Licenziare il boia: giustizia e cancellazione della pena di morte

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In sede di Assemblea Generale della Nazioni Unite tra novembre e dicembre 1999, non si è giunti a votare la risoluzione preparata dall'Unione Europea e che proponeva la sospensione universale delle esecuzioni. Nonostante ciò la società civile transnazionale ha dato vita ad movimento di opinione e pressione internazionale che ha superato i confini culturali, geografici e politici e le barriere di credo religioso. Tale movimento rappresenta una speranza in paesi ove solo recentemente si è iniziato a interrogarsi sulla inutile e crudele barbarie della pena capitale, una speranza per il nuovo millennio.

Introduzione

Relazioni ad invito

Mario Marazziti, Comunità di S.Egidio, Roma, "Dieci milioni di firme nel Duemila per fermare la pena di morte nel mondo"
Daniele Scaglione, Presidente Amnesty International Sezione Italiana, "Una punizione crudele, inumana e degradante: le cifre dell'orrore"
Bill Pelke, Presidente "Journey of Hope", Portage - Indiana (USA), "La forza del perdono, l'inizio di un viaggio nella speranza"

La signora Ruth aveva 78 anni e amava insegnare la Bibbia ai bambini del vicinato a Gary, in Indiana. Un giorno, nel maggio del 1985, quattro ragazzine (che probabilmente avevano sniffato" acido) bussarono alla sua porta, chiedendole di poter assistere ad una lezione sulla Bibbia. Lei le invitò ad entrare. Mentre lei era voltata, una delle ragazzine prese un vaso e la colpì alla testa. Un'altra afferrò un coltello e la pugnalò per 33 volte. Mentre quella la pugnalava, un'altra saccheggiava la casa. Alla fine si portavano via 10 dollari ed una macchina vecchia di 10 anni.
Un anno dopo, una delle ragazzine, Paula Cooper, veniva condannata a morte per il delitto. Aveva 15 anni al momento quando aveva compiuto il crimine e a 16 anni era la più giovane condannata a morte degli Stati Uniti.
In principio Bill Pelke, nipote della signora Ruth, era tra coloro che volevano che Paula fosse giustiziata, ben presto la perdonò e cominciò ad entrare in corrispondenza con lei, a visitarla, a battersi perché le salvassero la vita.
Il caso fece molto scalpore anche in Europa e particolarmente in Italia, dove vennero raccolte un milione di firme per chiedere la commutazione della pena.
La pena di Paula è stata commutata in 60 anni di carcere. Bill ha fondato un'associazione, "Journey of Hope" ("Viaggi della speranza"), di parenti delle vittime che si battono contro la pena di morte.

Mario Marazziti (Comunità di Sant'Egidio - Campagna Moratoria 2000):
Vogliamo creare un fronte internazionale e interreligioso per mettere a punto strumenti che aiutino i governi a prendere decisioni difficili sulla pena di morte. La pena capitale è inutile, crudele, inefficace e, paradossalmente, legittima la stessa mentalità che si vuole combiattere: oggi essa è la cartina di tornasole dell'assurdità del mondo, dei diritti umani geograficamente à la carte.
La campagna Moratoria 2000 ha già raccolto 2 milioni di firme e si propone di toccare i dieci milioni di firme entro l'anno per andare nel 2001 all'Assemblea generale dell'ONU a New Yoork e convincere la maggioranza dei Paesi a sospendere la pena capitale. Il recente voto dell'ONU a Ginevra (27 sì e 13 no) per una sospensione delle esecuzioni rafforza la nostra convinzione: è possibile farcela, è possibile dire basta a questa pena inutile.

Daniele Scaglione (Presidente Amnesty International - Sezione Italiana):
La pena di morte è testimonianza di un sistema giudiziario stupido.
La pena di morte non è mai la nota stonata di un sistema giudiziario che comunque funzionae: è sempre la punta dell'iceberg di un sistema penale fallimentare.
Amnesty International nel 1999 ha pubblicato un rapporto sulla pena di morte nel mondo. Ne ricordo alcune cifre. 1813 esecuzioni in 31 Paesi, 103 decapitazioni in Arabia Saudita dopo processi sommari, la rivolta della società civile nelle Filippine dopo la ripresa delle esecuzioni con il presidente Estrada, la spietatezza del regime carcerario giapponese, i 3000 reclusi nel braccio della morte nei soli Stati Uniti.
Le Filippine. E' un caso che fa sperare. Il presidente Estrada ha fatto la campagna elettorale proponendo il ripristino della pena di morte. Il primo gennaio c'è stato il primo condannato a morte dopo anni. Negli anni 70 Marcos faceva usare la pena di morte, con la sedia elettrica. Oggi nelle Filippine ci sono 800 persone nei bracci della morte. Ma la società civile ha detto no. Journey of Hope era nelle Filippine. Nel marzo di quest'anno con queste pressioni il Presidente ha dichiarato una moratoria. Il presidente Estrada è molto altalenante su questo tema della pena di morte. Però la società civile ha reagito.
Giappone: c'è stata una sorta di moratoria dal marzo '93. Il ministro è cambiato. E' tornata la pena di morte. I condannati sono reclusi in condizioni terribili. In celle senza finestre, con luce accesa 24 ore al giorno.
C'è una storia terribile: Naganoia entrò in cella nel '67, fu ucciso dopo che ormai era un'altra persona, era diventato scrittore (da analfabeta che era).
Che cosa si può fare?
Salvare vite, facendosi carico di singoli casi, sensibilizzando i governi a intervenire nei colloqui bilaterali. E' una tecnica che può funzionare.
Cambiare le leggi. Significa ad es. fare una moratoria che può essere un punto di riferimento per il mondo. Il 26 aprile le Nazioni Unite hanno approvato il testo di un invito forte a una moratoria. Tra i favorevoli, la federazione Russa che fino a qualche anno fa metteva a morte migliaia di persone all'anno. La Cina in Commissione ONU per i diritti umani è stata assolta per l'ennesima volta. Ma la Cina l'anno scorso ha messo a morte 1700 persone. C'è un atteggiamento ipocrita.
Cambiare la cultura: sostenere una cultura in favore dei diritti umani. Significa mobilitare l'opinione pubblica, incontrare testimonianze forti⅀
L'obiettivo finale è far riconoscere i diritti umani come elemento fondante, la pena di morte come una inutile vendetta di Stato.

Bill Pelke (Presidente Associazione "Journey of Hope")
Journey of Hope è un progetto portato avanti da membri delle persone che sono state vittime di omicidi. In genere, quando giriamo per dare la nostra testimonianza, ci accompagnano familiari delle persone condannate a morte. E anche con persone condannate e poi trovate innocenti e liberate.
Il 14 maggio del 1985 quattro ragazze delle superiori lasciarono la scuola con l'intenzione di marinare. Bevvero vino, fumarono marijuana, decisero di andare in una sala di videogiochi. Ma non avevano soldi. Una di esse disse: C'è una vecchia signora che vive di fronte a casa mia e credo abbia soldi. Lei dava lezioni di catechismo. Le ragazze dovevano andare e chiedere di seguire una lezione di catechismo. Così andarono a bussare alla porta di mia nonna, Ruth Pelke. Mia nonna aprì la porta e le fece entrare, perché chiesero di seguire il catechismo. Mia nonna era profondamente religiosa. Le piaceva raccontare la storia della Bibbia ai ragazzi del quartiere. Utilizzava una lavagna di stoffa su cui incollava pezzi di stoffa. Mi ricordo quando mi raccontava le storie di Davide e Golia e di Giona nel grande pesce. Poi sono cresciuto, mi sono sposato e ho visto mia nonna raccontare le storie della Bibbia ai miei bambini.
Mia nonna voltò le spalle alle ragazze per prendere alla scrivania del materiale sulla Bibbia, mentre era girata una delle ragazze la colpì alla testa con un vaso. Un'altra tirò fuori un coltello e cominciò a colpirla. Intanto le altre cercavano soldi in casa. Non ne trovarono, tornarono dall'altra ragazza che ancora infieriva su mia nonna. Alla fine trovarono 10 dollari e le chiavi della macchina di mia nonna. Poi tornarono a scuola e chiesero ai compagni chi voleva fare un giro in macchina. Lasciarono mia nonna lì a morire.
Due giorni dopo le ragazze furono arrestate. Dopo un anno iniziò il processo. La ragazza che conosceva mia nonna fu condannata a 25 anni. La ragazza accusata di aver colpito alla testa con il vaso fu condannata a 35 anni. Per le due ragazze che l'avevano colpita col coltello lo Stato dell'Indiana chiesa la pena di morte. Le ragazze si dichiararono colpevoli e non ci fu quindi un processo. Ci fu un'udienza per stabilire se comminare la pena di morte o 60 anni di prigione. La prima ragazza in udienza fu condannata a 60 anni. L'altra, Paula Cooper, fu considerata dal giudice l'ispiratrice, il capo, era quella che aveva portato il coltello. L'udienza per l'emissione della sentenza durò 4 ore. Mio padre fu uno dei testimoni per l'accusa e disse che sarebbe stata una farsa la giustizia se non fosse stata condannata a morte. Non dimenticherò mai le parole del giudice quando emise la sentenza. Disse che quando si era laureato nel '59 c'era una cosa a cui si opponeva: la sentenza di morte. Dichiarò che a quell'epoca la maggioranza della popolazione degli USA era contro la pena di morte. Disse anche che i tempi erano cambiati e che la maggioranza della popolazione era a favore della pena di morte. Sperava che presto la popolazione americana ne avrebbe avuto abbastanza di questo spargimento di sangue. Però aggiunse che secondo le leggi dello Stato dell'Indiana doveva condannare a morte. Paula Cooper a 15 anni era la più giovane condannata a morte.
A me andava benissimo. Sapevo che in Usa c'era la pena di morte. Se non avessero condannato a morte Paula Cooper, sarebbe stato come dirmi che mia nonna non era abbastanza importante. Era il del 1986.Il 2 novembre del 1986 cambiai idea. Ero al lavoro in un'acciaieria. Stavo seduto in cima a una gru e non avevo nulla da fare. Cominciai a pensare alla vita di mia nonna e alla sua morte. Tornai col pensiero al giorno in cui Paula Cooper era stata condannata a morte. Quel giorno c'era un vecchio nella galleria del pubblico che cominciò a dire: "Uccideranno la mia bambina!". E il giudice lo fece uscire. Guardai l'uomo mentre usciva e vidi la sua disperazione. Era il nonno di Paula Cooper. Mi ricordai quando portarono via Paula Cooper dall'aula. Aveva il volto rigato dalle lacrime. A quel punto mi entrò nella mente un'immagine di mia nonna. Circa un anno prima della morte, le fecero una foto bellissima. Sui giornali riportavano quella foto bellissima. Nella mia mente questa foto tornava ma c'era un elemento diverso: da questa foto il volto di mia nonna era rigato di lacrime di compassione per Paula Cooper e la sua famiglia. Lacrime di amore e di compassione. Sapevo che la religione di mia nonna insegnava il perdono e dissi a me stesso: devi imparare a perdonare. Vidi di nuovo davanti a me l'immagine della nonna con le lacrime che le solcavano il viso. Mia nonna chiedeva a qualcuno della mia famiglia di sentire amore e compassione per Paula Cooper. E quel compito toccava a me. Sapevo che il perdono era un sentimento giusto, ma era difficile. Mia nonna era stata uccisa in quel modo. Comincia a pregare Dio: Ti prego, ti prego, donami l'amore e la compassione così che possa provare compassione e amore per Paula Cooper e la sua famiglia. Quella preghiera mi ha cambiato la vita. Ho pensato che sarebbe stato sbagliato se fosse stata messa a morte.
Ho imparato il potere di guarigione che dà il perdono. Quando il mio cuore si era riempito di compassione, il perdono divenne automatico. E questo mi riempi di un senso di ristoro.
Scrissi a un giornale locale dissi che la risposta era la preghiera, l'amore e il perdono. Circa tre mesi dopo mi telefonò una giornalista italiana del Messaggero e mi disse che il caso era molto seguito in Italia. Voleva venire in Indiana per fare interviste e scrivere degli articoli. Mi disse che in Italia non c'era un'opinione degli americani come gente che perdoni e così la vorremmo intervistare. Quando arrivò in Indiana mi disse che in Italia 4.000 persone firmarono appelli per salvare la vita di Paula Cooper. Dopo gli articoli, mi chiamò Rai 1 a venire in Italia a Domenica In. Il 14 maggio 1987 venni a Roma. Era il secondo anniversario della morte di mia nonna. Ma c'era uno sciopero dei cameraman. Volevano rimandarmi indietro. Temevo che non mi avrebbero più invitato. Chiesi di restare finché non finiva lo sciopero. Rimasi in Italia 19 giorni. Girai per l'Italia accompagnato dall'organizzazione "Non uccidere". Anche Amnesty International era coinvolta. Parlai a Radio Vaticana. Negli anni successivi tornai altre due volte in Italia. Nell'autunno 1989 più di due milioni di persone avevano firmato in Italia l'appello per la grazia per Paula Cooper. Il Papa chiese la grazia. Mi chiamò poi un giornalista dell'AP che mi diceva che la sentenza era stata commutata in 60 anni di prigione.
Per me era una grande gioia. Avevo fatto una promessa: avrei camminato con lei mano nella mano fino alla sedia elettrica, se lei avesse voluto.
Lo Stato dell'Indiana fu molto in imbarazzo, quando i mezzi di informazione rivelarono che una ragazza di 18 poteva essere messa sulla sedia elettrica.
Firmando un appello, potete far cambiare le cose. La pena di morte è sbagliata. Dobbiamo dirlo forte e chiaro: questo deve finire. Ciascuno di voi in questa sala può fare qualcosa.
La risposta è: l'amore e la compassione per tutta l'umanità. Non si può avere amore e compassione per tutta l'umanità e vedere qualcuno sulla sedia elettrica. La pena di morte è la punta di iceberg di quello che non va nel nostro sistema. Dobbiamo adottare la filosofia che si fonda su amore e compassione anche per chi ha commesso azioni terribili. Dopo che Paula Cooper era stata graziata ho incontrato sister Helen Prejan e ho deciso di dedicare la mia vita all'abolizione della pena di morte. L'anno dopo, durante una marcia in testa, lanciata da Amnesty International, mi è venuta l'idea di "Journey of Hope".
La pena di morte ha avuto una fortuna varia negli Stati Uniti. La costituzione di "Journey of Hope" è stato uno degli elementi positivi nella campagna per l'abolizione della pena di morte. Le testimonianze dei familiari delle vittime degli omicidi hanno toccato il cuore di molte persone.
L'anno scorso a Natale fui invitato da Nessuno tocchi Caino. Ascoltammo il Papa nel discorso di Natale. Diceva che in tutto il mondo dobbiamo eliminare la pena di morte che è crudele e inutile. Davvero la pena di morte è crudele e inutile. Ho passato molti giorni nei luoghi dove venivano giustiziate le persone. Ho tenuto troppe volte tra le mie braccia madri i cui figli venivano uccisi dallo Stato. Non è necessario uccidere le persone che commettono reati gravissime. Ci sono alternative, come la pena a vita senza possibilità di sconti,. La pena di morte è sbagliata. Viola i diritti umani e i diritti umani non hanno frontiere. La gente in Italia può alzarsi in piedi e dire agli altri paesi: Quello che fate è sbagliato.
E' un privilegio per me essere in Italia. E' il paese leader mondiale per portare avanti la moratoria delle pene capitali. Vi prego: affermate con tutte le forze che la pena di morte è sbagliata. Firmate l'appello. Diffondetelo.
Ognuno di voi può fare qualcosa e quel qualcosa è significativo. Sono persone come voi che hanno salvato la vostra vita.

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