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Myanmar: vent'anni di repressione, appello per i detenuti
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In occasione del ventesimo anniversario dell'inizio delle manifestazioni per la democrazia in Myanmar/Birmania, poi violentemente represse dall'esercito, Amnesty International ha chiesto alle Nazioni Unite di assumere iniziative più efficaci per ottenere il rilascio di U Win Tin e di altri prigionieri di coscienza detenuti da allora. L'opportunità potrà essere data dalla visita in Myanmar, nel corso del mese, di Ibrahim Gambari (Rappresentante speciale del Segretario generale dell'Onu) e Thomas Ojea Quintana (Relatore speciale dell'Onu sulla situazione dei diritti umani in Myanmar).
Sabato scorso è iniziata la visita dell'inviato delle Nazioni Unite, Tomas Ojea Quintana in Myanmar: il rappresentante dell'Onu incontrerà i vertici della giunta militare al potere e una delegazione di monaci buddisti, protagonisti della rivolta del settembre 2007 repressa nel sangue, ma non c'è alcuna conferma su un possibile incontro con la leader dell'opposizione Aung San Suu Kyi. Quintana lascerà il Paese giovedì, alla vigilia del 20mo anniversario del massacro compiuto dalla giunta militare contro i manifestanti che chiedevano democrazia. Durante i moti del 1988 morirono più di 3mila persone. Proprio in vista della ricorrenza, il governo ha imposto un giro di vite sulla sicurezza, temendo manifestazioni o cortei di protesta per l'8 agosto - riporta Asia News.
Le manifestazioni del Movimento per la democrazia, guidate dagli studenti, iniziarono l'8 agosto 1988 nell'ex capitale Yangon e si propagarono rapidamente in tutto il paese, ottenendo un grande consenso popolare. Nel giro di sei settimane, le forze di sicurezza avviarono la repressione, provocando 3000 morti. Migliaia di persone furono imprigionate o sparirono nel nulla - evidenzia Amnesty International. Da allora, nonostante le risoluzioni dell'Assemblea generale e del Consiglio dei diritti umani e 35 missioni ufficiali di consulenti, relatori e altri rappresentanti delle Nazioni Unite, restano in carcere 2050 prigionieri politici, di cui 900 imprigionati negli ultimi dieci mesi.
"U Win Tin e migliaia di altre persone rimangono in carcere, a dispetto delle innumerevoli occasioni in cui il governo di Myanmar ha dichiarato che si stava muovendo in favore di una più ampia partecipazione politica" - ha dichiarato Benjamin Zawacki, ricercatore di Amnesty International su Myanmar. "Niente dimostra la cattiva fede delle autorità più del fatto che oggi ci sono più prigionieri politici di vent'anni fa. U Win Tin è l'oppositore da maggior tempo in carcere, ma non è il solo. Dal 1988 gli fanno compagnia migliaia di persone, 900 delle quali imprigionate solo negli ultimi dieci mesi. L'Onu non può più accontentarsi di promesse vuote, ma deve pretendere che Myanmar dia seguito alle proprie parole". Amnesty International chiede l'immediato e incondizionato rilascio di tutti i prigionieri di coscienza, segnalando in particolare 20 casi.
Nei giorni scorsi il presidente degli Stati Uniti, George W. Bush ha firmato il rinnovo del bando sulle importazioni dal Myanmar: Bush ha siglato anche una nuova legge che vuole impedire che le gemme, una delle principali risorse economiche del paese, riescano ad arrivare sui mercati statunitensi attraverso triangolazioni con altri stati, come Thailandia, Cina, Taiwan, Malesia e Singapore.
Intanto l'Unicef ha lanciato un appello per i 700mila bambini hanno ancora bisogno d'assistenza di lungo periodo a quasi tre mesi da quando il ciclone Nargis si è abbattuto sul Myanmar, colpendo circa 2,4 milioni di persone e distruggendo centinaia di migliaia di abitazioni. "Sebbene vi sia stato un graduale miglioramento delle condizioni dei bambini e siano stati scongiurati i rischi di grandi epidemie, dobbiamo potenziare gli sforzi affinché bambini e famiglie possano riprendersi completamente dalla devastazione provocata dal ciclone Nargis" - ha dichiarato Ramesh Shresta, rappresentante dell'Unicef in Myanmar.
Nelle scorse settimane l'Associazione dei paesi del Sud-est asiatico - ASEAN ha criticato con asprezza la giunta birmana birmana sottolineando tra l'altro la desolazione in cui versa il Paese a tre mesi dal passaggio del ciclone Nargis che ha fatto almeno 138 mila morti. L'Asean ha criticato soprattutto la chiusura del Myanmar agli aiuti internazionali, unica possibilità per risolvere gli ingenti problemi di emergenza della popolazione e ha anche espresso "profondo disappunto" per la detenzione della leader dell'opposizione, Aug San Suu Kyi domandando alla giunta militare di aprire "un significativo dialogo" con l'opposizione. In passato l'Asean ha sempre preferito la collaborazione accomodante e senza critiche coi Paesi membri (Brunei, Cambogia, Indonesia, Laos, Malaysia, Myanmar, Filippine, Singapore, Thailandia e Vietnam). [GB]