghdadi al-Mahmoudi, dicendosi “molto preoccupato” per “l’assoluta mancanza di progressi per trovare una soluzione politica negoziata alla crisi, nonostante gli sforzi del suo inviato speciale, Abdel Elah-Al-Khatib”. Contrariamente a quanto riportato dai media libici, il Segretario Generale ha specificato di non aver detto che avrebbe invitato il Consiglio di Sicurezza a convocare una sessione speciale sulla Libia. Ban ha ricordato che il Consiglio di Sicurezza dell’Onu aveva discusso della crisi libica il giorno precedente, e che gli Stati membri hanno ribadito le preoccupazioni condivise per le perdite di vite umane e per la distruzione delle infrastrutture. Il Segretario Generale ha anche espresso la sua preoccupazione l’aumento di vittime civili come conseguenza dei combattimenti e per la mancanza di forniture mediche e carburante che aggravano i bisogni umanitari del popolo libico.

Nei giorni scorsi fonti vicine al colonnello Gheddafi avevano denunciato l’uccisione di 85 civili – 33 bambini, 32 donne e 20 uomini – quando un missile della Nato avrebbe colpito alcune fattorie a Majar, 150 km a est della capitale. Abdulkader Al-Hawali, studente di medicina dell’ospedale della vicina Zlitan, dove sarebbero stati portati i corpi, ha accusato la Nato “di non fare differenza tra soldati, bambini e anziani” – riporta l’agenzia Misna. In mancanza di conferme da fonti attendibili, da Bruxelles un portavoce della Nato ha risposto che le strutture colpite ieri sono obiettivi militari, quindi “legittimi”, e che “non ci sono al momento prove di vittime civili”.

Una questione, quest’ultima, sulla quale Amnesty Internazional ha chiesto alla Nato di indagare approfonditamente. “La Nato deve prendere tutte le misure idonee per evitare perdite civili, anche nei casi in cui le forze di Gheddafi utilizzano strutture civili a scopo militare” - ha dichiarato Hassiba Hadj Sahraoui di Amnesty International. “La Nato continua a ribadire il suo impegno per la protezione dei civili. Se è così, deve indagare approfonditamente su questo e altri casi in cui sono state riferite perdite civili a seguito di attacchi aerei”. Già lo scorso 2 agosto, Amnesty International aveva scritto al Segretario generale della Nato, Anders Fogh Rassmussen, chiedendo chiarimenti su due casi in cui erano state denunciate perdite civili a Surman e a Tripoli.

Nei giorni scorsi alcuni membri del Consiglio di sicurezza dell'Onu hanno espresso aspre critiche agli attacchi aerei dell'Alleanza. In particolare Cina, Russia, Brasile, India e Sudafrica ritengono che questi attacchi vadano oltre il mandato delle risoluzioni dell'Onu sulla Libia, che hanno autorizzato a intervenire per proteggere le popolazioni civili. Non è possibile sapere il numero preciso delle vittime dall’inizio dei combattimenti in Libia ma – come riportano le agenzie delle Nazioni Unite – dall’inizio del conflitto circa 630 mila persone sono state costrette ad abbandonare il paese mentre sono circa 200 mila gli sfollati interni. [GB]

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