Lo spettacolo dei volontari e il Pnrr da piegare alla realtà

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Foto: Wolfgang Hasselmann da Unsplash.com

Paolo Venturi, professore dell'Università di Bologna a Forlì, grande esperto di economia civile, racconta le ore della paura e dell'autorganizzazione dei giovani. E ragiona di cosa ci insegni questa tragedia per i giorni a venire. Innanzitutto che il volontariato andrà coinvolto rapidamente nella ricostruzione. E che la politica dovrà cambiare, tutta insieme, l'approccio: non solo recupero delle risorse e loro allocazione ma attenzione alla qualità degli interventi, coinvolgendo il Terzo settore: «D'altra parte la sicurezza è un tema comunitario». E una sfida mutualistica.

«Portare giù da Galeata mio babbo, Antenore, 82 anni, è stata dura: non che fosse in pericolo ma quella strada era a rischio e sarebbe rimasto isolato. Convincerlo, però, non è stato semplice». La voce di Paolo Venturi arriva da Forlì, dove l’alluvione ha picchiato duro: tre morti, 5mila sfollati, 227 frane che hanno cambiato i connotati dell’Appennino. E danni inestimabili, ovviamente. Venturi, è economista dell’Università di Bologna, nella cui sede forlivese dirige l’Associazione Italiana per la Promozione della Cultura della Cooperazione e del Non Profit-Aiccon, il centro studi promosso dall’Alma Mater, dall’Alleanza delle Cooperative Italiane e da numerose realtà profit e non. A emergenza attenuata – «qui è una tragedia», ci aveva whatsappato mercoledì mattina, «stiamo recuperando amici e loro figli per portarli via da case inagibili» - a emergenza attenuata, dicevamo, lo cerchiamo per avere una riflessione del giorno dopo, che provi a guardare il futuro, imminente e più lontano.

Professore, sono stati giorni duri.

Son stati giorni in cui uno viveva la propria paura e quella dell’altro. Amici che ti mandavano la foto dal giardino di casa, con l’acqua a cento metri, e un attimo dopo, un vocale in cui spiegava d’esser scappato al secondo piano.

Tutto rapido.

Tutto maledettamente rapido. Un’acqua di esondazione, velocissima quindi. Alle porte di Forlì, Il Rabbia e il Montone si sono uniti e le cose sono andate peggiorando. Dalle 18 alle 20 di sera, il sindaco chiesto ai cittadini di mettersi in salvo, di non pensare alle cose, di lasciarle lì, di non indugiare.

Messaggi di continuo.

Eh, la dimensione digitale in questa circostanza s’è rivelata salvifica: la connessione in tempo reale ha permesso a moltissimi, di conoscere quello che stava accadendo, minuto per minuto.

Questa tragedia però, come tutti i dati di realtà, ci dice qualcosa.

Parto dall’esperienza che sto facendo adesso. Ho negli occhi quello succede.

Prego.

Beh è situazione drammatica: case, imprese, vita delle persone, economia e servizi, tutto da ripensare. Una situazione quasi post- bellica. Ma qui non ci sarà solo da ricostruire, si dovrà anche ripensare lo sviluppo di un intero territorio, la Romagna. Le cartoline dell’Appennino, sono da buttare…

La furia dell’acqua…

La geografia è cambiata anche se il territorio è molto più della geografia, il territorio è un sistema vivente. E colpito profondamente in qualche modo ha reagito. Abbiam bisogno di tutto e di tutti, ma il coraggio, la speranza, l’attivazione sono emersi in maniera pezzesca.

Ecco, che cosa sta succedendo?

Sta succedendo che, nella tragedia, sta emergendo un’amicizia civile, fra sconosciuti, che è profondissima, nel senso che il bisogno di essere utili è evidentissimo: da un lato tutti sappiamo che poteva toccare a noi e tutti hanno qualcuno vicino che è stato toccato e, nel contempo, c’è in moltissimi il desiderio di essere utili. Ora dovrei dire una cosa forte…

Prego

Che c’è una misteriosa letizia di andare nei luoghi del disastro. Un volontariato fatto da tanti, tantissimi giovani: certo incentivato dal fatto che le scuole siano chiuse, ma resta il fatto che questi giovani decidano, si autorganizzino per andare nei punti nei quartieri e dare una mano. Ed è una cosa eccezionale...

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