Non sprecare, recuperAle!

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C’è tanto consumismo in giro, l’obsolescenza degli oggetti è programmata sulla nostra disinformazione e la filosofia usa e getta impera ancora. E’ anche vero però che negli ultimi anni stanno prendendo piede sempre più esperienze di consumo critico e riuso. E poi si comincia a riciclare un po’ di tutto, perfino la birra.

Eeeeh?! La birra??

Sì, la birra. Anzi, vi racconto proprio questa storia oggi, nata dall’idea di riutilizzare eccedenze alimentari di qualità altrimenti destinate allo spreco. Ve la racconto perché manca poco alla scadenza di questa raccolta fondi che merita la nostra attenzione. Prima, però, una piccola premessa per  intenditori: la birra che nasce dagli scarti è una Pale Ale chiara, leggermente opalescente, con base maltata esaltata dalle materie prime recuperate, dal sapore fragrante come una crosta di pane. Fa 6.5 gradi ABV e lascia in bocca un sapore secco arrotondato dall’utilizzo di luppoli nobili. Insomma, un risultato davvero niente male.

Dietro la scheda tecnica, però, il valore aggiunto lo danno caratteristiche che non sono strettamente organolettiche, ma danno al prodotto un sapore speciale. A ideare e poi a raccogliere questa sfida sono state due Onlus: da un lato EquoEvento, associazione che ha come obiettivo quello di porre rimedio allo spreco di cibo durante eventi e catering, recuperando e donando le eccedenze alimentari a enti caritatevoli e bisognosi, nell’ottica di compiere un gesto generoso e solidale, ma anche necessario e all’insegna della sostenibilità; dall’altro Vale la Pena, un progetto di inclusione sociale ideato e gestito da Semi di Libertà Onlus, un birrificio artigianale dove persone in esecuzione penale esterna, provenienti dal carcere romano di Rebibbia, vengono formate e inserite nella filiera della birre… e che birre! A partire dai nomi (Drago’ncella, Le(g)Ale, A piede libero, Amarafemmena sono solo alcune tra le varianti possibili) ma per arrivare agli scopi, in particolare quello di contrastare le recidive dei detenuti, al 70% tra chi non gode di misure alternative e al 2% tra chi viene invece inserito in un percorso produttivo. Contemporaneamente il progetto, realizzato presso l’Istituto Agrario Emilio Sereni di Roma, coinvolge gli studenti in percorsi di alternanza scuola/lavoro che li allenano ai valori più che ai voti, in primis inclusione e rispetto delle regole.

In questa birra si recuperano cibo e persone, si danno seconde possibilità che fanno bene alla terra e alla gente, quella che la produce, ma anche quella che la compra. E sono pronte già due ricette, una ad alta e una a bassa fermentazione, che ancora però non possono essere realizzate perché l’impianto a disposizione è piccolo e già completamente assorbito dalla produzione delle 16 birre a marchio “Vale la Pena”.

Ecco perché quindi sostenere questo progetto: pochi passi da compiere visitando la piattaforma di Eppela a questo link. Gli obiettivi sono due: un primo traguardo a € 5.800 che permetterebbe di realizzare la prima delle due ricette, e un secondo stretch goal, come lo chiamano, a €11.600 per la produzione anche della seconda variante. Per ognuna delle due tipologie i fondi andranno a finanziare la produzione di 1800 litri di birra… 1800 come gli euro che mancano per tagliare il primo traguardo e iniziare a rendere stabile il progetto, innescando un circolo virtuoso da molteplici punti di vista, non ultimo il reinvestimento degli eventuali utili nel progetto stesso.

Insomma, le premesse sono buone, e a sostenere realtà come queste c’è solo da guadagnarci, per tutti. Tenetela a mente questa birra, se sosterremo questa sfida quando potremo assaggiarla sarà anche un po’ nostra. E si chiamerà RecuperAle

Anna Molinari

Giornalista freelance e formatrice, laureata in Scienze filosofiche, collabora con diverse realtà sui temi della comunicazione ambientale. Gestisce il progetto indipendente www.ecoselvatica.it per la divulgazione filosofica in natura attraverso laboratori e approfondimenti. È istruttrice CSEN di Forest Bathing. Ha pubblicato i libri Ventodentro (2020) e Come perla in conchiglia (2024). Per la testata si occupa principalmente di tematiche legate a fauna selvatica, aree protette e tutela del territorio e delle comunità locali.

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