Migrazioni: Rapporto IOM, migranti come 'risorsa' e i diritti?

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A Ginevra, il 1° dicembre scorso è stato presentato il "World Migration Report 2008", il Rapporto 2008 sulle dinamiche migratorie redatto dall’Organizzazione internazionale delle migrazioni (IOM) dal titolo "Gestire la mobilità lavorativa nell’economia globale in evoluzione". Secondo il rapporto oggi le migrazioni a livello internazionale coinvolgono oltre 200 milioni di persone, un numero più che raddoppiato rispetto al 1965.

Negli ultimi 50 anni le tendenze migratorie si sono invertite: paesi, che per oltre due secoli sono stati terre d’emigrazione, negli ultimi decenni del XX° secolo diventano mete d’immigrazione. Le ragioni di questa inversione di tendenza sono molteplici: dalle crisi umanitarie dell’ultimo ventennio alle disparità socio-economiche tra Europa e paesi limitrofi. Nell’ultimo secolo l’inevitabile conseguenza della liberalizzazione dei flussi di merci, capitale e servizi, ha portato a una circolazione migratoria senza precedenti.

Il sovrasviluppo del nord ha spinto 62 milioni di persone del sud a cercare migliori prospettive di vita e di lavoro fuori dai confini nazionali. Le prospettive future paventate dal rapporto stimano un aumento delle migrazioni. La sfida cruciale, per la comunità internazionale, è far coincidere la domanda con l’offerta nel tentativo di regolare le migrazioni rispondendo alle dinamiche del capitale.

Lavoro e ricongiungimento familiare sono tra i principali motivi dell'immigrazione. Solo nel 2005 in Europa si sono contati 44 milioni di migranti che costituiscono il della popolazione totale. Principali paesi di destinazione sono Germania con oltre 10 milioni di migranti, seguita da Francia (6.5 ml), Inghilterra (5.4 ml), Spagna (4.8 ml) e Italia (2.5 ml).

A fornire occupazione agli immigrati sono i settori costruzioni, agricoltura, cura e assistenza. Queste nicchie lavorative, snobbate dai lavoratori locali, richiedono manodopera scarsamente qualificata, e per questo alla portata degli stranieri.

Per i prossimi 50 anni il rapporto prevede una diminuzione del tasso di natalità e un conseguente calo della popolazione europea in età lavorativa. Mentre in Africa la popolazione in età lavorativa si triplicherà arrivando nel 2050 a oltre un miliardo di persone. Nei prossimi 30 anni le popolazioni di Cina ed India forniranno il 40% della forza lavoro globale.

Tuttavia prediligendo un’immigrazione selettiva e funzionale, la priorità delle politiche e degli accordi internazionali si focalizza sulla creazione di posti di lavoro nei paesi di emigrazione, in modo tale da regolare i flussi migratori e creare realtà di sviluppo nei paesi d’origine. Questo è un metodo per gestire la mobilità e combattere l’immigrazione illegale, altro tema molto dibattuto e complesso. Italia e Spagna, per la loro posizione geografica, sono i due paesi più esposti alla migrazione irregolare. Per quanto difficile sia ricavare dei dati su questo segmento migratorio, il rapporto stima una presenza di un milione di persone nel 2003 in Spagna e oltre 600mila in Italia.

Possibile soluzioni a questa controversa forma d’immigrazione, sono suggerite da politiche disincentivanti, centrate sul monitoraggio delle frontiere, da accordi multilaterali per il rimpatrio e dalla creazioni di nuovi mercati di lavoro.

Nell’analisi del rapporto emerge un approccio alle migrazioni come fenomeno naturale determinato da cause oggettive ed esclusivamente funzionale al mercato del lavoro occidentale. Questa visione del fenomeno non considera l’umanità dei soggetti coinvolti, uomini e donne spesso costretti, da guerre e povertà, ad abbandonare la madrepatria e i propri affetti. Queste persone vengono esaminate solo come risorsa utile per il mercato, alla stregua di tutte le merci e le voci dei costi di produzione, e non come soggetti detentori di diritti e portatori di bisogni di emancipazione sociale ed economica. Non comprendere questa volontà di cambiamento che è alla base delle spinte migratorie, non permette neppure di capire le dinamiche in atto.

Zara Barazzutti

Fonte: Nigrizia

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