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Mondo: dalla vita in discarica ai riciclatori organizzati
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Cercare tra i rifiuti delle discariche a cielo aperto qualsiasi cosa si possa rivendere. E' un modo per sopravvivere, una condizione "normale" per migliaia persone che hanno abbandonato campagne inospitali nella speranza di trovare fortuna nelle sempre più grasse metropoli del mondo. L'incremento della produzione e dei consumi ha creato enormi squilibri nella gestione dei rifiuti urbani: come ricorda Wolfgang Sachs, "la produzione genera sia ricchezza sia rifiuti e insieme alla globalizzazione della produzione di ricchezza cresce anche la produzione di rifiuti".
Sono sorte così vere e proprie "città discariche". Quelle africane della baraccopoli di Korogocho a Nairobi - più volte descritta da padre Zanotelli - e quelle meno note di Kigali in Rwanda; ma anche nello Zambia, dove il 90 per cento di spazzatura non viene raccolto e si accumula nelle strade, mentre la discarica di Olososua, in Nigeria, accoglie ogni giorno oltre mille camion di rifiuti. In Asia, a Manila, è tristemente famosa Payatas a Quezon City, una baraccopoli dove vivono oltre 25 mila persone: è sorta sul pendio di una collina di rifiuti, la "montagna fumante" dove adulti e bambini si contendono materiali da rivendere. Ma c'è anche Paradise Village che non è un villaggio turistico, bensì una bidonville cresciuta sopra un acquitrino dove gli allagamenti sono puntuali come le piogge monsoniche. E poi "Dumpsite Catmon", la discarica sulla quale si è sviluppata la baraccopoli che sovrasta Paradise Village. In Cina, a Pechino, le discariche sono abitate da migliaia di persone che riciclano rifiuti illeciti, mentre l'India con i suoi slums metropolitani è il paese più densamente popolato dai "sopravvissuti dei rifiuti".
Eppure qualcosa sta cambiando. In alcuni casi la spazzatura è diventata motivo di emancipazione sociale: al Cairo, in Egitto, i lavoratori del settore informale - noti come zabbaleen - raccolgono un terzo dei rifiuti domestici, quasi un milione di tonnellate all'anno, e riescono a riciclare e destinare al compostaggio più dell'80 percento del raccolto. Uno dei distretti, Mokattam, è diventato la sede di 700 piccole imprese per la raccolta dei rifiuti.
In Brasile, dove le discariche a cielo aperto risparmiano le aree turistiche per concentrarsi nelle periferie metropolitane, c'è l'esperienza dei 'Catadores do lixo': un movimento sociale organizzato in cooperative che oggi impiegano migliaia di persone nella raccolta, nel riciclaggio e nello smaltimento dei rifiuti. La prima cooperativa, la Coopamare risale al 1989. L'esperienza di San Paolo si è trasferita nel Minas Gerais, a Belo Horizonte e nel Rio Grande do Sul. E a Buenos Aires, in Argentina, i "cartoneros" impegnati nella raccolta non ufficiale di rifiuti sono stati per diversi anni i pionieri del riciclaggio: le loro cooperative raccolgono più di 20 mila operatori e nelle scorse settimane sono state chiamate a partecipare a "rifiuti zero", un ambizioso progetto governativo per riciclare entro il 2020 tutti i rifiuti solidi urbani.
Altre esperienze in Sud America non hanno avuto un esito altrettanto positivo. Ma in Uruguay l'organizzazione italiana ReOrient è riuscita di recente a sostenere l'esperienza della cooperativa di "clasificadores" (riciclatori) di Montevideo. In questa città, così lenta e diversa dalle grandi metropoli sudamericane, capita spesso di vedere vecchi carretti trainati da cavalli malconci: sono i cartoneros. Fanno una sorta di riciclaggio informale, porta a a porta, occupando quella terra di nessuno che separa la periferia estrema della città dalla immensa pianura: un muro di "spazzatura" che chiude la città e la obbliga a guardare, per ignavia, solo verso occidente oltre il Mar de la Plata. L'ultima crisi economica, quella del 2002, ha accentuato la loro presenza tanto da diventare un "problema" anche per il nuovo governo democratico che si dibatte tra il voler eliminare la vergogna di cittadini costretti a ramazzare spazzatura per vivere, la voglia di industrializzare la raccolta dei residui solidi e organici e il riconoscere quel formicaio di reietti che rivendicano di essere soggetti di diritti, cittadini e lavoratori.
Con l'Associazione Retos du Sur, un gruppo di studenti uruguayani d'architettura, ReOrient ha creato un percorso di autopromozione sociale rivolto all'organizzazione sindacale informale "Ucrus" (Unione di classificatori di residui solidi urbani). "Sono ormai diversi anni che la nostra vita dipende da quello che la società scarta. Il nostro obiettivo è essere riconosciuti come lavoratori e lavoratrici ed ottenere gli stessi diritti di chi si dedica ad altri mestieri. Classificare rifiuti urbani è una attività degna e redditizia che dà lavoro a migliaia di persone, approvvigionamento di materie prime e garantisce entrate per il nostro paese. Siamo attori produttivi del paese" - mi dice con orgoglio Edoardo della neonata cooperativa Juan Cacharpa. Pur vivendo tra i rifiuti, la coscienza della propria dignità non è mai venuta meno: attende solo di essere riconosciuta.
di Riccardo Troisi di ReOrient
LA SCHEDA DI UNIMONDO
What/Cosa:
L'urbanizzazione imponente e il cambiamento degli stili di consumo ha comportato un enorme aumento di rifiuti solidi urbani anche nel Sud del mondo. La carenza di tecnologie e soprattutto di risorse economiche per la raccolta, il riciclaggio ed il corretto smaltimento ingigantiscono l'inarrestabile danno ambientale. I Paesi in via di sviluppo sono spesso oggetto di importazioni illegali di rifiuti e di tecnologie produttive ad alto impatto sanitario ed ambientale. Senza un corretto sistema di isolamento dei detriti, le discariche sono infatti assolutamente permeabili e disperdono sostanze tossiche nelle falde acquifere.
Where/Dove:
In America Latina negli ultimi trent'anni è duplicata la produzione di rifiuti di cui una parte sempre maggiore è costituita da materiali non biodegradabili: solo il 35 percento delle discariche sudamericane è gestita correttamente dal punto di vista sanitario mentre più del 40 percento di discariche è a cielo aperto. Anche il turismo è un fattore che aggrava il problema. Prima degli anni '90 a Cuba i prodotti non erano confezionati in plastica, non c'erano lattine e le buste erano solo di carta. I rifiuti erano pochissimi e dagli anni '60 un'impresa di recupero di materie prime si occupava settimanalmente della raccolta e del riciclaggio dei rifiuti. Con la crisi economica e la necessità di attirare i turisti internazionali l'isola si è dovuta adeguare agli stili di vita consumistici che hanno acuito il problema dei rifiuti.
Who/Chi:
Tra le Ong italiane maggiormente impegnate nella promozione di forme di cooperativismo tra i raccoglitori di rifiuti in America Latina vi è il Cospe che promuove iniziative Argentina e Brasile. ReOrient ha invece recentemente attivato un azione di supporto ad una cooperativa di "Clasificadores" (riciclatori) a Montevideo, in Uruguay. ReOrient ha sostenuto una piattaforma di trasformazione nella discarica Felipe Cardoso di Montevideo per un gruppo di 150 cartoneros, con annesso capannone e spazio all'interno della discarica per operare il riciclaggio direttamente dai camion della la spazzatura. Si tratta di un riconoscimento da parte dell'Intendencia di Montevideo, fino ad oggi reticente ad occuparsi di questo fenomeno.
WWW per saperne di più:
- Korogocho (Nairobi - Kenya)
- Zabaleen (il Cairo - Egitto)
- Payatas (Manila - Filippine)
- Catadores do lixo (Brasile)
- ReOrient
[G.B.]