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Libano: le associazioni chiedono l'invio di una missione civile
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"Non basteranno i militari. In Libano serve anche una forte componente civile. L'Italia deve costruirla anticipando una decisione che deve diventare europea. La missione dell'Onu non deve fallire e la componente civile è indispensabile" - afferma un comunicato dei coordinatori nazionali della Tavola della pace, Flavio Lotti e Grazia Bellini. "Data la natura complessa e l'alto rilievo della missione dell'Onu in Libano l'Italia, l'Europa e la comunità internazionale non possono fare a meno del contributo insostituibile di una componente civile impegnata a curare la "dimensione diritti umani" e a promuovere la "sicurezza umana". "Quello che serve - prosegue il comunicato - è innanzitutto personale civile in congruo numero e con appropriata competenza: monitori dei diritti umani, specialisti nel settore dello sviluppo e dell'assistenza umanitaria, personale esperto in comunicazione e dialogo interculturale. L'intera missione Unfil deve tener conto dei bisogni fondamentali delle popolazioni che sono afflitte da violenza e da insicurezza. Serve dunque personale civile impegnato in un continuo processo di comunicazione, consultazione e dialogo con le autorità di governo locale, i gruppi e le organizzazioni della società civile, sindacali, religiose, i media locali".
Una richiesta simile è stata avanzata a Strasburgo dall'eurodeputato della Sinistra unitaria europea Vittorio Agnoletto che nel corso del dibattito al Parlamento Europeo sulla situazione in Medio Oriente ha chiesto che "l'Unione Europea organizzi la presenza sul confine tra Libano e Israele anche di corpi civili di pace, con un mandato e una gestione separata dalla missione militare". Agnoletto ha inoltre denunciatio gli accordi militari bilaterali tra Italia e Israele e appoggiato la richiesta avanzata dalle organizzazioni umanitarie di una commissione di indagine sotto l'egida dell'ONU sugli eventuali crimini di guerra realizzati da Israele contro civili, tra i quali l'uso delle cluster bombs e il bombardamento delle infrastrutture.
Si riunisce domani alla Farnesina il Tavolo sul Libano convocato dalla viceministra Patrizia Sentinelli: "Qualcosa cambia nel modo di fare cooperazione, ma mi auguro che vada oltre il meccanismo meramente umanitario e tecnico/solidale per dare un chiaro segnale politico" - dice Flavio Lotti, coordinatore della Tavola della pace. L'Associazione delle Ong italiane esprime "apprezzamento", ma chiede che "il Tavolo non sia meramente consultivo".
Nei giorni scorsi la viceministra Sentinelli aveva ribadito che non ci saranno "più confusioni tra intervento militare e operazioni umanitarie e di cooperazione". "I 30 milioni di euro decisi dal governo per la ricostruzione del Libano rappresentano un segnale importante e sottolineano quanto quella del Libano voglia caratterizzarsi come missione di pace che segna una netta discontinuità nella nostra politica estera con uno stanziamento che verrà gestito esclusivamente dal ministero (degli Esteri) e non da strutture militari" - aveva sottolineato la viceministra.
Tonio Dall'Olio di "Libera" sottolinea in un intervista a Lettera 22 che il Tavolo "è stato sollecitato proprio dalla missione dei pacifisti italiani che in agosto era a Beirut e, per la prima volta e a differenza di quanto avvenne per la Bosnia, riunirà non solo chi si occupa attivamente di cooperazione, ma anche le associazioni e i movimenti". "Pensiamo a un tavolo allargato e a una conferenza che ascolti direttamente le reali esigenze della popolazione del Libano" - conclude Dell'Olio.
Più dubbioso Carmine Curci, direttore di Nigrizia che riprendendo l'appello di Alex Zanotelli - ripreso anche da numerose associazioni tra cui la Rete di Lilliput - chiede che l'Italia ponga innanzitutto fine all'accordo di cooperazione militare con Israele. Un accordo che - come segnalava l'ex ministro della Difesa, Sergio Mattarella, durante il dibattito parlamentare - favorirebbe "l'applicazione di un regime privilegiato nelle procedure relative all'interscambio di armamenti tra i due Paesi" col rischio di "un grave svuotamento delle disposizioni contenute nella legge 185 del 1990". Nigrizia online riporta un dettagliato articolo sulla vendita di armi italiane in Medio oriente: armi italiane sono state vendute non solo a Israele, ma anche a Libano e Siria.
Secondo un'inchiesta del mensile Microfinanza basata sui dati del commercio estero delle Nazioni Unite, l'Italia sarebbe dopo Russia e Cina, il terzo esportatore di armi verso il Medio oriente: 34,1 milioni di dollari di armi vendute nel periodo 2001-2004 di cui oltre 20 milioni di dollari alla Siria e 13,8 milioni al Libano. Le esportazioni italiane a Damasco hanno riguardato parti e accessori di mirini telescopici per carri armati, prodotte da Galileo Avionica, la società controllata da Selex Sensors and Airborne Systems (Finmeccanica 75%, Bae Systems 25%). Nel caso del Libano, invece, le vendite sono state di armi leggere e munizioni: 1,8 milioni in quattro anni vendute fuori dalle autorizzazioni previste dalla legge 185/90 perché classificate come "armi non militari". [GB]