Ong: un nuovo ruolo della missione italiana in Afghanistan

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Alla vigilia del voto sul rifinanziamento della missione italiana in Afghanistan, le Ong italiane hanno avviato una "profonda riflessione" sul ruolo e sui compiti della presenza militare e civile nel paese dopo cinque anni di esperienza sul campo a contatto e a servizio della popolazione afghana. Sergio Marelli, presidente dell'Associazione Ong italiane afferma: "La necessità di un ripensamento e un cambiamento della strategia da parte italiana ed europea nel paese è reale e urgente. Occorrerà rispondere con la massima chiarezza alla domanda "che ci stiamo a fare in Afghanistan?". Un primo forte e visibile segnale dell'avvio del cambiamento dovrebbe essere un maggiore impegno per gli aiuti, l'assistenza e la ricostruzione, riducendo lo scarto esistente tra gli stanziamenti per la cooperazione e quelli per la missione militare".

Sarà quindi necessario "che il voto del Parlamento venga accompagnato da una mozione, vincolante e verificabile tra sei mesi, che impegni il Governo ad esigere in sede europea e in sede Nato i necessari chiarimenti per dare finalmente risposta alla domanda sui precisi scopi e finalità della missione, sulla sua collocazione nella strategia più generale e prioritaria del sostegno all'Afghanistan e al suo processo di consolidamento istituzionale e di sviluppo, sulle conseguenti e coerenti scelte politiche e azioni, anche militari, ma non solo, da mettere in atto" - afferma il cominicato.

Per l'Associazione dell Ong italiane "Il 2007 dovrà rappresentare l'anno dell'approfondimento e della chiarezza. Ne va della dignità e della coerenza politica del nostro paese, oltre che della più ampia sicurezza globale che non può essere governata dalle armi ma dalla politica. L'annunciata conferenza internazionale sull'Afghanistan potrà presentarsi come l'occasione per individuare un nuovo percorso che, partendo dalla situazione afgana e dal piano strategico ed operativo per farvi fronte nel riconoscimento e rafforzamento della sovranità dello Stato e delle sue istituzioni, veda coinvolti anche i paesi dell'area in una visione geo-strategica dei problemi e delle soluzioni da proporre. E senza l'impegno dell'Unione europea e l'egida delle Nazioni Unite tale coinvolgimento difficilmente potrà essere ottenuto".

"L'azione di aiuto, assistenza e cooperazione italiana andrebbe rafforzata, da subito, segnando una netta distinzione e separazione tra cooperazione civile e azione militare. Distinzione che non significa contrapposizione" - notano le associazioni. "La collaborazione delle Ong con il team della Cooperazione italiana, ad Herat come in altre province del nord del paese potrebbe realizzarsi, a beneficio reciproco, attraverso intese che rispettino la piena indipendenza ed autonomia della realtà non governativa. Si tratta, con quello dell'imparzialità, di principi irrinunciabili per ogni organizzazione umanitaria".

Le Ong italiane segnalano che avranno presto un tavolo di confronto con il Ministero degli Esteri. "A nostro avviso, è bene che tale tavolo, su una questione così delicata e complessa, sia aperto a tutti i principali soggetti istituzionali, negli Esteri ma anche nella Difesa, direttamente coinvolti nelle decisioni che dovranno essere prese. Occorre tentare di giungere all'elaborazione di una piattaforma condivisa di strategia e di azione di cooperazione, nel rispetto delle reciproche autonomie, nei contesti di Herat e di altre province afgane"- conclude il comunicato dell'Associazione Ong italiane.

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