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Mafie: la risposta della società civile
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Il 31 luglio un incendio ha colpito un magazzino di vernici di Palermo appartenente alla ditta "Guajana Ferramenta". Il proprietario aderisce al Comitato civico "Addiopizzo" e gli inquirenti temono la mano della mafia.
In un comunicato stampa di solidarietà con la famiglia Guaiana, il comitato Addiopizzo invita le istituzioni a "far sentire la loro presenza" e, insieme all'associazionismo imprenditoriale palermitano, a "consentire all'imprenditore di tornare a lavorare al più presto, con tutti i suoi dipendenti e continuare a sviluppare la propria attività come dovrebbe essere normale in un economia sana" sottolineando che "l'episodio non scalfisce la voglia e la volontà del comitato che continuerà a lavorare come ha sempre fatto, accanto agli imprenditori che ci accompagnano in questa strada, difficile, ma che continuiamo a percorrere grazie al grande sostegno dei cittadini palermitani, dei 9.000 consumatori a sostegno della campagna "Contro il pizzo cambia i consumi", dei 200 imprenditori della lista di Consumo critico".
La campagna pizzo-free per incentivare i commercianti a rifiutare di pagare al racket delle estorsioni, con lo slogan "Un intero popolo che paga il pizzo è un popolo senza dignità", continua ad aumentare il suo consenso e gli aderenti e quindi sempre più aumenta anche il fastidio arrecato ai clan mafiosi. La campagna, come già abbiamo scritto in occasione delle due Feste Pizzo-Free di quest'anno e dell'anno scorso è rivolta sia ai commercianti che ai consumatori. Ai commercianti viene chiesto di aderire ad un manifesto col quale si impegnano a non cedere più ai ricatti mafiosi. Ai cittadini invece di acquistare soltanto dai commercianti che hanno aderito alla campagna, realizzando così un circuito di consumo critico antimafia.
L'importante iniziativa di Palermo non è però l'unica. A Napoli è in corso da alcuni anni un'iniziativa simile dal nome "Contracamorra". Nel settembre 2005, dopo l'ennesima ondata di violenza, un gruppo di giovani ha pensato di rivolgersi a tutta la gioventù napoletana e di impegnarsi oltre l'emergenza. Interrogandosi e prendendo coscienza di come Napoli non sia una città 'normale' perché "perché c'è la camorra" hanno deciso di impegnarsi contro la parte sommersa della camorra: usura ed estorsione.
"La camorra è nelle cose che "si vedono", come nelle cose che non "si vedono": l'usura e il racket non si vedono, eppure sono in grado di esercitare un potere concreto quanto devastante sullo sviluppo di intere aree geografiche" leggiamo nel loro manifesto dove proseguono scrivendo "Tollerare il fenomeno mafioso nelle sue molteplici espressioni per assuefazione, per rassegnazione, per omertà, per inconsapevolezza della sua portata significa abbandonare la città verso la perdita dei propri spazi e dei propri tempi; significa doversi aspettare una città in cui sia la camorra a poter decidere il destino delle nostre risorse, dove investirle, quali investire, quando investirle".
Questa la consapevolezza che li ha mossi e li ha spinti a dar vita al comitato per sensibilizzare la città a non subire più i ricatti estorsivi della camorra, così come i loro coetanei palermitani. Le notti del 18 maggio e del 29 giugno 2005 hanno tappezzato Napoli di piccoli adesivi "Un intero popolo che paga il pizzo è un popolo senza dignità". L'idea della loro provocazione 'anonima' è quello di richiamare "ad un principio di responsabilità, prima individuale e poi collettiva" che giunga a "lanciareuna campagna di consumo critico antiracket ispirata al manifesto per la legalità e lo sviluppo elaborato a Palermo".
Ma la sensibilità contro l'estorsione sembra essere in aumento in molti luoghi della Penisola. 2004 il centralino attivato a Palermo dalla Confesercenti fu costretto alla chiusura dopo 5 mesi perché non chiamò nessuno. Alcuni mesi fa invece ha raggiunto risultati insperati la campagna lanciata dalla Presidenza del Consiglio in collaborazione con il Ministero dell'Interno e il Commissario straordinario del governo: oltre tremila le chiamate con la stragrande maggioranza dei cittadini (82%) che hanno avuto il coraggio di denunciare senza ricorrere all'anonimato.
Aumentano quindi sempre più gli imprenditori che, sulla spinta dei tantissimi comitati civici e delle tantissime associazioni nate in tutta Italia: a Napoli è attivo il numero 081 552 80 90 del Coordinamento napoletano delle associazioni antiracket, mentre anche a Catania è nato un comitato Addiopizzo.
Silvana Fucito è una di queste. Proprietaria di una fabbrica di vernici a San Giovanni a Teduccio, vicino Napoli, e presidente della locale associazione antiracket nel novembre 2004 denuncia i suoi estorsori portandoli in tribunale. La sua vicenda, diventata quasi un simbolo di tantissime altre, finisce sotto i riflettori per alcuni mesi (viene invitata anche in diverse trasmissioni televisive) fino, l'anno dopo, ad essere dichiarata dal prestigiosissimo periodico Time tra i 37 "eroi europei", unica italiana insieme con Beppe Grillo.
In un comunicato stampa di solidarietà con la Signora Fucito, gruppo di ragazzi che si è riunito attorno al Capitano Ultimo ha scritto: "Facendo riferimento alle parole del giudice Borsellino, che soltanto attraverso una rivoluzione culturale si può sconfiggere la criminalità, siamo sicuri che la sua condotta di opposizione si muove proprio in direzione di queste parole. Ci auspichiamo che il suo comportamento possa essere d'esempio e trascinatore per tanti che ancora subiscono queste angherie e la nostra speranza è che possano in lei trovare il coraggio, il suo stesso coraggio di denunciare, di lottare affinché Napoli possa liberarsi di questa piaga che soffoca quanti vogliono vivere onestamente".
di Alessio Di Florio