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Libia-Europa, addio missione Sophia con soccorsi, solo a caccia di armi
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Foto: Unsplash.com
Addio Sophia, in armi contro le armi
La missione Sophia terminerà il 20 marzo per essere sostituita (forse) da una nuova operazione europea che avrà come ‘compito principale’ quello di controllare che l’embargo Onu sulle armi alla Libia venga rispettato. La nuova missione potrà disporre aerei, satelliti e navi che incroceranno ad est della Libia, dove ci sono i traffici principali.
E la caccia ai trafficanti di uomini?
«E’ inutile pattugliare la costa ovest intercettando le rotte dei migranti, perché lì lavoriamo già con la Guardia costiera libica» azzarda Di Maio, con doppio riferimento al discusso accordo ancora da ratificare con la Libia e alla discussa guardia costiera libica. E il nuovo ‘Niente migranti’ ora ha un bel nome umanitariamente neutro, «pull factor». «Se verrà rilevato che le navi attraggono flussi migratori, saranno ritirate dalla zona pertinente». I ministri trovano il quasi accordo al ribasso, e ora ai diplomatici il compito di trovare il non scontato accordo operativo e ‘regole di ingaggio’ per un ‘blocco navale’ anti armi più da scena che di sostanza. Decisione finale il 27 marzo.
Intesa difficile da credere
Dettagli. «Ora c’è una missione di blocco delle armi e che ha regole di ingaggio molto importanti. La prima è che le navi saranno messe in mare nell’Est della Libia dove c’è traffico di armi. Se per caso queste navi innescano un ‘pull factor’, (un fattore di attrazione), cioè inviano più migranti, la missione navale si ferma». Astrazione assoluta. I trafficanti di profughi che se decidono di aumentare gli imbarchi di disperati nella zone di pattuglia europea, le mettono in fuga lasciando via libera alle imbarcazione con armi in arrivo? Domande al momento senza risposta e ottimismo finto ad uso politico. «Tutti gli Stati sono disposti a dare mezzi aerei e navali per poter compiere la missione che è quella di bloccare l’ingresso delle armi». Vedremo.
Barzelletta embargo armi
Tutti a festeggiare, ma tutti per cose diverse. E torna vincente l’asse asburgico Vienna-Budapest. Schallenberg, ministro austriaco: «Operazione Sophia non esiste più e non ci sarà un’operazione umanitaria». Un modo un po’ più diretto e chiaro di chiamare il ‘pull factor’ citato da Di Maio. Per l’Austria, al posto di Sophia è necessario «un’operazione intelligente che possa fare ciò che deve fare, cioè controllare un embargo sulle armi». Ma embargo come? Stephanie Williams, vice dell’inviato speciale Onu Ghassan Salamè, «l’embargo sulle armi in Libia è una barzelletta». Perché è facile ed immediato da capire: vista la quantità di interessi e di Stati, quel che si deve concretamente fare è bloccare l’export di armi verso il Paese in guerra.
Caccia alle armi di casa?
Navi militari a dare la caccia ad armi che magari vengono dalle nostre fabbriche? E ciò vale per mezza Europa, per non parlare dell’alleato Nato Turchia che le armi le porta in Libia apertamente, sbeffeggiando Onu e ipocrisie diplomatiche assortite. Una domanda chiave la pone Tommaso Di Francesco sul Manifesto. «Quali forze aeree e con quale legittimità bloccheranno cargo volanti con armi atlantiche alle forze turche dislocate a Misurata, oppure armi russe alle forze egiziane che fanno arrivare armamenti – con i fondi delle monarchie del Golfo invise ai Fratelli musulmani – al governo in Cirenaica, sul fronte di Misurata ma dall’altra parte «nemica»? E ancora, quali «scarponi a terra» controlleranno i confini della Tunisia, dell’Egitto, dell’immensa area del Sahel, da Mali, Niger, Ciad (per una frontiera di più di 5mila chilometri? E per finire, come verrà punito il Paese che violerà l’embargo?».