Migranti: 14 regioni per dire 'no' alla logica dei Cpt

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In un discorso di poetica politica il presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola, ha introdotto questa mattina i lavori del forum nazionale 'Mare Aperto' a Bari, confronto tra le 14 regioni italiane guidate dal centro-sinistra e che si oppongono alla logica dei Centri di permanenza temporanea. Vendola ha chiesto una politica lungimirante, che si opponga a chi pensa che ci si può assuefare, una politica capace di "tirar fuori dal vocabolario parole a lungo dimenticate: differenze tra i popoli e le culture, patto di convivialità, accoglienza, incontro, mescolanza e meticciato tra le genti". Ma per difendersi da critiche di demagogia ha sviluppato il suo intervento su due binari paralleli: le ragioni di principio e le ragioni del realismo.

Il no categorico ai Cpt è forte del principio del garantismo, pilastro della nostra civiltà giuridica: "La libertà personale non può essere violata se non per un reato imputato da un giudice in un atto formale", ha affermato. Il contrario di quanto avviene per la detenzione amministrativa dei migranti irregolari nei cpt italiani. Altrimenti, aggiunge Vendola, "le garanzie dei cittadini non appartengono alla rubrica dei diritti universali, ma a quella dei diritti di pochi bianchi, e magari ricchi". Da un punto di vista realistico gli stranieri rappresentano ormai "un pezzo fondamentale della vita italiana". Sono i produttori della nostra ricchezza e l'architrave della vita familiare, a loro accudiamo la custodia di anziani, bambini e diversamente abili. Contro questa realtà il dibattito politico attuale produce una "iconografia maledetta" esattamente come accadeva contro gli italiani emigrati negli Stati Uniti o altrove il secolo scorso.

I Cpt vanno chiusi, su questo Vendola è categorico, "non si può umanizzare ciò che è inumano". Ed ancora: la clandestinità va combattuta aprendo corridoi di legalità per l'ingresso e il soggiorno in Italia, non attraverso una lotta contro le persone che sono, nella maggior parte dei casi, le vere vittime della clandestinità. "La clandestinità è una condizione, non un reato, pertanto non può essere criminalizzata". E' su questa piattaforma di idee condivise che le 14 regioni presenti oggi a Bari hanno firmato un atto finale da presentare al governo italiano e al parlamento europeo. Le regioni che hanno sottoscritto il protocollo sono: Abruzzo, Basilicata, Calabria, Emilia-Romagna, Campania, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Marche, Molise, Sardegna, Toscana, Umbria e Puglia.

Il documento chiede "il superamento dei Centri di Permanenza Temporanea", e "l'istituzione di un tavolo di confronto per definire risposte alternative che tutelino i diritti e promuovano la sicurezza sociale". Nell'atto finale dei lavori i presidenti di regione denunciano "i respingimenti collettivi di migranti, spesso in direzione di Paesi di provenienza noti per la sistematica violazione dei diritti umani". Tra le proposte alternative "l'apertura di canali di ingresso legali", il varo di "programmi seri di cooperazione e sviluppo", il riconoscimento del diritto d'asilo e il conseguimento di "serie politiche di integrazione sociale" e di "ricongiungimento familiare". Critiche anche sull'"approccio ideologico alla regolamentazione dei flussi" che contrasta sia "con la tutela dei diritti delle persone" che con "le stesse necessità economiche del nostro paese". Resta da vedere quale reazione giungerà dal Governo, dopo che il ministro dell'interno Giuseppe Pisanu aveva dichiarato nei giorni scorsi che "se il presupposto è chiudere i cpt allora non c'è niente da discutere".

di Gabriele Del Grande

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