Lombardia: la CdL boccia legge per riconversione dell'industria bellica

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Non è stata approvata in IV Commissione Attività Produttive della Regione Lombardia la proposta di legge di iniziativa popolare sulla riconversione dell'industria bellica lombarda promossa con oltre 15 mila firme da numerose associazioni laiche e cattoliche. L'ordine del giorno, approvato dalla Casa delle Libertà a maggioranza, con il voto contrario degli altri partiti dell'Unione e l'astensione della Margherita, propone al Consiglio regionale non solo di bocciare la proposta di legge, ma anche di non discuterla e di non esprimersi nel merito della questione. In pratica si tratta della bocciatura della proposta di sostituire la vecchia legge, di fatto non più finanziata da tempo, con una nuova legge che tenga conto della evoluzione del settore negli ultimi anni. Tutto ciò nonostante una lunga serie di audizioni realizzate dalla stessa commissione, che hanno visto dare il proprio sostegno di numerose associazioni laiche e cattoliche, come Cgil e Cisl, la Caritas Ambrosiana, le Acli e Pax Christi e la stessa Pastorale del Lavoro della Diocesi di Milano.

"Un voto insopportabile che offende le 15.000 cittadine e cittadini che hanno sostenuto la proposta di legge, che chiude le porte nella nostra regione a possibili percorsi di riconversione e di disarmo, cancellando, di fatto, quello che potrebbe essere un valido strumento utile sia per agevolare la riconversione delle produzioni militari verso prodotti civili e socialmente utili sia per la salvaguardia di posti di lavoro - sottolinea un comunicato dei promotori drl Disegmo di legge popolare. Tanto più che tale legge non obbliga le aziende a riconvertire ma offre l'opportunità, per chi lo desideri, di riproporre una produzione civile piuttosto che militare. Diventerebbe così, da parte delle istituzioni, un serio segnale di pace".

"Siamo sconcertati - dichiara Ardemia Oriani, consigliera regionale Ds. È incomprensibile il motivo e anche il modo, perché la commissione aveva lavorato a lungo e bene. Con questo ordine del giorno, si affossa la nuova legge e allo stesso tempo si ratifica la disapplicazione della legge esistente in un settore industriale economicamente significativo sul quale da tempo si sta ragionando per la riconversione della produzione e per le garanzie occupazionali".

"Il segnale è evidente - commenta Giorgio Beretta della Rete Disarmo. Ancor prima della riconversione, il vero problema è quello del monitoraggio delle attività produttive e di esportazione di armi da parte delle associazioni della società civile: un fatto che crea da solo un gran fastidio a chi in questi anni ha continuato a fare affari esportando armamenti a Paesi in conflitto, a dittatori e dittatorelli, a governi altamente indebitati e responsabili di reiterate violazioni dei diritti umani ma che non esitano a spendere ingenti somme in eserciti e armi: l'elenco è lunghissimo e va dalla Malesia all'India e al Pakistan, dagli Emirati arabi all'Indonesia, alla Libia e alla stessa Cina verso la quale esiste l'embargo da parte dell'Unione europea. Non è un caso che le stesse forze politiche che hanno bocciato in Commissione questa proposta di legge di ampia iniziativa popolare abbiano cercato negli anni scorsi a più riprese di smantellare la legge 185/90 che vieterebbe queste esportazioni".

Il Governo Berlusconi ha deciso di non rendere nota prima della chiusura delle attività parlamentari la Relazione 2006 - che secondo la legge 185/90 avrebbe dovuto essere disponibile entro il 30 marzo - sull'esportazione nazionale di armi. Va ricordato che nel generale declino del "made in Italy" l'industria bellica italiana grazie proprio alle autorizzazioni rilasciate dal Governo Berlusconi nel 2004 aveva collezionato nuove autorizzazioni all'esportazione per quasi 1,5 miliardi di euro con un incremento del 16% rispetto all'anno precedente segnando così la cifra record dell'ultimo quadriennio. Nei cinque anni di Governo Berlusconi il comparto armiero ha accresciuto il proprio portafoglio d'ordini di ben oltre il 72%, passando dagli 863 milioni di euro del 2001 agli oltre 1489 milioni di euro del 2004.

"E' opportuno sottolineare la gravità della posizione assunta dalla maggioranza del centro destra che a parole sostiene la pace ma nei fatti contrasta quelle proposte tese a favorire cultura di pace e processi di disarmo" - Osvaldo Squassina, Consigliere Regionale PRC. Prima dell'inizio della riunione il Presidente della Commissione ha proposto giustamente un minuto di silenzio per i gravi fatti di Nassirya. Fatti che dimostrano che bisogna spezzare la spirale perversa guerra/terrorismo ritirando le truppe di occupazione dall'Iraq. Ma se si vuole per davvero costruire la pace è necessario contrastare anche attraverso il favorire la riconversione dell'industrie belliche".

Continua però l'impegno dei promotori: ora la partita, infatti, si sposta in Consiglio regionale, dove la CdL dovrà decidere se appro. Tanto più che tale legge non obbliga le aziende a riconvertire ma offre l'opportunità, per chi lo desideri, di riproporre una produzione civile piuttosto che militare. Diventerebbe così, da parte delle istituzioni, un serio segnale di pace".

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